XLIX. L'all-in cinese in Montenegro
Se non ripagherà il debito di 809 milioni di euro per la costruzione di un'autostrada, Podgorica dovrà cedere a Pechino un porto sull'Adriatico. Tra preoccupazioni europee e dissesti ambientali
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani occidentali nel 30° anniversario dalle guerre nell’ex-Jugoslavia.
Sono passate solo due settimane dall’ultima volta che siamo passati per il Montenegro [47ª tappa, “Il Paese dei fumetti”]. Il cammino però ci costringe a ritornarci già oggi.
Ce lo impone un fatto noto ormai da qualche mese, ma che sta diventando sempre più inquietante, ogni settimana che passa.
Si tratta del debito che Podgorica ha con Pechino, delle future conseguenze se non riuscirà a ripagarlo e dei presenti disastri ambientali che tutto ciò sta producendo.
In un clima che turba la tranquillità dell’Unione Europea.
Perché la Cina - dopo la partita aperta in Serbia [2ª tappa, “Il poker cinese in Serbia”] - ha fatto un all-in in Montenegro.
E se vincerà, avvertiremo tutti le conseguenze.
Uno Stato sotto sfratto
Per inquadrare il tema, basta un dato.
Ogni montenegrino ha un debito di circa 1.300 euro con la Cina.
La stima viene confermata anche da un rapporto del Centro per il giornalismo investigativo del Montenegro sugli investimenti di Pechino.
In un Paese di poco più di 620 mila abitanti, negli ultimi anni il debito pubblico è cresciuto a dismisura: 4,33 miliardi di euro, il 103% del PIL.
Di questi, un quinto è nelle mani di un solo creditore: l’Export-Import Bank of China, ente di credito statale con vocazione internazionale.
Si tratta di 809 milioni di euro, concessi dalla banca cinese nel 2014 per la costruzione dell’autostrada A1 Bar-Boljare: 160 chilometri dal Mar Adriatico al confine con la Serbia, passando per la capitale montenegrina.
Il primo tratto in costruzione è tra Podgorica e Kolašin, mentre l’ultima rata da 130 milioni dovrebbe completare tutta la lunghezza dell’autostrada.
Negli anni sono stati effettuati diversi studi indipendenti, che hanno mostrato l’impraticabilità del progetto. Costi altissimi, ma non giustificati dal traffico previsto.
Il primo tratto (di 41 chilometri) a nord di Podgorica è uno dei più costosi al mondo: circa 20 milioni di euro al chilometro, più di dieci volte il costo medio europeo.
Le spese dipendono dalle infrastrutture rese necessarie dalla conformazione del territorio. In particolare, ponti per superare le vallate e tunnel che taglino le montagne.
Sette anni dopo dall’accordo con la banca di Pechino, la grande opera non è ancora stata completata.
La prima rata scade a luglio, quando Podgorica dovrà sborsare circa 36 milioni di euro (il tasso di interesse è del 2% l’anno).
Come ricordato in un ottimo articolo de Il Post, le casse statali sono vuote e questo finanziamento potrebbe diventare la più grande dimostrazione nella regione della trappola del debito cinese.
Da tempo la Cina sta cercando di ampliare la propria sfera d’influenza nella regione, in particolare tra i Paesi che ancora non fanno parte dell’Unione Europea.
Lo strumento-principe della nuova fase di espansione economica è la Belt and Road Initiative (in Italia nota, impropriamente, come “Nuova via della seta”).
Un progetto che prevede massicci investimenti in infrastrutture, per collegare come una cintura asfaltata la Cina con l’Europa, attraversando l’Asia centrale e i Balcani.
Per quanto riguarda il Montenegro, la Cina è sia il maggiore creditore, sia uno dei più importanti investitori, appena dietro alla Russia.
Se dal 2006 al 2019 Pechino aveva investito poco più di 10 milioni di euro, nel solo 2020 gli investimenti sono cresciuti a 71 milioni.
Per la stragrande maggioranza di questi progetti infrastrutturali, gli appalti più importanti sono stati riservati ad aziende cinesi e la forza lavoro proviene dalla Cina.
Tuttavia, i debiti sono tutti a carico di Podgorica e il contratto stipulato nel 2014 potrebbe avere un impatto molto importante sul Paese e su tutta l’Europa.
Come rilevato dal think tank European Council on Foreign Relations, se lo Stato non riuscisse a restituire il credito alla banca cinese, Pechino potrebbe avere il diritto di acquisire il controllo su alcune parti del territorio montenegrino.
L’indiziato principale sarebbe il porto di Bar. In poco tempo, la Cina riuscirebbe ad avere uno sbocco nel Mediterraneo, completamente suo.
L’accordo che ha firmato il governo del Montenegro viene definito in gergo “trappola del debito”. Una sorta di strozzinaggio, ma a livello statale e internazionale.
Praticamente, per ottenere enormi prestiti, Paesi con economie fragili si affidano a Pechino, quasi sempre allertati del pericolo dalle istituzioni finanziarie internazionali.
Come è prevedibile, questi Paesi non sono in grado di ripagare questi enormi debiti e alla fine - come clausola di riparazione - sono costretti a cedere parte della loro sovranità.
Uno scenario già noto, che ha visto lo Sri Lanka come protagonista. Nel 2015 il Paese del Sud-est asiatico cadde nella trappola del debito e dovette cedere la gestione del porto di Hambantota (strategico sull’Oceano Indiano) per i prossimi 99 anni.
Proprio i porti sono le prede preferite di Pechino, dall’Asia all’Africa, fino all’Europa.
Nel Vecchio Continente, l’avamposto è nel porto del Pireo (con una concessione del 100%). Ma da Vado Ligure a Marsiglia, fino a Valencia, Rotterdam e Dunkerque, si stanno già facendo i conti con la presenza cinese nelle proprietà dei porti europei.
Il problema immediato è del Montenegro.
Quello in prospettiva, di tutta l’Unione Europa.
Il cruccio europeo
Il presidente del Montenegro, Milo Đukanović, ha fatto sapere mercoledì (26 maggio) che la Cina sta considerando la possibilità di estendere il “periodo di grazia” oltre il sesto anno (che scade a luglio).
«Il prestito sarà rimborsato in 28 rendite spalmate su 14 anni», ha commentato. «È stato creato un dramma inutile» sull’argomento.
Tuttavia, a Bruxelles non la pensano proprio nello stesso modo.
È stato scritto molto sulla questione dell’aiuto che l’Unione Europea dovrebbe dare al Montenegro. Ma è meglio fare chiarezza su un paio di punti [per maggiori dettagli ti rimando a un approfondimento su Eunews].
In linea strettamente teorica, no, l’UE non ha il diritto né il dovere di sobbarcarsi il debito di 809 milioni di euro del Montenegro.
Sarebbe come dire che ogni cittadino europeo avrebbe un debito di 1,5 euro con Pechino. Fattibile, ma si tratterebbe di pura beneficenza.
Detto questo, non bisogna pensare che le istituzioni europee non nutrano preoccupazioni o non abbiano interessi perché parti del Montenegro non siano cedute alla Cina.
L’aiuto arriverà, ma sotto forma di investimenti che metteranno in moto l’economia del Paese. Si tratta di 29 miliardi complessivi per la regione, stanziati dal Piano della Commissione Europea del 6 ottobre del 2020.
In più, come confermato dal commissario europeo per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, «entro fine maggio arriverà la seconda tranche dello schema di aiuti macro-finanziari da 60 milioni di euro» solo per il Montenegro.
Insomma, il supporto economico, finanziario e commerciale da parte di Bruxelles c’è, così come la volontà di non lasciare solo il nuovo governo di Zdravko Krivokapić ad affrontare oneri gravosi.
Quello che viene chiesto a Podgorica è programmazione e un circolo virtuoso di riforme, per sbloccare l’economia e concludere il cammino di adesione all’UE.
In diverse occasioni abbiamo ricordato che per l’Unione Europea i Balcani occidentali rappresentano la prima area di influenza geo-strategica [se ti serve un ripasso, ti lascio la 13ª tappa, “E tu, ci hai mai messo piede?”].
Lo ha dimostrato la risposta sulla fornitura di vaccini anti-COVID [qui un focus per Eunews]. In Montenegro arriveranno circa 126 mila dosi su oltre 1,5 milioni in tutta la regione, tra meccanismo COVAX e dosi comunitarie.
Il rischio che la Cina possa ottenere il controllo di un porto strategico sull’Adriatico per cent’anni mette le istituzioni UE in una posizione ancora più complessa.
L’immobilismo o un rifiuto netto di sostegno non sono contemplati. Ma serve maggiore dinamismo da parte di tutti i giocatori europei seduti al tavolo di questo poker internazionale.
In caso contrario, si vedranno presto effetti negativi a diversi livelli. Come già la realtà sta dimostrando.
Disastro ambientale
Oltre alla questione della svendita di porzioni del territorio nazionale, uno dei maggiori effetti negativi di tutta questa vicenda riguarda l’ambiente.
Cosa non da poco, dal momento in cui si tratta di un dissesto idrogeologico in un sito protetto dall’UNESCO: il fiume Tara.
Secondo l’Agenzia per la protezione ambientale del Montenegro, per i lavori dell’autostrada A1 la China Road and Bridge Corporation avrebbe distrutto circa 7 chilometri del letto del fiume, inclusa la sua biodiversità.
Un problema causato dalla costruzione dei ponti e dall’estrazione incontrollata di ghiaia e sabbia. Con l’erosione dall’alveo, ogni giorno c’è il rischio di cedimento delle sponde del fiume e conseguenti frane.
Non solo. I cumuli di materiale di risulta disseminati lungo le rive, cadendo nel fiume, hanno creato strati di limo che impediscono la deposizione delle uova dei pesci.
Nel 2019 gli esperti di alcune ONG e dell’UNESCO avevano messo in guardia dai rischi del progetto e la Commissione Europea aveva chiesto alle autorità di «mostrare più rigore nella prevenzione dei possibili effetti dei lavori sull’ambiente».
Il 3 marzo di quest’anno la Procura del Montenegro ha avviato la prima indagine sui danni ambientali lungo il fiume Tara.
L’accusa verso la società cinese è quella di aver iniziato i lavori senza prima aver ottenuto tutti i permessi ambientali. Per i pubblici ministeri di Kolašin, i danni sono «di grave entità e su un’ampia area».
A fronte di questo scandalo e dell’apertura delle indagini, la China Road and Bridge Corporation ha chiesto all’Agenzia per la protezione ambientale il permesso di pianificare i lavori per riparare i danni entro 4 mesi.
Ma solo per 500 metri di riva, in prossimità del paese di Kolašin. La richiesta riporta:
«I lavori di riparazione sono necessari a seguito dei danni occorsi durante l’esecuzione dei lavori sull’ansa di Matesevo. La stabilizzazione della sponda sinistra del Tara, sotto il vecchio ponte Matesevo, per una lunghezza di 500 metri, dovrebbe essere completata entro ottobre».
Secondo le valutazioni degli ingegneri cinesi, la qualità del terreno non è stata alterata e l’alveo del fiume arriverà da solo a un naturale livellamento.
Ammesso e non concesso che il problema sia veramente così lieve in quel tratto di 500 metri, preoccupa comunque il fatto che i restanti 6,5 chilometri non siano nemmeno contemplati.
Tutta l’area del fiume Tara è un sito naturalistico protetto e il canyon è Patrimonio dell’Umanità dal 1977.
Per capire il suo valore, basta considerare il modo in cui viene chiamato: “la lacrima d’Europa”, finora uno dei fiumi più incontaminati del continente.
Negli ultimi anni, gli ambientalisti locali avevano concentrato le loro battaglie contro la costruzione selvaggia delle mini-centrali idroelettriche [ne avevamo parlato nell’11ª tappa, “Una, dieci, mille Greta Thunberg”].
Ma oggi si trovano a dover affrontare una pressione smisurata, contro giganti non solo economici ma anche geopolitici.
Nella partita a poker sui Balcani, la Cina ha fatto un all-in Montenegro. Ora è arrivato il momento di scoprire le carte.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
L’occasione è quella perfetta per ritornare ad assaggiare una della tante varietà di rakija, il più popolare e tradizionale alcolico di tutti i Balcani.
Abbiamo già provato lo slivovitz alla prugna, la medovača al miele e la viljamovka alla pera.
Oggi è il turno della dunjevača, distillato ricavato dalla fermentazione della mela cotogna.
Frutto aromatico che richiama l’Oriente, dona al distillato tinte gialle dorate, un aspetto cristallino e un profumo delicato.
Dopo il processo di fermentazione e distillazione, il liquido riposa per mesi in botti di rovere, dove l’aroma diventa più bilanciato.
Pronto per essere servito al bancone di BarBalcani.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la cinquantesima e ultima tappa di questo primo anno insieme!
Un abbraccio e buon cammino!
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Io come sempre ti ringrazio per essere arrivato fino a questo punto del nostro viaggio. Se vuoi saperne di più sulla presenza cinese nei Balcani, ti consiglio di leggere questa tappa (qui puoi trovarle tutte):
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