XI. Una, dieci, mille Greta Thunberg
In tutta la penisola le minicentrali idroelettriche stanno intaccando uno degli ultimi ecosistemi vergini d'Europa. Ma dalla Bosnia è arrivata la prima vittoria degli attivisti e delle comunità locali
Ciao,
bentornata o bentornato anche oggi a BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani occidentali alla vigilia dei 30 anni dall’inizio delle guerre nell’ex-Jugoslavia.
Partiamo spediti in questa tappa: Greta Thunberg è tornata.
Lo ha fatto a Berlino, ribadendo che «sul cambiamento climatico abbiamo perso altri due anni di tempo».
Ma sui Balcani è come se non se ne fosse mai andata.
Intendiamoci, non in senso letterale. Qui ha attecchito piuttosto un “modello Greta”. Giovani, donne e comunità locali. Contro lo sfruttamento delle risorse naturali, contro la costruzione di minicentrali idroelettriche.
Questa è la lotta dei “Friday for Future balcanici”. A tutela dei fiumi e delle biodiversità minacciate da migliaia di dighe.
Il cuore blu d’Europa
Quante volte hai sentito la frase: “Per liberarci dal carbonfossile dobbiamo puntare sull’energia verde, come quella idroelettrica”?
Tante o poche che siano, è ormai nella mentalità comune che generare elettricità sfruttando l’energia cinetica del ciclo dell’acqua sia una strada virtuosa.
Ma qui casca il palco.
Diversi studi pubblicati dall’organizzazione austriaca Riverwatch hanno certificato i danni causati dall’impatto ambientale dell’idroelettrico:
drenaggio di piccoli fiumi
perdita di acqua potabile
elevata emissione di metano
stravolgimento dell’habitat naturale
danni sociali ed economici per le comunità locali
Ad aggravare il tutto, va considerato il territorio naturale. Come dimostrato dal portale balkanrivers.net (gestito da Riverwatch), l’80% dei fiumi della penisola balcanica si trova in uno stato di quasi verginità.
I Balcani sono a tutti gli effetti il cuore blu d’Europa. Se volessimo capire com’era la configurazione del vecchio continente alcuni secoli fa, ci basterebbe vogare lungo un tratto dei circa 35 mila chilometri di corsi d’acqua della penisola.
Basti pensare che i fiumi della penisola ospitano 69 specie ittiche non presenti in nessun’altra parte del mondo. Quasi la metà di tutte le specie di molluschi d'acqua dolce d'Europa in via di estinzione, trova rifugio nel cuore blu d’Europa.
Minicentrali, maxidisastri
E qui arrivano le minicentrali idroelettriche.
Sono centrali idroelettriche a tutti gli effetti. C’è quindi una diga, che sbarra il corso del fiume e crea un bacino idrico artificiale. Attraverso una serie di tubature, l’acqua è condotta nella centrale, dove l’energia idraulica viene trasformata in energia elettrica.
“Mini” perché sono costruite su torrenti e fiumi minori, sono più piccole rispetto a una diga normale e quindi la potenza installata è ridotta: non più di 10 megawatt (la diga di Hoover Dam in Nevada - quella del film “Transformers” - supera i 2.000).
Nei Balcani, a partire dal 2018 è stata prevista la costruzione di circa 2.800 nuove centrali, che andranno a intaccare anche i piccoli torrenti. Per di più, 1 centrale su 3 sarà costruita in zone protette, minacciando l’ecosistema balcanico ed europeo.
Ma chi finanzia la costruzione di queste centrali?
Di base sono piccole imprese private. Per esempio, una è gestita dall’ex-cestista bosniaco Nba, Mirza Teletović. Dal 2016 ha iniziato la costruzione di due centrali sul fiume Doljanka, anche se alcune cause legali hanno bloccato i lavori.
Il maggiore impulso arriva però dagli organismi internazionali, nel quadro dei finanziamenti per lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e la Banca europea per gli investimenti hanno fornito oltre 550 milioni di euro. Altri 700 milioni sono arrivati dal Gruppo della Banca Mondiale.
Ulrich Eichelmann, a capo di Riverwatch, in un’intervista a Osservatorio Balcani Caucaso spiega perché i progetti di questo tipo si stiano moltiplicando nei Balcani:
Grazie ai sussidi, il guadagno generato per kWh prodotto raddoppia o triplica: da 3,5 centesimi di euro a 7 centesimi, persino 10 cent in alcuni casi. A fronte di spese contenute, anche soltanto 10 milioni di euro, il ritorno economico è vantaggioso.
La lotta è giovane e donna
«Né la violenza della polizia, né i tentativi di intimidazione da parte degli investitori sono riusciti a fermare la mobilitazione di quelle che ormai sono state chiamate “le donne coraggiose di Kruščica”».
Con queste motivazioni la fondazione tedesca Euronatur ha premiato l’impegno di un gruppo di donne del piccolo villaggio della Bosnia: dal 2017 si sono opposte alla costruzione di due minicentrali, bloccando ininterrottamente per 500 giorni un ponte da cui passavano i camion.
Nel dicembre del 2018 il tribunale cantonale ha dato ragione al gruppo di donne e ha riconosciuto le modalità pacifiche dell’opposizione a due progetti nati senza nemmeno una pubblica discussione.
Un esempio che si è poi esteso a macchia d’olio.
Dai cittadini serbi dei villaggi sul fiume Rakitska, che hanno rimosso con la forza le tubature della minicentrale in costruzione, ai giovani di tutti i Balcani che hanno promosso diverse settimane di azione in difesa dei fiumi della penisola.
In particolare in Slovenia, dove è partito il progetto Balkan Rivers Tour. Giorni di pagaiata in kayak, seguendo i fiumi dalla sorgente alla foce per sensibilizzare le popolazioni locali sul valore della lotta in difesa del cuore blu d’Europa.
Da tutto questo impegno sui kayak colorati è nato anche un documentario, “Undamaged”. Letteralmente significa “intatto”. Ma all’interno contiene anche il termine dam, appunto “diga”.
Vittoria (con riserva)
È del 24 giugno di quest’anno la notizia della prima vittoria politica dei cittadini e degli ambientalisti dopo anni di lotta e resistenza contro gli impianti idroelettrici.
Il Parlamento della Bosnia ed Erzegovina ha adottato una dichiarazione sulla protezione dei fiumi. La maggioranza ha votato per il divieto assoluto di costruzione di piccole centrali idroelettriche nel territorio della Federazione.
Non saranno quindi concesse nuove autorizzazioni e i progetti attualmente privi saranno annullati. Anche gli impianti in costruzione saranno sottoposti a un controllo da parte delle autorità.
Ma, ci sono diversi ma:
La decisione non è vincolante per la Republika Srpska (l’altra entità della Bosnia ed Erzegovina, oltre alla Federazione). Lì sono numerose le centrali idroelettriche in fase di progettazione.
Dopo le risoluzioni del 2017 da parte del Parlamento su misure drastiche contro l’inquinamento dell’aria, il governo non ha ancora adottato provvedimenti concreti.
In novembre si terranno le elezioni in Bosnia ed Erzegovina. Il provvedimento sembra essere un promessa elettorale per arginare la perdita di consenso in tutti quei comuni che si sono ribellati alla distruzione dei fiumi.
I prossimi mesi saranno decisivi per capire quale sarà il futuro del cuore blu d’Europa. L’unica cosa certa sembra essere che il “modello Greta” non darà tregua alla politica delle minicentrali idroelettriche.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Visto l’impegno creativo dei giovani ambientalisti sui fiumi della Slovenia, oggi proveremo a seguirli anche al bancone del bar.
Dopo aver assaggiato la medovača al miele e lo slivovitz alle prugne, per non perdere la tradizione della rakija proveremo stavolta la viljamovka, distillato ricavato dalla fermentazione delle pere Williams.
Di base l’oste tende a far notare la bottiglia, perché quasi sempre presenta una pera intera cresciuta al suo interno.
Il lungo processo di produzione e il profumo fruttato intenso la rendono una delle varietà di rakija più apprezzate, mitigando il tipico effetto “gola bruciata” del primo sorso.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la dodicesima tappa! Un abbraccio e buon cammino!
Grazie ancora per essere arrivata o arrivato a questo punto del viaggio. Se ti fossi perso qualche tappa, qui puoi recuperarle tutte.
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