II. Il poker cinese in Serbia
Strade, ferrovie, pattugliamenti congiunti delle polizie e aiuti per affrontare il coronavirus. Non solo investimenti, ma un nuovo attore globale è arrivato nei Balcani
Ciao,
un passo dopo l’altro, siamo arrivati alla seconda tappa del cammino di BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani alla vigilia dei 30 anni dall’inizio delle guerre nell’ex-Jugoslavia.
Prima di iniziare. Sai come si dice strada in serbo? Улица. E in cinese? 街.
Bene, se ora ti stai chiedendo il senso di queste domande messe una dietro l’altra, allora non ti muovere: ti prometto che leggendo ti si aprirà un mondo. Se invece ti stai solo chiedendo come si pronunciano le due parole, tranquillo. Prima della fine di questa tappa te ne sarai già dimenticato.
Ora allaccia le cinture - anche quelle posteriori - perché stiamo per iniziare un percorso molto scosceso.
Tutte le strade portano a Pechino
Cosa ci fanno il presidente serbo Aleksandar Vučić e l’ambasciatore cinese a Belgrado Chen Bo in una cittadina da 14 mila abitanti a un’ottantina di chilometri dalla capitale, belli sorridenti e accerchiati dai fotografi? La cosa più vecchia del mondo: siglano un’alleanza basata sul bitume. Inaugurano una strada - meglio, un’autostrada - un’infrastruttura che useranno centinaia di migliaia di cittadini serbi da quel momento in avanti.
Era il 18 agosto 2019 e a Ljig era appena nata la prima autostrada europea costruita dai cinesi. Parliamo del tratto Preljina-Pozega dell’autostrada E-763, realizzata dalla compagnia di costruzioni Shandong Hi-Speed. Un investimento da 450 milioni di euro - finanziato dall’Export-Import Bank of China - per 30 chilometri asfaltati, con 12 chilometri di gallerie e più di 30 ponti. Il resto della tratta verso il Montenegro lo costruiranno i serbi.
Doveva però essere solo l’inizio. Il 18 giugno 2020 la Shandong Hi-Speed ha iniziato i lavori per una nuova superstrada che passa da Valjevo. Serbia e Cina hanno poi pianificato la costruzione della rete ad alta velocità delle Ferrovie nazionali serbe, un valico al confine con la Croazia e altre infrastrutture essenziali.
Ultimo, ma non per importanza, un accordo tra la Serbia e il colosso delle telecomunicazioni Huawei per lo sviluppo di una piattaforma di intelligenza artificiale, con un prestito di 11,7 milioni di dollari anticipato dall’Agenzia cinese per lo sviluppo della cooperazione internazionale.
È solo una strada. Sicuro?
«La Serbia e la Cina hanno una stretta relazione di amicizia. Sono grato per la Belt and Road Initiative proposta dal presidente Xi», ha dichiarato il presidente Vučić in occasione dell’inaugurazione della E-763.
La Belt and Road Initiative. Dal 2013 la Cina considera strategico lo sviluppo delle infrastrutture in questa penisola. Perché? Per sviluppare relazioni commerciali, flussi di investimento - come abbiamo appena visto - e sbocchi per le sue merci. In altre parole, per affermare la sua presenza anche nei Balcani. Primo mattoncino.
Secondo mattoncino. Visto che sempre più lavoratori (per la costruzione delle infrastrutture) e turisti cinesi (stimolati dal governo) stanno arrivando in Serbia, è stata trovata una soluzione originale. Inviare pattuglie di polizia cinesi per aiutare il lavoro dei colleghi serbi. Pattugliamenti congiunti, ma anche addestramento antiterrorismo. Sotto l’etichetta di cooperazione internazionale rientra anche la forza coercitiva di Pechino.
Ma in tutto questo, la Serbia cosa ci guadagna (a parte strade e ferrovie)?
Scegliere l’amico più potente
La scelta. Ecco cosa cosa ci guadagna la Serbia. La possibilità di scegliere l’alleato che offre i vantaggi maggiori. Tra Unione europea, Russia e Cina, il miglior offerente per la Serbia è quello che sembra prendersi più a cuore gli interessi nazionali.
Il caso degli aiuti per affrontare il Covid-19 è tutto un programma.
Il 21 marzo 2020 è atterrato a Belgrado l’Airbus A330. Trasportava materiale sanitario, dispositivi di sicurezza e un’équipe di medici cinesi specializzati nella lotta al Covid-19. Per le strade della capitale sono anche apparsi cartelloni dedicati al presidente Xi Jinping. Un aiuto importante, ma sicuramente non l’unico.
Negli stessi giorni infatti l’Unione europea stanziava circa 93 milioni di euro a supporto della sanità serba. Non una parola di ringraziamento. Un caso? Per niente.
Dal 2011 la Serbia è candidata a entrare nell’Ue e vorrebbe trainare i Paesi balcanici finora esclusi (Albania, Macedonia, Montenegro). Il temporeggiare di Bruxelles - che considera la regione ancora troppo poco stabile ed esprime perplessità sul rapporto Serbia-Kosovo - ha infastidito Belgrado.
La rottura non c’è stata, perché la Serbia ci vede ancora margini di sviluppo. Ma poter fare leva sull’alleato cinese è un vantaggio non da poco.
Per capirci. Hai presente quell’amico che con l’aria un po’ stizzita ti chiede un favore, cercando di far leva sul tuo senso di colpa e sul suo orgoglio? «Se mi vuoi aiutare, bene. Altrimenti me la caverò da solo in qualche modo».
Diciamo che Vučić sta giocando questa partita geopolitica. La Cina è il suo «in qualche modo».
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Slacciamo le cinture, la seconda tappa è terminata. Siamo nei Balcani, quindi sul nostro bancone c’è per forza un bicchierino di rakija. Mai chiamarla grappa, per nessun motivo al mondo. Al massimo acquavite, ma comunque i serbi non ti capirebbero.
Di rakija ce ne sono mille tipi diversi, quindi sarà ora di iniziare a scoprirli.
Partiamo dalla šljivovica o slivovitz, un distillato ricavato dalla fermentazione delle prugne. È la più comune in Serbia e un po’ in tutti i Balcani: il 70 per cento della produzione delle prugne (circa 424.300 tonnellate all'anno) viene impiegata per la sua produzione.
Se assaggiandolo ti senti un po’ a casa, ci possono essere almeno tre spiegazioni.
O vieni dal nord-est Italia, dove si produce tra il Veneto e Trieste.
O sei un appassionato di Caparezza e hai riconosciuto la citazione in L’ottavo, capitolo.
Oppure hai familiarità con gli ebrei aschenaziti, visto che è il loro digestivo tradizionale.
«Fa un po’ caldo, ho la gola secca…»
«Rakija?»
«Da, perché no!»
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la terza tappa! Un abbraccio e buon cammino!
Io ti ringrazio per essere arrivato alla seconda tappa del nostro viaggio! Nel caso ti fossi perso la prima, dove parlavamo di Kosovo, aquile e Mondiali di calcio, sei ancora in tempo per fare un passo indietro.
Se ti sei trovato su questa newsletter per caso e non sai bene che cammino hai intrapreso, te lo spiego in breve qui. Vedrai che non te ne pentirai!
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