XII. Il canto del cigno jugoslavo
Dopo quasi 30 anni al potere, potrebbe essersi chiusa la stagione politica del presidente del Montenegro, Milo Đukanović. Una vita da padre-padrone, tra inchieste di corruzione e traffici illeciti
Ciao,
bentornata o bentornato anche oggi a BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani occidentali alla vigilia dei 30 anni dall’inizio delle guerre nell’ex-Jugoslavia.
Fatta eccezione per la 1° tappa sullo scontro calcistico tra Kosovo e Serbia (se vuoi recuperarla, la trovi qui), mai come oggi stiamo entrando davvero in un argomento così legato alle conseguenze degli anni Novanta.
Sono passati quasi 30 anni dall’inizio delle guerre nell’ex-Jugoslavia, dicevamo. E sono passati quasi 30 anni dall’ascesa al potere dell’ultimo gerarca jugoslavo.
Milo Đukanović, il padre-padrone del Montenegro.
Le elezioni parlamentari del 30 agosto 2020 potrebbero aver messo la parola “fine” al suo dominio incontrastato, in scadenza nel 2023 con le elezioni presidenziali.
O forse no.
Mai sottovalutare le risorse di un politico che ha guidato un Paese oltre le guerre balcaniche e la separazione dalla Serbia.
Chi è Milo Đukanović
Le prime notizie politiche su Milo Đukanović risalgono all’età di 26 anni, nel 1988.
Đukanović fu uno dei più stretti alleati del leader serbo Slobodan Milošević e guidò la rivoluzione anti-burocratica fino al rovesciamento delle élite montenegrine al potere nella Repubblica jugoslava.
Con questa mossa scalò le gerarchie in gran fretta. Nel 1991 era già premier e fu l’artefice della trasformazione della Lega dei Comunisti del Montenegro in partito politico, il Partito Democratico dei Socialisti del Montenegro (Dps).
Ben presto si allontanò dalle amicizie scomode, in primis quella di Milošević. Nel 1996 prese le parti del nazionalismo montenegrino e abbandonò l’idea dell’unione eterna con la Serbia.
Così facendo nel 1999 potè negoziare con le potenze occidentali di limitare il più possibile gli attacchi aerei in Montenegro durante i bombardamenti Nato sulla Jugoslavia.
Đukanović ha guidato la transizione del Montenegro prima durante il crollo dell’ex-Jugoslavia e poi nella separazione dalla Serbia con il referendum del 2006.
Senza dimenticare la sua ultima vocazione, quella europeista, con la candidatura del Montenegro a Stato membro dell’Unione Europea: il 15 ottobre 2007 ha firmato l’Accordo di stabilizzazione e associazione e il 26 giugno 2012 il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato l’apertura dei negoziati di adesione.
“Re Milo”, “l’ultimo re del Montenegro” guida ininterrottamente il Paese dal 1991 come premier o come presidente della Repubblica (1998-2002 e 2018-in corso).
Lo farà almeno fino al 2023, scadenza del mandato presidenziale. Sempre con lo stesso partito al potere. Sempre con gli stessi uomini alle spalle.
Ma per la prima volta la nazione sembra esserglisi rivoltata contro.
«Il Muro di Berlino è caduto anche qui»
Si sono tenute il 30 agosto 2020 le elezioni parlamentari, in un clima rovente tra socialisti di Đukanović e opposizioni di ogni genere: populisti di destra, filo-serbi e filo-russi, piccoli partiti centristi liberali, moderati filo-europeisti e verdi.
Il presidente ha impostato la sua campagna elettorale sulla stabilizzazione del Paese: con la “legge sulla libertà religiosa” (sequestro di beni ecclesiali privi di diritti di proprietà) ha cercato di scalfire l’influenza politica della Chiesa ortodossa serba in Montenegro.
Le opposizioni hanno risposto alla provocazione e hanno spinto sul piano della corruzione causata da decenni di potere incontrastato e sulle restrizioni della libertà personale con le ultimi leggi controverse.
Le proteste hanno costellato le settimane prima del voto, con reciproche accuse di fomentare la violenza fuori le urne o di alterare i risultati del voto con “voti fantasma”.
E poi è arrivato il giorno del giudizio. Del popolo.
Il Partito democratico dei socialisti si è confermato il primo partito, con il 35,06% dei voti. Ma per la prima volta non è bastato: ha ottenuto solo 30 seggi su 81 e nemmeno con gli alleati tradizionali raggiungerebbe i fatidici 41 per rimanere al potere.
«Il Muro di Berlino è caduto anche in Montenegro. La libertà è arrivata, dopo 30 anni di potere assoluto doveva accadere», ha commentato il leader del maggiore blocco di opposizione ‘Per il futuro del Montenegro’, il filo-serbo Zdravko Krivokapić.
I tre blocchi di opposizione hanno festeggiato la vittoria. Ma la partita inizia solo ora. Perché un governo tra alleati così diversi è tutto in salita (se vuoi, te lo spiego più approfonditamente in un articolo per Eunews.it).
Il 9 settembre è stata annunciata l’intesa per creare un governo di “tecnici ed esperti” (con una maggioranza risicata di 41 seggi). Entro inizio ottobre si dovrebbe conoscere la squadra.
Ma il canto del cigno dell’ultimo gerarca jugoslavo potrebbe ancora rimescolare le carte in tavola. La paura che l’instabilità del Paese si estenda a tutto lo scacchiere balcanico rischia di diventare una nuova incognita perché niente cambi.
Un politico maturo come Đukanović sa che i minuti di recupero, quando la partita sembra finita, possono custodire le sorprese più grandi. E ribaltare il risultato.
Ha ancora 2 anni e mezzo di tempo.
30 anni sul filo del rasoio
Ma chi è davvero Milo Đukanović? E come ha fatto a rimanere al potere così a lungo?
Solo personaggi come il presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, hanno saputo fare altrettanto.
Non a caso ciascuno dei due è stato definito “l’ultimo dittatore d’Europa”. A prescindere da chi sia davvero “l’ultimo”, per entrambi il 2020 sembra essere un anno maledetto (anche questo, se vuoi, te lo spiego meglio in una serie di articoli per Eunews).
Riavvolgendo il nastro, troviamo Đukanović implicato in un po’ ogni sorta di reato di corruzione e traffico illecito su media e grande scala che si sia registrato in Montenegro.
Le coincidenze, a volte.
Negli anni Novanta è stato sospettato di legami personali e politici con la Sacra Corona Unita e per contrabbando di tabacco. Poi il traffico si è spostato in Kosovo (ne parleremo prossimamente… stay tuned!) e qualcos’altro è arrivato in suo soccorso.
Anno magico il 2006. E no, non per i Mondiali di calcio vinti dall’Italia.
Nel luglio 2003, anche la Procura di Napoli ha legato Đukanović a un racket della camorra sul contrabbando di sigarette, per un giro di affari di miliardi di euro.
Il 28 dicembre 2004, la Corte di Cassazione si è pronunciata a favore della presidenza antimafia. Il Montenegro non essendo (ancora) uno Stato sovrano non garantiva al suo presidente l’immunità diplomatica.
Ma cosa succede se nel giro di un anno e mezzo il Montenegro diventa indipendente? Esatto, il capo di Stato ottiene l’immunità.
In nemmeno 3 anni ogni accusa contro Đukanović è caduta. La mafia nei Balcani (di cui abbiamo parlato nell’8° tappa con l’esperta Carmela Racioppi), lui, non l’ha trascinato sul fondo.
Chi lo può trascinare veramente nel fango della corruzione internazionale è stata invece una giornalista. Daphne Caruana Galizia.
La sua ultima inchiesta la trovi spiegata nella 10° tappa: “Buon compleanno, Daphne”.
Appena prima di essere uccisa, la giornalista maltese stava investigando su una rete di società offshore che da Malta portavano dritto dritto in Montenegro, al parco eolico di Možura.
Tra gennaio e maggio del 2016 l’allora premier Đukanović e l’omologo maltese Joseph Muscat (dimessosi il 13 gennaio 2020) si sono incontrati due volte per parlare del progetto Možura. Sei mesi dopo era già nata la società Malta Montenegro Wind Power JV Ltd., che ha acquistato il 90% del capitale di Možura Wind Park.
Tutte incredibili coincidenze. Tutta una rischiosa corsa sul filo del rasoio. Lunga 30 anni.
Ma chissà se davvero è finita qui per “re Milo”.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Come ricorderai, abbiamo già avuto occasione di sederci al bancone del bar del Montenegro, sia per scoprire l’idromele di Njegusi, sia per assaggiare i vini più pregiati del Paese.
Oggi completiamo il reparto alcolici “non-rakija” del Montenegro (ma già sai che ci torneremo prestissimo… non avrai certo pensato che oltre alle prugne, alle pere e al miele non si potesse fare con altro, vero?)
È tempo di birra. E di base in Montenegro se ne beve solo una: la Nikšićko Pivo, la birra di Nikšić. Una lager chiara, che scorre leggera tra quattro chiacchiere e due portate a tavola.
La sua storia ha origine nel 1896, quando il mastro birraio Janko Krivokapić chiese al Re Nicola (primo re e fondatore del regno del Montenegro) il permesso di aprire una birreria a Nikšić, nell’entroterra del Paese.
Inizialmente la fabbrica fu chiamata Onogost, in onore del vecchio nome della città. Con il passare degli anni Janko ampliò lo stabilimento e lo ribattezzò Trebjesa (dal parco naturale di Nikšić). L’azienda porta ancora oggi questo nome.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la tredicesima tappa! Un abbraccio e buon cammino!
Grazie ancora per essere arrivata/arrivato a questo punto del viaggio. Se ti fossi perso qualche tappa, qui puoi recuperarle tutte. Ti consiglio le due più legate al Montenegro: quella sulla situazione Coronavirus, ma soprattutto quella sull’ultima inchiesta di Daphne Caruana Galizia.
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