XV. Dear migrants, noi avremmo un Patto
È arrivato il nuovo piano per immigrazione e asilo della Commissione Ue. Ma come impatterà sulla rotta balcanica? Scopriamolo e ascoltiamo il racconto di Chiara Catelli, volontaria proprio lì nel 2017
Ciao,
bentornata o bentornato anche oggi a BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani occidentali alla vigilia dei 30 anni dall’inizio delle guerre nell’ex-Jugoslavia.
Prima di partire volevo dirti una cosa.
Guardati attorno.
Anche se ti sembra di essere da solo, siamo ormai in 300 in questo viaggio!
Stavolta il tasto per condividere BarBalcani te lo lascio qui, proprio all’inizio:
Dai, che se ciascuno di noi invita anche una sola persona, presto diventiamo tanti quanti i cavalieri di Rohan ne Il Signore degli Anelli!
Va bene, dopo questa digressione discutibile, torniamo seri.
Oggi parleremo della nuova proposta della Commissione Europea: il Patto per l’immigrazione e asilo.
O meglio, cercheremo di capire come potrebbe influire sul flusso di migranti che percorre i Balcani.
Se hai buona memoria, ti ricorderai che all’inizio di questo viaggio ci siamo già raccontati qualcosa sulla rotta balcanica. Era la 3ª tappa. Se vuoi, puoi recuperarla qui: “In Croazia l'Europa ha un problema con #BlackLivesMatter”.
Avevamo tracciato la storia degli ultimi 5 anni e le violenze della polizia croata al confine con Serbia e Bosnia ed Erzegovina.
Oggi facciamo un passo in più.
Con gli ultimi sviluppi, le prospettive future e nuove storie dal fronte.
Un Patto o forse mai più
Partiamo dalle basi. Con l’aiuto di menti e mani esperte, riassumeremo ora i punti salienti del nuovo Patto.
Se però volessi farti un’idea tua, cosa sempre buona e giusta, qui trovi tutti i documenti per passare un bel paio di pomeriggi in compagnia della Commissione.
Ti risparmio tutte le polemiche, che come puoi immaginare sono tante e desolanti (nel caso non potessi farne a meno, te le ho riassunte in un articolo per Eunews.it).
Ma ora concentriamoci e capiamo meglio di cosa stiamo parlando.
Il Patto per l’immigrazione e asilo è stato presentato dalla Commissione Ue il 23 settembre 2020. La proposta di una riforma del sistema era in discussione dal 2016, ma è sempre stata affossata dalle controversie tra Paesi membri.
La Commissione von der Leyen ha deciso di superare queste discussioni con un “nuovo inizio”. Il Documento programmatico ha messo sul tavolo alcune proposte legislative (da discutere in Parlamento e Consiglio):
Il “nuovo Dublino”. Ogni Paese membro dovrà contribuire alla gestione dei richiedenti asilo, facendosi carico di una quota di essi o sostenendone i rimpatri (finanziariamente e politicamente).
Sistema di screening alla frontiera. Identificazione di chiunque si presenti ai confini dell’Ue in modo irregolare (generalità, pericolo per sicurezza, vulnerabilità).
Nuovo regolamento sulle procedure di asilo. In casi determinati, obbligo di accelerare l’esame delle domande alla frontiera e i rimpatri.
Situazioni di crisi e forza maggiore. Schema di responsabilità e solidarietà che gli Stati devono adottare in circostanze eccezionali.
Cambierà?
Gran bella domanda.
Lo so, è quello che ci chiediamo dall’inizio della tappa. Capisco che ora ti aspetti una risposta.
Cambierà qualcosa sulla rotta balcanica? Sì o no?
Con uno screening alla frontiera sistematico e nuove procedure di frontiera, sì, cambierebbe. I migranti sarebbero trattenuti da 5 giorni a 3 mesi per essere schedati.
E poi si renderebbe più difficile l’accesso al territorio, attraverso procedure più restrittive alla frontiera e rimpatri facilitati. Le parole d’ordine di tutto il Patto.
Note positive: entrerebbe in funzione un meccanismo statale di monitoraggio dei diritti umani e si estenderebbe il concetto di ricongiungimento familiare a fratelli, sorelle e famiglie nate in viaggio. Se te lo stavi chiedendo, no, adesso non c’è.
Sempre che le proposte vadano in porto. Altrimenti non cambierà nulla.
Se vogliamo ribaltare la prospettiva, partiamo dal presupposto che così non si può andare avanti.
Dalla Grecia all’Italia, la strada che si snoda lungo i Balcani ha ben poco di civile.
Il punto di partenza di quest’appendice europea nel viaggio dei migranti è quasi sempre il campo profughi di Moria, sull’isola di Lesbo (Grecia).
Un campo concepito per sole 2 mila persone, ma sommerso negli ultimi anni da un numero di migranti pari a più di sei volte la sua capienza massima. Nemmeno da dire, in condizioni squallide e degradanti.
Nella notte tra l’8 e il 9 settembre 2020 il campo di Moria è andato a fuoco (trovi il racconto su Eunews.it) e oltre 12 mila persone sono rimaste senza rifugio.
L’indignazione dell’opinione pubblica ha travolto le istituzioni europee (sai dove trovarmi, sempre su Eunews.it), colpevoli di non aver mosso un dito quando ancora si poteva fare qualcosa.
Proprio nelle settimane in cui si aspettava l’uscita del Patto.
Lasciata Moria alle spalle e proseguendo verso nord, attraversare le diverse frontiere, da quella greca-macedone a quella serbo-croata/bosniaco-croata è tutt’altro che facile.
Servono soldi, coraggio e tanta pazienza.
Ogni giorno circa 150 persone entrano in Serbia da sud, dalla Macedonia e dal Kosovo. Secondo l'Unhcr, al 31 agosto c’erano più di 16 mila rifugiati, richiedenti asilo e sfollati nei Balcani.
Di questi, circa 10 mila sono bloccati in Bosnia ed Erzegovina. Da un mese le autorità hanno iniziato a chiudere i centri di accoglienza. A scaglioni di centinaia, i profughi sono costretti a cercare riparo nelle foreste o in edifici abbandonati.
Come sappiamo, poi, le polizie di confine attuano sistematicamente la politica del pushback: respingimenti violenti per far tornare indietro uomini, donne e bambini.
Una pratica che 10 organizzazioni europee hanno appena denunciato alla Commissione.
Come in un sadico gioco dell’oca, molto spesso un migrante può quasi toccare con le sue dita l’Europa “ricca”, prima di essere ricacciato indietro, di frontiera in frontiera.
E dover ricominciare tutto daccapo.
Ammesso e non concesso che un migrante riesca a percorrere tutta la rotta e arrivare in Italia, si scontrerà infine con un nuovo problema: il sistema di accoglienza in Friuli-Venezia Giulia.
Come approfondito da un articolo de il Post, la politica del presidente della Regione, Massimiliano Fedriga (Lega), ha smantellato il sistema di accoglienza diffuso e azzerato le risorse.
Nel 2018 la giunta regionale tagliò questa voce di spesa di oltre un milione di euro. Un colpo di spugna su servizi di prossimità, inserimento abitativo, istruzione, corsi di lingua e formazione professionale.
Sarebbero flussi gestibili. Ma la politica ha deciso diversamente.
Ora in Regione si parla di droni per fermare i flussi. Tipo risolvere la fame nel mondo con un Dolce Forno.
Come non averci pensato prima…
Racconti dal fronte
Piuttosto, parlando di esperienze serie, al bancone di BarBalcani si è appena seduta Chiara Catelli.
Una che di Balcani qualcosa sa davvero: nell’estate del 2017 è stata a Šid, sul confine serbo-croato, come volontaria con l’ong No Name Kitchen.
Ordiniamole subito da bere e stiamo ad ascoltare la sua storia!
A bruciapelo. A cosa pensi se ti dico “rotta balcanica”?
“A The Game.
La rotta è un po’ un terno al lotto verso la “fortezza Europa”. E The Game è il tentativo di passare dall’altra parte senza che la polizia ti becchi.
È come un gioco. Ce l’hai lì davanti, ma non sai se vincerai. Tutti i migranti sanno che si chiama così.
Alla sera alcuni di loro mi dicevano: «Forse domani non ci vediamo, perché stanotte andiamo a provare The Game».
Li salutavo e un po’ speravo di non rivederli, perché voleva dire che avevano vinto. Ma allo stesso tempo di rivederli, per essere certa che stessero bene”.
Quali sono le “regole” di The Game?
“È una: si paga. E anche parecchio. In termini di tempo, salute e denaro.
Non sono tutti morti di fame quelli che partono da casa, ma di certo lo diventano durante un viaggio che può durare anni.
Un ragazzo pachistano mi ha raccontato il prezzo che ha dovuto pagare. Attraversare le montagne dell’Iran è gratis. Poi però sono 1.000 euro per il trafficante in Turchia, altri 2.000 in Grecia, altrettanti in Bulgaria. E poi in Serbia: risparmi di una vita per rimanere bloccato a un passo dall’Unione Europea.
Qui il listino prezzi dei trafficanti è molto più alto. Si va dai 1.200 euro per passare la frontiera legati sotto a un camion, ai 4.000 in automobile, anche 6 o 7 persone alla volta”.
Tu lì cosa facevi esattamente?
“Con No Name Kitchen preparavamo pasti due volte al giorno e il thè. Con lo zucchero per i nordafricani, con il latte per i mediorientali. Per loro è molto importante.
La mattina andavamo al mercato di Šid a comprare frutta, verdura e legumi da portare a “Komando”, il cuoco. La sua specialità era la zuppa di fagioli all’afghana, piena di spezie.
Tutto, dal cibo all’affitto della casa dei volontari, si basa su donazioni private”.
Ultima domanda. Una persona che ti è rimasta impressa?
“Il ragazzo pachistano di cui parlavo prima. Aveva compiuto 18 anni durante il viaggio: da casa era partito diciassettenne, è arrivato in Serbia maggiorenne.
Il suo sogno era andare a vivere a Milano, noi volontari ci siamo affezionati subito. Gli abbiamo insegnato le sue prime parole in italiano e uno di noi gli ha regalato anche un quaderno.
Mesi dopo mi ha scritto per dirmi che era riuscito ad arrivare in Italia. E me l’ha scritto in italiano! È stata veramente una grande emozione. Ora fa il pasticcere e ogni tanto mi manda le foto dei suoi dolci”.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
È arrivato il momento di riprendere il cammino. Prima però le tradizioni…
Chiara, cosa ordiniamo al bancone del tuo BarBalcani?
“Una Jelen Pivo, era un must delle nostre cene tra volontari. Andavamo sempre nell’unico ristorante di Šid e ordinavamo a caso dal menù in cirillico. Ma quella birra non poteva mai mancare!”
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la sedicesima tappa! Un abbraccio e buon cammino!
Ti ringrazio ancora di cuore per essere arrivata o arrivato a questo punto del nostro viaggio. Se ti fossi perso qualche tappa, qui puoi recuperarle tutte.
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Che dirti poi? Già sai perché invitare tutte le persone che conosci a iscriversi alla newsletter (ricordi la meravigliosa gif dei cavalieri di Rohan?)
Però, senza dover scrollare fino all’inizio, ti lascio qui di nuovo il tasto, insieme a quello per condividere questo post. Fanne buon uso!