S4E14. "Il 28° membro entro il 2028"
Intervista esclusiva al primo ministro del Montenegro, Milojko Spajić, sul percorso di adesione all'Ue, sui recenti investimenti Nato e sulla fine dell'interferenza della Cina nell'economia nazionale
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Più precisamente con il primo ministro del Montenegro, Milojko Spajić.
A Bruxelles, in occasione dell’inaugurazione dell’iniziativa del Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) ‘Membri candidati all’allargamento’, il premier montenegrino ha rilasciato a BarBalcani un’intervista esclusiva sui temi più caldi a Podgorica.
Adesione del Montenegro all’Unione Europea, investimenti nella difesa nazionale secondo gli standard Nato, rapporto con la Cina dopo anni di rischio finanziario.
Il governo europeista di Spajić, in carica da nemmeno quattro mesi, promette di dare una svolta tangibile al futuro prossimo del Montenegro. Con un obiettivo misurabile fissato in calendario: diventare il 28° Paese membro Ue entro il 2028.
Il prossimo membro dell’Unione Europea
È da più di 11 anni che il Montenegro ha avviato i negoziati di adesione all’Unione Europea, più di 13 da quando ha ottenuto lo status di Paese candidato e quasi 16 dalla domanda formale di adesione. Come confermato anche dal Pacchetto Allargamento 2023 della Commissione Europea, il Montenegro è il Paese più avanzato su questo cammino tra tutti i 10 in corsa.
La prospettiva di ingresso nell’Unione - diventata tanto sfuggente quanto a portata di mano - non è minimamente in dubbio. A Podgorica è considerata una questione imminente, sotto il segno del 28: lo slogan ‘il 28° membro entro il 2028’ è diventato un mantra nelle istituzioni nazionali guidate dal movimento politico Europe Now!
«Noi saremo pronti anche prima del 2028, ma sappiamo che la politica di allargamento Ue è un processo a doppio senso», mette in chiaro all’inizio della conversazione il premier montenegrino in carica dal 1° novembre 2023 e fondatore di Europe Now! insieme al presidente Jakov Milatović (in carica dal 20 maggio 2023).
«Faremo del nostro meglio per concludere i negoziati di adesione nel 2026 e attendere fino al 2028 per la ratifica del Trattato di adesione da parte di tutti gli Stati membri». A rafforzare questo obiettivo c’è una considerazione fattuale: «Dal momento in cui l’Unione contava già 28 membri, non è necessaria una revisione interna dei Trattati prima del nostro ingresso».
In altre parole è solo dalla Brexit del Regno Unito nel 2020 che l’Ue è un’Unione a 27 Paesi. In quest’ottica, Podgorica prenderebbe semplicemente il posto che fu di Londra e tutti i discorsi sulla revisione dei Trattati Ue in vista di un’Unione a 32, 35 o 37 potrebbero continuare a fare il loro corso parallelo senza procrastinarne l’adesione.
Un primo risultato sostanziale arriverebbe a strettissimo giro, con «i politici montenegrini in corsa per le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo nel 2029», è la speranza del premier Spajić: «Sarebbe un momento storico».
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La base su cui poggia questa prospettiva di breve termine è il rapporto «più positivo di sempre» con l’Unione Europea e con gli altri Paesi dei Balcani Occidentali, anche se «dobbiamo migliorare ancora».
Come per esempio sugli investimenti, confessa Spajić: «Vogliamo invitare società, imprese e istituzioni europee a ricostruire le infrastrutture, vogliamo ancora più scambi commerciali tra il Montenegro e l’Unione Europea, e ancora più imprese che aprono da noi e viceversa».
Uno dei Paesi più interessati da questa apertura è proprio l’Italia, che può sfruttare una «grande opportunità» non solo in Montenegro ma in tutti i Balcani Occidentali: «Sono un frutto a portata di mano, perché i nostri cittadini amano l’Italia, la guardano come un modello in termini di società e di adesione all’Ue». Ecco perché «vogliamo più imprese italiane in Montenegro, così come da altri Paesi dell’Unione».
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Un alleato instancabile
Parallelamente all’adesione all’Unione Europea, c’è un’altra alleanza su cui si stanno continuando a concentrare gli sforzi nazionali. La Nato, l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, a cui il Montenegro appartiene dal 2017.
Dopo aver ricevuto le minacce della Russia di “misure di ritorsione su base reciproca, alla luce della linea ostile scelta dalle autorità montenegrine” al momento dell’ingresso nella Nato, per Podgorica non c’è dubbio sul fatto che «il Montenegro vuole essere un partner credibile per tutti coloro che fanno parte dell’Alleanza».
E la dimostrazione, anche in questo caso, è misurabile. «Il governo è entrato in carica il 1° novembre scorso, non abbiamo avuto molto tempo: la precedente bozza di bilancio diceva che la spesa per gli scopi Nato era pari all’1,8% del Pil, ma in un solo mese siamo riusciti ad aumentarla al 2,01%», rende noto Spajić per la prima volta.
Il Montenegro nel 2024 diventa così uno dei 18 Paesi Nato a raggiungere la soglia minima di spesa del 2% per la difesa in rapporto al Pil, come indicato dal segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg. «Questa è la dimostrazione di quanto siamo impegnati», è il netto commento del premier montenegrino.
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Anche in questa chiave vengono lette le dichiarazioni dell’ex-presidente statunitense e probabile candidato repubblicano alla Casa Bianca nel 2024, Donald Trump, secondo cui Washington non dovrebbe difendere gli alleati che non spendono abbastanza nella difesa da un’eventuale aggressione russa.
«Rischierei di entrare nella campagna politica statunitense, se commentassi questa dichiarazione», non si sbilancia Spajić, precisando però di volerla intenderla «come un messaggio cruciale per gli Stati Uniti, non solo per Trump ma anche per Biden». Cioè che «Washington vuole vedere un contributo più attivo da parte di tutti i partner della Nato».
A Podgorica «abbiamo ricevuto il massaggio» e lo dimostra l’allineamento al target del 2%. Con un occhio rivolto ancora alle minacce di Mosca: «Dopo l’aggressione russa all’Ucraina è fondamentale rendersi conto di quanto sia importante la sicurezza non più solo a livello teorico, ma anche e soprattutto pratico», sottolinea con forza Spajić, ricordando che «è inimmaginabile che un membro della Nato possa essere invaso e conquistato da una potenza straniera come ha fatto la Russia con l’Ucraina».
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Lontano dalla Cina
Sembrano lontani gli anni in cui il Montenegro era in cima alla lista delle preoccupazioni dell’Unione Europea per l’esposizione ai rischi finanziari della presenza cinese nel Paese.
Nel 2021 Podgorica aveva un debito di 809 milioni di euro con la Cina - circa 1.300 euro per ciascun cittadino - dopo il prestito concesso nel 2014 per la costruzione dell’autostrada A1 Bar-Boljare attraverso la ‘Belt and Road Initiative’.
Il primo tratto a nord di Podgorica è uno dei più costosi al mondo - circa 20 milioni di euro al chilometro, più di dieci volte la media europea - ma soprattutto il Montenegro ha rischiato di cadere nella trappola del debito cinese: in caso di insolvenza Pechino avrebbe avuto il diritto di acquisire il controllo di parti del territorio nazionale.
Negli ultimi tre anni, come conferma il neo-premier Spajić, «abbiamo ereditato il prestito con la China Investment Bank, lo abbiamo coperto con successo e abbiamo ridotto l’esposizione dal 27% del Pil al 7/8%», anche grazie al supporto di tre istituti di credito occidentali. «Ora è completamente gestibile, quasi trascurabile, è solo uno dei prestiti nel nostro portafoglio e non ci preoccupa molto».
Ora si guarda al futuro, con i finanziamenti delle infrastrutture che «vogliamo provengano quasi esclusivamente dai nostri alleati della regione, dell’Ue e della Nato, stiamo finalmente regolando l’economia e la geopolitica nel modo giusto».
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L’obiettivo del nuovo governo è di mettersi alle spalle il passato di instabilità finanziaria e di corruzione, anche di alto livello. Un altro capitolo che ha messo in grave stallo il percorso di adesione del Montenegro all’Unione Europea.
«Nel 2020, quando sono diventato ministro delle Finanze, quasi il 60% del turismo proveniva da Paesi esterni all’Unione Europea, alla regione e alla Nato, le infrastrutture erano finanziate al 100% da entità esterne a questo spazio politico e il 90% degli investimenti proveniva da Oriente». Allo stesso tempo però «dal punto di vista geopolitico siamo membri della Nato e potenziali membri dell’Ue, con un 100% di allineamento alla sua Politica estera e di sicurezza comune».
In altre parole «era una sorta di situazione bipolare, in cui geopoliticamente eravamo allineati da una parte, ma economicamente eravamo completamente isolati dal continente europeo e ci comportavamo come una nazione dell’Asia centrale», è il riassunto di anni di politica estera ed economica nazionale.
«In quattro anni – all’inizio come ministro delle Finanze e ora da primo ministro – abbiamo cambiato completamente la rotta economica del Montenegro», rivendica con forza Spajić.
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Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Anche un primo ministro può avere - senza troppe sorprese - un consiglio da offrire al bancone di BarBalcani. «Amaro Montenegro!», confessa senza esitazione Spajić, con una risata.
Seppur non diretto, il Paese balcanico ha un rapporto particolare con l’amaro inventato nel 1885 dal bolognese Stanislao Cobianchi.
Inizialmente denominato Elisir Lungavita, nel 1896 fu ribattezzato dallo stesso Cobianchi ‘Amaro Montenegro’ in onore di Elena del Montenegro, in occasione delle nozze con l’erede al trono del Regno d’Italia, Vittorio Emanuele III di Savoia.
Della casata reale montenegrina dei Petrović-Njegoš, Jelena Petrović-Njegoš nacque a Cetinje nel 1873 e fu regina consorte d’Italia dal 1900 fino all’abolizione della monarchia nel 1946. Di fatto Elena del Montenegro è stata l’ultima regina d’Italia, ancora oggi ricordata ogni volta che qualcuno ordina un Amaro Montenegro.
Un amaro prodotto dal 1885 con la stessa esatta ricetta segreta di Cobianchi, a base di 40 erbe aromatiche provenienti da tutto il mondo. La loro bollitura, macerazione e distillazione porta alla produzione di 12 essenze, da cui poi vengono tratte le sue sei note aromatiche.
Si aggiunge poi un’ultima nota - definita ‘Premio’ - come risultato della micro-distillazione di altre cinque erbe aromatiche. Il preparato viene miscelato con alcol, acqua e zucchero e infine imbottigliato, per un procedimento che dura complessivamente sei mesi.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra due settimane, per la quindicesima tappa di questa stagione.
Un abbraccio e buon cammino!
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