S2E19. Nel cuore dell'emiciclo
Trasferta a Strasburgo per la sessione plenaria del Parlamento UE. Tre risoluzioni sui Balcani: lotta alla criminalità organizzata, tutela sociale e ambientale in Serbia e Stato di diritto in Slovenia
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter dai confini sfumati.
Dopo Lubiana e Napoli, oggi ci ritroviamo ancora una volta in trasferta in un luogo apparentemente non balcanico.
Più precisamente a Strasburgo, in Francia. Una delle quattro capitali dell’Unione Europea, sede ufficiale del Parlamento UE.
Questa settimana si è tenuta la sessione plenaria dell’Eurocamera e i Balcani Occidentali hanno rivestito un ruolo centrale nel dibattito tra gli eurodeputati.
Dalla criminalità organizzata ai diritti dei lavoratori delle compagnie cinesi in Serbia, dallo Stato di diritto in Slovenia all’ondata di manifestazioni a Belgrado contro i progetti di sfruttamento minerario nella valle del fiume Jadar.
Per qualche giorno anche in Alsazia si è respirata un po’ di aria balcanica.
Cos’è la plenaria
Partiamo dalle basi, giusto per fare un breve punto per chi tra noi è meno esperto di istituzioni europee.
Cos’è la plenaria del Parlamento Europeo?
La sessione plenaria, per definizione, è una riunione che si estende a tutti coloro che compongono un organo collegiale. In altre parole, una seduta a cui possono intervenire tutte le persone che ne hanno diritto.
In questo caso stiamo parlando della sessione plenaria dell’unica istituzione dell’Unione Europea democraticamente eletta dai cittadini dei 27 Paesi membri.
Il numero totale di eurodeputati ed eurodeputate è 750, più il presidente. Ma attualmente sono 705, dopo l’uscita del Regno Unito dall’UE.
In questa legislatura (iniziata nel 2019) si dividono in 7 gruppi politici. Dall’estrema sinistra all’estrema destra dell’emiciclo - con i rispettivi partiti italiani - sono:
La Sinistra
Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) → PD
I Verdi/Alleanza Libera Europea (Verdi/ALE) → Europa Verde
Renew Europe → Italia Viva
Partito Popolare Europeo (PPE) → Forza Italia
Identità e Democrazia (ID) → Lega
Conservatori e dei Riformisti Europei (ECR) → Fratelli d’Italia
non iscritti a nessun gruppo → Movimento 5 Stelle
Il Parlamento Europeo esercita la funzione legislativa (insieme ai governi dei Paesi membri, riuniti nel Consiglio dell’Unione Europea) e la sessione plenaria rappresenta proprio il punto culminante dell’iter legislativo.
In plenaria si svolgono discussioni e votazioni finali di quanto presentato dalle commissioni parlamentari e dai gruppi politici.
Il Parlamento può esprimersi su qualsiasi argomento ritenga importante. Ma soprattutto può interrogare i membri della Commissione Europea (l’esecutivo) e del Consiglio dell’UE (co-legislatore).
Le riunioni in sessione plenaria si svolgono tutti i mesi per una settimana a Strasburgo. Lavori delle commissioni e riunioni aggiuntive si tengono invece nella sede di Bruxelles.
Questa plenaria (da lunedì 13 a giovedì 16 dicembre) è stata l’ultima del 2021 e si è tenuta in modalità ibrida (in presenza e a distanza) a causa delle restrizioni per il COVID-19.
Per quanto riguarda i Balcani, tra martedì e giovedì si sono tenuti due dibattiti e tre votazioni.
Diamoci un’occhiata dalla tribuna stampa.
Strasburgo contro la criminalità organizzata
Partiamo dal tema più corposo.
A darci uno scorcio sul dibattito in Aula di martedì è l’intervento del vicepresidente del Parlamento UE (uno dei 14) ed eurodeputato del Movimento 5 Stelle, Fabio Massimo Castaldo:
«Supportare e guidare gli sforzi dei Paesi balcanici nel contrasto a problemi endemici che ne ostacolano l’inclusione nella grande famiglia europea non è solo un atto dovuto verso una regione nel cuore dell’Europa, ma rappresenta anche una priorità strategica per plasmare insieme il nostro futuro comune».
Secondo il vicepresidente dell’Eurocamera, «la criminalità organizzata non conosce barriere e confini» ed è per questo che «solo se saremo in grado di trovare soluzioni concrete ai problemi che affliggono i Balcani occidentali potremo garantire anche la nostra stessa sicurezza».
Gli strumenti risiedono nella «cooperazione transnazionale sia su base regionale sia con gli Stati membri dell’UE», spingendo sulla partecipazione alle attività di Europol, Interpol e Frontex, compreso il Kosovo. A questo proposito, «dovremo facilitare il dialogo tra Belgrado e Pristina», ha aggiunto Castaldo.
Alla fine - con 531 voti a favore, 48 contrari e 117 astenuti - la relazione a firma Lukas Mandl (PPE) sulla cooperazione in materia di contrasto alla criminalità organizzata nei Balcani Occidentali è stata approvata.
La base di partenza del testo è che i Paesi balcanici sono origine, destinazione e transito per il traffico di esseri umani, per il riciclaggio di denaro e per il traffico di armi da fuoco (l’abbiamo approfondito qui).
A pesare sono la mancanza di opportunità di lavoro, la corruzione, la disinformazione, le disuguaglianze e le interferenze straniere da regimi non democratici. Russia e Cina su tutti.
Dal momento in cui lotta al crimine e integrazione europea si rafforzano a vicenda, gli eurodeputati hanno chiesto più sforzi sia a Bruxelles nel processo di allargamento, sia ai governi della regione nelle riforme e nel contrasto alla corruzione.
È necessario che l’UE approvi la liberalizzazione dei visti per i cittadini del Kosovo “senza ulteriori ritardi”, considerato che “l’isolamento incoraggia le attività criminali”, si legge nella relazione.
Ma è anche imprescindibile sradicare i rapporti politici e amministrativi che legano figure politiche di alto livello e gruppi di criminalità organizzata (forse ricordi una delle tappe più recenti).
Tutto parte dai legami esistenti già prima della dissoluzione dell’ex-Jugoslavia. Di qui la condanna del Parlamento UE sulla mancanza di volontà di aprire gli archivi dell’UDBA (polizia segreta jugoslava) “per restituire i file ai governi che li chiedono”.
Ultimo punto, ma non per importanza, è la condivisone dei servizi di intelligence con i partner europei, con la NATO e con organizzazioni internazionali antidroga e anticorruzione.
Le violazioni in Serbia
È ancora il vicepresidente Castaldo a portarci nel dibattito di giovedì sulle violazioni dei diritti umani in Serbia:
«Circa 500 vietnamiti vivono in condizioni da incubo in un’azienda cinese che produce pneumatici. L’inverno è alle porte e non ci sono riscaldamento e vestiti pesanti. Tanti vorrebbero tornare a casa ma non possono, perché sono stati ritirati loro persino i passaporti».
La fabbrica in questione è la Linglong Tire e il cantiere si trova a Zrenjanin, nella Serbia settentrionale. È qui che si stanno verificando violazioni dei diritti umani, traffico di esseri umani e lavoro forzato.
A denunciarlo è la risoluzione del Parlamento UE, approvata con 586 voti a favore, 53 contrari e 44 astenuti.
«È la schiavitù moderna», ha affermato senza mezzi termini l’eurodeputato del Movimento 5 Stelle: «Non si tratta di una situazione drammatica dall’altra parte del mondo, ma in Serbia, nel cuore dell’Europa».
Considerato il fatto che sono state violate le norme del diritto del lavoro, l’Eurocamera ha invitato Belgrado ad adottare una nuova legge sul diritto di sciopero, a contrastare il lavoro sommerso e a modificare la legge sul controllo delle ispezioni.
Nel caso specifico della Linglong Tire ha sollecitato le autorità serbe a indagare attentamente e ad assicurare il rispetto dei diritti umani fondamentali nella fabbrica, “fornendo all’UE i risultati delle sue indagini”, si legge nel testo.
Ma a livello più generale, c’è qualcosa che preoccupa gli eurodeputati (ricordi il poker cinese in Serbia qui su BarBalcani?)
“La Serbia sta concedendo sempre più grossi contratti agli industriali cinesi e sempre più privilegi legali nel Paese alla Cina, anche quando questi sono contrari al diritto comunitario”.
Questo determina una crescente influenza di Pechino nei Balcani Occidentali in generale, come abbiamo visto anche in Montenegro.
«Sottoscrivendo il processo di adesione all’UE, la Serbia ha accolto specifici obblighi sociali e ambientali che devono essere rispettati e devono essere ricordati con fermezza», ha ricordato Castaldo.
E qui ci si riconnette al secondo tema scottante per Belgrado.
Tutto è legato alla miniera di litio della Rio Tinto (su cui ci siamo soffermati qualche mese fa) e all’ondata di proteste popolari che ha scosso il Paese nelle ultime settimane.
A causarla è stata “l’adozione frettolosa di due leggi”, di cui quella sull’espropriazione dei terreni può aprire a controversi progetti di investimento stranieri, con un pesante impatto sull’ambiente.
L’esercizio del diritto fondamentale dei cittadini serbi di riunione pacifica è stato contrastato da un ampio ricorso alla forza da parte della polizia e dagli attacchi da parte di gruppi estremisti e armati.
Nonostante il governo abbia deciso di ritirare e riesaminare la legge, gli eurodeputati denunciano gravi problemi di corruzione e di violazioni dello Stato di diritto nel settore ambientale.
Anche in questo caso si tratta di una “generale mancanza di trasparenza” nelle valutazioni di impatto ambientale e sociale dei progetti di infrastrutture, compresi quelli “finanziati da investimenti e prestiti cinesi o da società multinazionali, come Rio Tinto”, sono le testuali parole della relazione.
«È nostro compito fornire un’alternativa concreta con il Piano economico e di investimenti e con il Global Gateway», è stata l’esortazione di Castaldo. «Dobbiamo mostrare un’altra strada ai nostri partner, perché non si ripetano più situazioni come queste».
Ombre sulla Slovenia
Non se n’è discusso in questa sessione plenaria (ma in quella precedente). In ogni caso l’argomento ha sollevato grossi polveroni nei corridoi dell’Eurocamera.
Giovedì si è votato sui diritti fondamentali e lo Stato di diritto in Slovenia. La relazione è stata appoggiata da tutti i gruppi politici, tranne i popolari e le destre (approvata “di misura” con 356 voti a favore, 284 contro e 40 astenuti).
A destare le preoccupazioni maggiori per il Paese che fino alla fine di dicembre detiene la presidenza semestrale del Consiglio dell’UE sono diversi fattori (alcuni li abbiamo già analizzati a BarBalcani).
“È profondamente preoccupante per il livello del dibattito pubblico il clima di ostilità, sfiducia e profonda polarizzazione in Slovenia, che ha eroso la fiducia negli organismi pubblici”, si legge nella risoluzione.
Figure pubbliche, politici e membri del governo “devono dare l’esempio” e garantire “un dibattito pubblico rispettoso e civile, libero da intimidazioni, attacchi, insulti e molestie”.
Rimane tra le righe il riferimento al premier, Janez Janša, e alla polemica di ottobre, quando la delegazione della commissione per le Libertà civili (LIBE) si era vista rifiutare un incontro a Lubiana per monitorare il rispetto dello Stato di diritto.
È centrale nella risoluzione il ritardo nella nomina dei due procuratori delegati della Slovenia alla Procura Europea (EPPO), l’istituzione indipendente dell’UE che indaga e persegue i reati contro gli interessi finanziari dell’Unione.
A causa del ritardo sloveno, la Procura Europea si è pienamente costituita sei mesi dopo l’annuncio di operatività. È per questo che gli eurodeputati hanno invitato il governo a garantire l’effettivo funzionamento strutturale dell’EPPO in Slovenia.
Significativi i richiami alla “mancanza di un’efficace applicazione delle norme anticorruzione” e alla necessità che il governo rispetti pienamente la Costituzione, il diritto UE e internazionale, ma anche il principio della separazione dei poteri.
Sui diritti umani il Parlamento UE ha raccomandato alle autorità nazionali di intensificare gli sforzi per rispettare i diritti umani dei richiedenti asilo e dei migranti, delle persone rom e di quelle che vivono in povertà.
Infine, a completare il quadro preoccupante dello Stato di diritto in Slovenia, anche le minacce alla sopravvivenza, le interferenze e le pressioni sulle politiche editoriali dell’agenzia di stampa STA e della televisione pubblica RTV Slovenija.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
In questo periodo dell’anno Strasburgo è famosa per i suoi mercatini di Natale.
E a ogni mercatino di Natale che si rispetti non può mancare il glühwein, il mulled wine, il glögg o il vin brulé, che dir si voglia.
Ecco perché oggi al bancone di BarBalcani non possiamo non trovare una tazza di kuhano vino. Un’altra tipica bevanda invernale balcanica, dopo la rakija bollente della settimana scorsa.
È il vino cotto, come viene preparato dalla Croazia alla Serbia, dal Montenegro alla Slovenia.
La bevanda è a base di vino rosso o bianco, con combinazioni di noce moscata, chiodi di garofano, cannella, zucchero di canna, succo e scorza d'arancia.
Prepararlo è semplice.
Basta mettere tutti gli ingredienti in una pentola: 100 millilitri di succo d’arancia, 150 grammi di zucchero, un bastoncino di cannella, un cucchiaino di noce moscata, 5 chiodi di garofano.
Poi bisogna versare il vino fino a coprire tutto il composto e cuocere a fuoco medio per 5 minuti.
Ora va versato il resto del vino, cuocendo a fuoco lento per altri 5 minuti.
Il kuhano vino è pronto per essere servito con una fettina d’arancia!
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la ventesima tappa!
Un abbraccio e buon cammino!
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