XXXII. Petrolio digitale
Il litio è il minerale-chiave nel futuro della tecnologia, in primis per le batterie delle auto elettriche. La Serbia ha uno dei più grandi giacimenti al mondo. Ma quanto è alto il rischio ambientale?
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani occidentali nel 30° anniversario dalle guerre nell’ex-Jugoslavia.
Quante volte hai sentito l’espressione “l’oro [colore x]”?
Il petrolio è l’oro nero. L’acqua, l’oro blu. La cocaina, l’oro bianco.
Non ne aggiungeremo un altro alla lista. È bene però che tu sappia che, all’alba dell’era digitale, un materiale potrebbe diventare il corrispettivo del nostro petrolio:
il litio.
E si dà il caso che uno dei più grossi giacimenti al mondo si trovi proprio sui Balcani. Basta andare in Serbia e cercarlo in un minerale che puoi trovare solo qui:
la jadarite.
Credi che non ti riguardi?
Pensaci. Quante volte hai sentito che “per l’oro [colore x] si scatenano le guerre”?
Ora pensa a quanto è vicina la Serbia.
Ecco.
Il più grande giacimento d’Europa
Partiamo dalle basi.
Ci troviamo nella Serbia occidentale, nel distretto di Mačva, sul confine con la Bosnia ed Erzegovina. Le città più vicine sono Loznica e Valjevo.
Nel 2004 alcuni geologi scoprirono in quest’area un nuovo minerale, lungo il corso del fiume Jadar.
Quello scoperto era un borosilicato di litio e sodio. Neanche a dirlo, fu chiamato jadarite.
La formula chimica della jadarite è LiNaSiB3O7(OH). Curiosità: la formula è molto simile a quella immaginaria della kryptonite di Superman. La differenza (a parte il fatto che la jadarite esiste davvero), è che non contiene fluoro e che è di colore biancastro invece di verde.
Il giacimento di jadarite vicino a Loznica è unico (finora) sulla Terra. Allo stesso tempo è anche il più grande deposito di litio d’Europa e uno dei più grandi al mondo.
Secondo alcuni studi dettagliati dell’inizio del 2020, qui si troverebbero 136 milioni di tonnellate di jadarite, con un’alta concentrazione di litio e boro.
I borati sono utilizzati in molti prodotti di uso quotidiano: detergenti e cosmetici, vetro per smartphone, pannelli solari e fertilizzanti.
Ma soprattutto, se si iniziasse il processo di estrazione, le miniere dello Jadar potrebbero coprire il 10% della domanda mondiale di litio.
Litio, l’oro del decennio digitale
Quindi. In tutto il mondo, un chilo di litio su dieci potrebbe essere estratto in Serbia.
Il litio è un metallo la cui domanda è in continua crescita. E lo sarà ancora a lungo. In un rapporto del 2020, la Banca Mondiale ha previsto che la produzione di litio potrebbe aumentare di quasi il 500% entro il 2050.
Questo perché è la materia prima per la produzione di nuove tecnologie pulite sotto il profilo ambientale, l’elemento essenziale per realizzare le batterie dei veicoli elettrici e ibridi.
Le “auto che non inquinano” non esisterebbero senza le batterie al litio (ma nemmeno gli smartphone che abbiamo in mano adesso).
Nel decennio digitale il litio giocherà un ruolo essenziale per la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
Il deposito di Jadar è di alta qualità e di lunga durata, con un potenziale rifornimento di materia prima per diversi decenni.
Di qui si capisce perché la Serbia potrebbe diventare la nuova chiave di volta geopolitica.
Il Paese si trova alle porte dell’UE, uno dei mercati dei veicoli elettrici in più rapida crescita al mondo. Ma allo stesso tempo in Serbia ci sono anche interessi russi e soprattutto cinesi [come ci siamo raccontati nella 2ª tappa, Il poker cinese in Serbia].
Ma oggi, da dove arriva il litio?
Le riserve globali sono stimate intorno ai 18 milioni di tonnellate.
Con 8 milioni, il Cile ha il più grande deposito di litio a oggi conosciuto. Poi vengono Messico (4,5), Australia (2,7), Argentina (2) e Cina (1).
In Europa ce ne sono piccole quantità in Portogallo e in Spagna.
Secondo i dati dell’United States Geological Survey (agenzia scientifica governativa) nel 2018 il principale fornitore di litio è stato l’Australia, con 51 mila tonnellate. Sul podio anche Cile (16 mila) e Cina (8 mila).
L’Australia ha guadagnato la leadership ai danni del Cile solo negli ultimi anni. Qui il litio è estratto nelle miniere, vere e proprie voragini nel terreno.
Lo stesso sta succedendo in Messico, nella regione di Sonora, dove una miniera dovrebbe entrare in funzione nel 2023. Si stima uno sfruttamento di due decenni, per una produzione annua tra le 17 e le 35 mila tonnellate di carbonato di litio.
In Cile e in Argentina, invece, il litio si trova nei deserti salati. Quelle che comunemente vengono chiamate saline.
Il minerale è presente nell’acqua dei laghi salati sotterranei, che viene portata in superficie e fatta evaporare in grandi vasche. La soluzione salina viene processata fino a quando il litio non è pronto per essere utilizzato.
Sono però numerose le inchieste sui danni ambientali dell’estrazione del litio nelle saline (soprattutto cilene).
Secondo alcuni studi, per ogni tonnellata di minerale estratto sono necessari due milioni di litri di acqua. Lo squilibrio idrico sta provocando il prosciugamento di fiumi e falde acquifere e inglobando nel deserto laghi e zone umide circostanti.
Ma i soldi sono soldi e la “transizione ecologica” sembra inarrestabile. In Cile, ma non solo.
Interessi globali
Torniamo in Serbia.
Nell’area del fiume Jadar c’è già chi ci ha puntato gli occhi e non solo. È il gigante anglo-australiano delle estrazioni minerarie, Rio Tinto Group.
Sin dal 2004: i geologi che scoprirono il nuovo minerale e il giacimento lavoravano per Rio Tinto.
Nel successivi anni la multinazionale ha aumentato gli sforzi per velocizzare il processo di inizio dell’attività di estrazione.
Quattro anni fa, il governo serbo firmò con Rio Tinto un memorandum per modificare il progetto di una strada che collegherebbe Loznica a Valjevo. In questo modo l’azienda avrebbe tutte le infrastrutture necessarie già pronte.
A metà 2020, dopo 16 anni, la proprietà anglo-australiana aveva già investito più di 200 milioni di dollari nel progetto. Entro la fine di quest’anno, quando lo studio di fattibilità sarà ultimato, l’importo dovrebbe raddoppiare.
Se approvato, il progetto consisterà in una miniera sotterranea, processi industriali, strutture per i rifiuti e infrastrutture associate. La costruzione prenderà il via all’inizio del 2022 e richiederà fino a quattro anni.
Dopodiché, si dovrebbero produrre 55 mila tonnellate di carbonato di litio all’anno, oltre a 160 mila tonnellate di acido borico e 255 mila tonnellate di solfato di sodio, come sottoprodotti.
I portavoce di Rio Tinto hanno rassicurato così su possibili danni ambientali:
«In Jadar abbiamo già condotto 12 studi ambientali e più di 23 mila analisi su suolo, acqua, aria e rumore. Questi aiuteranno a sviluppare la Valutazione Ambientale Strategica (SEA), permettendoci di costruire un quadro completo dell’ambiente prima che inizi l’estrazione, prevedere gli impatti delle nostre operazioni future e definire misure per minimizzarli».
Non solo:
«La miniera e l’impianto di lavorazione di Jadar genereranno due tipi di rifiuti: materiale roccioso dalla miniera sotterranea e rifiuti industriali prodotti durante la lavorazione. I rifiuti saranno mescolati in una massa solida chiamata torta filtrante, simile nella struttura al materiale roccioso originale. Prevediamo di utilizzare circa il 20% della torta filtrata come riempimento per la miniera sotterranea. Il rimanente sarà trasportato in un’area di stoccaggio dei rifiuti che non saranno tossici per le persone o per l’ambiente».
Tutto chiaro, no? Nessun pericolo, nuovi posti di lavoro, sviluppo economico per la zona e affari per Rio Tinto.
Una strategia win-win.
O forse no.
Le ragioni per nutrire dubbi sono molte e infatti le resistenze dei cittadini e dei comitati civici stanno diventando sempre più pressanti.
Prima di tutto c’è un grosso punto di domanda sull’estrazione. Non è ancora chiaro come verranno estratti litio e boro dalla jadarite e quale sarà la composizione chimica della “torta filtrante” che andrà a riempire la miniera.
Secondo. Non si sa dove sarà situata la discarica e l’area di stoccaggio dei rifiuti. Un cocktail di sostanze chimiche utilizzate per l’estrazione del litio potrebbe infiltrarsi in fiumi, torrenti e siti di approvvigionamento di acqua potabile.
Punto terzo. I climatologi prevedono che la Serbia occidentale sarà esposta a cambiamenti climatici, carenza di acqua potabile, siccità e inondazioni. Nel frattempo, Rio Tinto prevede un consumo di 8 mila metri cubi di acqua al giorno: vale a dire più di tutta l’acqua presente nelle vasche dell’acquario di Genova. Ogni giorno.
C’è poi l’aspetto economico. Per la Serbia il vantaggio potrebbe essere di recuperare il 5% dei guadagni. Ma il litio non è ancora incluso nelle leggi statali sull’estrazione mineraria.
E infine c’è l’impatto sulla società. La Serbia occidentale è una regione relativamente povera. La sua economia dipende dalla produzione agricola, dall’apicoltura e dal turismo. L’attivista Žaklina Živković riassume così l’opposizione della società civile:
«Un progetto di questa portata distruggerebbe ogni prospettiva di sviluppo sostenibile. Anche con tecnologie avanzate, l’estrazione del litio ha un enorme impatto sulle acque sotterranee e superficiali, sul suolo e sulla qualità dell'aria. Non vedo come un’analisi costi/benefici possa dimostrare che questo progetto porti vantaggi ai cittadini».
Quale sarebbe il valore del petrolio digitale se scoprissero un nuovo giacimento sotto casa tua?
Pensaci.
Le guerre per l’oro [colore x] non fanno prigionieri.
In Serbia, è appena cominciata.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Per ricordare il grande valore naturalistico e ambientale di questo territorio, ci sediamo al bancone di BarBalcani.
E scopriamo che la Serbia occidentale è un distretto vitivinicolo secolare.
Lo riportano diverse testimonianze storiche, tra cui quella del console francese ad Aleppo (Siria), Louis Gedoyn.
In uno dei suoi viaggi tra Parigi e Aleppo, il console attraversò i Balcani occidentali. Nel suo diario, il 23 gennaio 1624, appuntò questo:
“In quel viaggio [da Belgrado ad Aleppo] non ho trovato nulla di degno di nota se non la città di Valjevo. Una città molto popolata, vasta, piacevole e con un gran numero di giardini. Qui sono stato servito con ottimi vini, i più buoni che io abbia mai assaggiato altrove”.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la trentatreesima tappa!
Un abbraccio e buon cammino!
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Io come sempre ti ringrazio per essere arrivato fino a questo punto del nostro viaggio. Ti lascio alcune vecchie puntate che ti potrebbero interessare (qui le trovi tutte):
II. Il poker cinese in Serbia (interessi e investimenti orientali nel Paese);
XI. Una, dieci, mille Greta Thunberg (difesa dell’ecosistema idrico dei Balcani).
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