L. Gli ultimi flussi criminali
Nella tappa conclusiva della prima stagione, una carrellata di traffici internazionali che fanno perno nella regione: sigarette di contrabbando, cannabis, tratta di esseri umani, riciclaggio di denaro
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani occidentali nel 30° anniversario dalle guerre nell’ex-Jugoslavia.
Questa è l’ultima tappa della stagione 2020/2021.
Mi perdonerai se non ci lasciamo con qualcosa di leggero, ma dietro a questo argomento ci sono le origini di BarBalcani.
Quale migliore occasione di presentarlo, se non al tramonto del nostro primo anno passato insieme?
Si parla di traffici criminali, da quelli più noti a quelli più inaspettati.
Dopo un anno intero, dovresti aver imparato che i Balcani hanno sempre qualche caratteristica sui generis.
E allora proviamo a capirne di più, con un po’ di brevi carrellate sui diversi flussi nazionali, regionali e internazionali del mondo della criminalità organizzata.
[Per ogni paragrafo troverai il link al rispettivo approfondimento del Global Initiative Against Transnational Organized Crime]
Sigarette la mattina
Qual è il rischio a non essere riconosciuti come uno Stato indipendente? Che la cooperazione internazionale è rallentata, se non inesistente.
E cosa succede se non si riesce a stringere accordi di intelligence almeno su scala regionale? Che le frontiere diventano un colabrodo.
Et voilà, così si spiega il traffico internazionale di sigarette di contrabbando, che ha nel Kosovo il suo punto focale.
Il mancato riconoscimento del Kosovo come Stato indipendente [ne abbiamo parlato nella 40ª tappa, “Un calcio alla diplomazia”] impedisce al Paese di aderire ai trattati internazionali, come per esempio quello Interpol.
In aggiunta, il Kosovo settentrionale è conteso con la Serbia e la formazione di strutture parastatali parallele favorisce zone grigie nell’economia locale.
Tutto ciò ha trasformato il Kosovo - e in particolare il nord del Paese - in un paradiso del contrabbando e della contraffazione.
Le sigarette straniere entrano nei confini statali e come per magia spariscono. Quando devono uscire, le autorità locali non possono inseguirle né denunciarle, a causa della mancanza di rapporti con i colleghi degli altri Stati.
Le basse accise sulla produzione delle sigarette kosovare aumentano poi i traffici di prodotti contraffatti o illecitamente spediti nei Paesi vicini.
In totale, si stima che alle casse di Pristina manchino 16 milioni di euro all’anno.
Senza considerare i danni per l’economia di tutti i Paesi dei Balcani, causati dal buco nero del Kosovo nella maglia del controllo internazionale.
Io e la mia signorina
È la droga più utilizzata, commerciata, sequestrata dei Balcani occidentali. Ma anche l’unica prodotta nella regione, da dove partono le diramazioni del traffico internazionale di cannabis.
L’Albania è il Paese con la più alta concentrazione di coltivazioni, anche se dal 2016 è iniziata la parabola discendente (a seguito della maggiore repressione da parte delle forze dell’ordine).
A livello di produzione, la cannabis viene venduta tra i 1.200 e 1.400 euro al chilo, mentre la skunk (varietà ibrida di qualità superiore), coltivata indoor, tra 1.600 e i 2.000 euro al chilo.
Dall’Albania, i traffici portano verso ovest (Italia), sud (Grecia), est (Turchia) e nord (nel resto d’Europa, attraverso Kosovo, Montenegro e Serbia). A seconda delle varietà, può essere venduta tra i 2.500 e i 3.500 euro al chilo.
In Macedonia del Nord la cannabis è coltivata legalmente per uso terapeutico ed è in cantiere la legalizzazione per uso ricreativo [per saperne di più, ti rimando alla 24ª tappa, “L’erba di Skopje”].
Quello che si sta verificando è un aumento dei furti di tonnellate di cannabis dai magazzini macedoni e lo smercio di contrabbando nel mercato nero del Kosovo.
Un indizio lo forniscono i prezzi: bassi nel sud del Paese, come quelli della Macedonia del Nord, alti nel nord, come quelli della Serbia.
Man mano che si sposta verso i mercati più ricchi della regione e dell’Europa, la cannabis aumenta di valore. Questo può attribuirsi ai rischi di attraversare le frontiere, il costo dei trasporti e il maggiore potere d’acquisto.
Un fenomeno già riscontrabile in Serbia.
Una volta raccolta dai gruppi criminali di Nis, Belgrado e Novi Sad, parte della merce va a rifornire i consistenti mercati locali, dove i prezzi all’ingrosso sono tra i 2.000 e i 2.500 euro al chilo.
Ma la Serbia è anche il Paese balcanico con il più alto tasso di sequestri di cannabis, oltre 7 tonnellate all’anno.
I sequestri avvengono soprattutto nei valichi di frontiera con Bulgaria, Romania e Ungheria, destinati all’Europa centrale e settentrionale.
Are we human?
Dal 2018, le rotte consolidate del contrabbando regionale di carburante, sigarette e bestiame sono state utilizzate anche per un altro scopo: il traffico internazionale di esseri umani.
Per attraversare il Montenegro o la Serbia meridionale, di solito i trafficanti guidano personalmente i migranti lungo questi percorsi della rotta balcanica, portandoli fino al confine con la Bosnia ed Erzegovina.
Sul lato bosniaco, inizia il percorso in solitaria verso il nord-est del Paese. Destinazione: Bihać [tutto quello che hai bisogno di sapere sulla situazione dei campi profughi in Bosnia lo trovi nella 31ª tappa, “Le altre Lipa. O la vergogna europea”].
Nel viaggio a piedi, i migranti tendono a evitare le aree urbane - dove stanno iniziando a crescere le tensioni sociali legate ai flussi migratori - e si spostano attraverso le campagne.
Gli edifici distrutti o abbandonati della parte meridionale della Republika Srpska spesso sono contrassegnati da graffiti lasciati da persone che hanno cercato rifugio per la notte.
Ma non c’è solo l’opzione del viaggio a piedi.
Sia le bande criminali, sia le persone comuni sono sempre più coinvolte nel traffico di migranti.
Per 150/200 euro a persona, vengono organizzati servizi di “taxi” illegali verso Sarajevo, con passaggi offerti anche nei bagagliai delle auto.
Dalla capitale della Bosnia, la maggior parte dei migranti acquista un biglietto del treno per Bihać. Le autorità del cantone Una-Sana hanno chiesto la sospensione della tratta, accusando la compagnia ferroviaria statale di essere coinvolta nel traffico.
Una volta raggiunto il confine con la Croazia, inizia The Game, con tutte le sue regole e il suo sfruttamento [ce l’ha spiegato Chiara Catelli nella 15ª tappa, “Dear migrants, noi avremmo un Patto”].
Il traffico internazionale di esseri umani dovrebbe essere solo di passaggio nei Balcani. Ma alla fine le persone finiscono per rimanere intrappolate in Bosnia ed Erzegovina.
Money for nothing
E infine c’è un flusso criminale più nascosto e subdolo che coinvolge i Balcani occidentali: quello legato al denaro, tra riciclaggio e corruzione.
Nonostante non sia possibile - per evidenti motivi - determinare con certezza quanti proventi illeciti siano generati nei Balcani e quanto denaro “estero” sia riciclato nella regione, la stima oscilla tra gli 1,8 e i 4,6 miliardi di euro annui.
È bene ricordare che i gruppi criminali sono in grado di riciclare localmente il denaro sporco, oppure di trasferirlo su conti offshore, per poi ritornare “pulito” nella regione.
La corruzione è un primo modo di ripulire il denaro in loco e risponde anche a un’esigenza per mantenere fiorente l’attività criminale. Viene inserita tra i costi fissi della criminalità organizzata.
Tangenti a politici e giudici, alla polizia di frontiera per i traffici di contrabbando, o alle autorità competenti per i permessi di costruzione.
Proprio per gli appalti pubblici, nei Balcani ogni anno 2 miliardi di euro su 7 spariscono a causa della corruzione.
Esistono poi meccanismi di transazioni illegali informali.
Per esempio, il cosiddetto sistema hawala, una tipologia di trasferimento di denaro basato sulla fiducia e l’onore, che può funzionare in aree prive di un sistema bancario efficiente.
Nella pratica, i clienti utilizzano intermediari per inviare e ricevere denaro. I mittenti pagano una commissione e i destinatari usano una password per sbloccare i fondi.
Le reti hawala facilitano il riciclaggio di denaro a livello medio-basso, tra i gruppi criminali impegnati nel traffico di droga e di migranti, offrendo diversi vantaggi: prezzi competitivi, trasferimenti rapidi e idoneità a contesti culturali specifici.
È interessante notare che, nonostante le origini del sistema hawala risiedano nelle comunità arabe, il suo uso nei Balcani occidentali prescinde dall’appartenenza etnica.
A livello medio-alto, invece, tornano protagoniste le banche.
La loro gamma di servizi - accettazione di depositi, erogazione di prestiti, scambio di valuta, gestione del patrimonio - le rende attraenti per il trasferimento di denaro all’estero.
Le banche sono infatti diventate importanti intermediari per grosse transazioni e conti offshore, grazie a sistemi di elusione dei controlli sempre più sofisticati.
Un altro metodo per riciclare denaro sporco e aumentare il valore del capitale criminale è investire in proprietà.
Il riciclaggio di denaro attraverso attività edili e immobiliari è molto comune perché è relativamente facile e può assorbire grandi quantità di capitale.
Per esempio, quasi dovunque nei Balcani le società che richiedono un permesso di costruzione non sono obbligate a dimostrare l’origine del proprio capitale.
Diversi mercati immobiliari in tutta la regione sono stati distorti dalle pratiche di riciclaggio di denaro.
A causa della grossa disponibilità di risorse dei gruppi criminali, i prezzi degli immobili in molte città sono aumentati in modo non naturale.
L’ultima pratica di riciclaggio coinvolge gli investimenti in beni di lusso, come opere d’arte, gioielli, automobili e yacht.
Questo non è solo un modo per ripulire le grosse somme di denaro, ma anche uno stratagemma per far passare inosservati i proventi illeciti ai controlli di dogana.
Diversi rapporti di intelligence dei Paesi balcanici hanno dimostrato che, attraverso documenti d’identità e carte di credito falsificati, sono stati acquistati articoli di lusso da presentare e indossare come oggetti personali alla frontiera.
Una volta superato il confine di Stato, gli stessi beni di lusso vengono riconvertiti in denaro contante, per dare il via a una nuova catena di riciclaggio criminale.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Avendo analizzato tutti i traffici criminali che fanno perno nella regione, qui sul bancone di BarBalcani dobbiamo fare attenzione a un altro pericolo: il contrabbando di alcolici contraffatti.
Più nello specifico, dobbiamo stare attenti alla rakija, il distillato più popolare della penisola.
Ci sono diverse accortezze per essere sicuri di bere un prodotto originale e non uno contraffatto.
Ecco qui una guida pratica:
Osserva bene il liquido. Una vera rakija, a prescindere dal frutto con cui è stata realizzata, è cristallina e mai torbida.
Annusala sempre. L’odore è penetrante, ma non deve essere simile a quello della vernice o dello smalto per unghie.
Attenzione al sigillo. Come tutti gli alcolici in commercio, deve riportare un numero di serie e, se esposto alla luce, mostrerà un ologramma dalle linee arancioni e blu.
La confezione. La rakija contraffatta non ha il bollo di garanzia e spesso presenta errori di ortografia sull’etichetta (un punto a tuo favore se conosci la lingua locale).
Il prezzo. Fai suonare un campanello di allarme se ti trovi tra le mani una bottiglia troppo conveniente rispetto alle altre presenti sul mercato.
Per questo primo anno, il viaggio di BarBalcani si ferma qui. Ci rivediamo presto, con le tappe di un nuovo anno insieme.
Un abbraccio e buon cammino!
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Io come sempre ti ringrazio per essere arrivato fino a questo punto del nostro viaggio. Se vuoi saperne di più sulla criminalità organizzata nei Balcani, ti consiglio di leggere questa tappa (qui puoi trovarle tutte):
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