S5E1. Le Olimpiadi della storia per l'Albania. Tra il ring e la Russia
I due bronzi a Parigi 2024 sono le prime medaglie olimpiche per il Paese balcanico. A vincerle sono stati due lottatori russi naturalizzati da poco tempo, tra i dubbi sulla politica sportiva nazionale
Caro lettore, cara lettrice,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter dai confini sfumati.
È cominciata una nuova stagione di questa newsletter - la quinta - in modo più scoppiettante che mai.
Che fosse un’estate di grandi novità lo sapevamo dalla fine della scorsa stagione.
A BarBalcani siamo pronti a entrare all’interno di un progetto editoriale più ampio, incentrato sull’allargamento dell’Unione Europea e sui Paesi coinvolti in questo processo.
Rimarremo quelli di sempre, ma ora come newsletter tematica (specificamente sui Paesi dei Balcani Occidentali) di questa nuova testata. Sta succedendo tutto in queste settimane, presto saprai i dettagli del nuovo cammino che stiamo per intraprendere.
Ma senza dubbio è stata un’estate di grandi novità per molti. Sicuramente per gli atleti balcanici che hanno partecipato e vinto una medaglia ai Giochi Olimpici di Parigi 2024.
Per conoscere tutti i loro nomi, ti basterà aprire la storia in evidenza dedicata sulla pagina Instagram di BarBalcani:
C’è qualcuno che più di altri a Parigi ha fatto la storia di un intero Paese. In modo piuttosto atipico.
L’Albania ha vinto le prime due medaglie olimpiche della sua storia - iniziata ai Giochi di Monaco 1972 - grazie a due lottatori russi naturalizzati da poco tempo.
Non sono pochi i dubbi nel Paese balcanico sulla politica sportiva che ha portato a questo risultato tanto storico quanto inedito, che merita di essere analizzato per i suoi riflessi politici e internazionali.
Perché, se la Russia non fosse stata esclusa dai Giochi o se un qualsiasi altro Paese partecipante avesse offerto a questi atleti un trattamento economico/professionale più vantaggioso, l’Albania sarebbe con tutta probabilità ancora a 0 medaglie olimpiche.
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Mezza delegazione che non conosce l’albanese
Quanto accaduto tra il 26 luglio e l’11 agosto a Parigi è una prima volta che entrerà negli annali della storia olimpica albanese, non solo per le medaglie vinte.
Quasi la metà della delegazione nazionale – tre degli otto atleti partecipanti – era composta da russi da poco naturalizzati “per talento sportivo”: Zelimkhan Abakarov, Islam Dudaev e Chermen Valiev.
Tre atleti che hanno ottenuto la cittadinanza albanese tra il 2021 e il 2024 e che, grazie alle proprie prestazioni sportive, hanno potuto competere ai Giochi Olimpici in modo completamente lecito con i colori rossoneri della bandiera albanese.
A Parigi si è così presentata una delegazione albanese che in larga parte non sapeva parlare albanese, ma solo russo e inglese. Perché con l’Albania questi atleti non hanno alcun rapporto di sangue, di nascita o di istruzione, ma solo ed esclusivamente professionale.
Ciò che ha reso la questione delicata nel Paese balcanico è proprio la percentuale di russi naturalizzati in questo contesto rispetto al totale dei membri della delegazione (37,5%). Ma anche il fatto che le prime medaglie olimpiche della sua storia sono state vinte da atleti che non sono cresciuti né si sono formati in Albania.
A fare la storia dell’Albania (per primo) è stato Chermen Valiev, che il 10 agosto ha vinto la medaglia di bronzo nella lotta libera, categoria di peso 74 kg maschile.
Valiev è nato nel 1998 nella Repubblica dell’Ossezia Settentrionale-Alania e ha vinto il campionato russo di lotta libera (2020, 2023). Solo a inizio febbraio 2024 Valiev ha ottenuto la cittadinanza albanese per talento sportivo, in tempo per partecipare al Campionato Europeo di Bucarest prima e ai Giochi Olimpici di Parigi poi.
A nemmeno 24 ore di distanza la seconda medaglia olimpica albanese è stata conquistata da Islam Dudaev, bronzo nella lotta libera, categoria di peso 65 kg maschile.
Dudaev è nato nel 1995 nella Repubblica Cecena. Nel 2017 ha conquistato la medaglia di bronzo al campionato russo di lotta libera, ma è con i colori dell’Albania che si è fatto conoscere. Dopo aver valutato la possibilità di mettere fine alla sua giovane carriera, nel settembre 2021 ha ricevuto il passaporto albanese per talento sportivo. Da allora ha vinto un bronzo ai Giochi del Mediterraneo nel 2022 e l’oro agli Europei del 2024, prima dello storico bronzo olimpico.
Insieme a loro c’era anche Zelimkhan Abakarov, che a Parigi si è fermato ai quarti di finale nella lotta libera, categoria di peso 57 kg maschile.
Abakarov è nato nel 1993 nella Repubblica del Daghestan. Ha vinto due bronzi al campionato russo di lotta libera e l’oro ai Mondiali del 2019 a Jakutsk (Russia), prima di fare la stessa scelta di Dudaev, e nello stesso momento. Dal settembre 2021 è cittadino dell’Albania per talento sportivo, con cui ha vinto l’oro ai Giochi del Mediterraneo del 2022, un oro (2022) e un bronzo (2023) ai Mondiali, e due argenti agli Europei (2023, 2024).
Tutti è tre sono membri della squadra di lotta libera del Team SK Tirana da più di tre anni. Dudaev e Abakarov hanno vinto trofei internazionali con la bandiera albanese tra il 2022 e il 2024, mentre il bronzo a Parigi è la prima medaglia di Valiev con l’Albania.
Naturalizzare i lottatori russi
A spiegare a BarBalcani come funzionano le regole in Albania per la naturalizzazione degli atleti stranieri sono fonti dello stesso Comitato Olimpico Albanese. Nel 2019 il Parlamento nazionale ha approvato nuove regole per ottenere la cittadinanza, che permettono di favorire gli atleti (e non solo) in casi particolari.
La legge ora prevede che la cittadinanza albanese può essere acquisita da un cittadino straniero che abbia compiuto 18 anni «anche nei casi in cui la Repubblica d’Albania abbia un interesse nazionale» o un interesse specifico «nel campo dell’istruzione, della scienza, dell’arte, della cultura, dell’economia e dello sport».
Fermo restando che il cittadino straniero non deve rappresentare «una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale» del Paese, la procedura per le verifiche e i controlli in questi casi speciali è determinata da una decisione del Consiglio dei Ministri, «su proposta congiunta del ministro e dei ministri responsabili, in base alla loro area di competenza».
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Come dimostrano le biografie dei tre lottatori russi naturalizzati dall’Albania, sono due le circostanze che hanno portato all’inclusione di questi atleti nella delegazione nazionale ai Giochi di Parigi 2024.
La prima è quella di Dudaev e Abakarov, la più “semplice”. Il livello di competizione nella lotta libera in Russia è talmente alto che alcuni atleti preferiscono chiedere la cittadinanza a un altro Paese per avere l’occasione di gareggiare per una medaglia alle competizioni internazionali, che siano gli Europei, i Mondiali o i Giochi Olimpici.
Non si tratta di una motivazione politica, ma semplicemente di convenienza economica e professionale. L’Albania - come molti altri Paesi al mondo, dal Bahrein alla Grecia - per questi atleti è un semplice “datore di lavoro”, che li ha reclutati in virtù delle proprie abilità sportive e per rimpinguare il medagliere nazionale.
Non c’è niente di illecito o moralmente sbagliato, sia chiaro. Ma il tema si presta a interrogativi su quanto questa pratica di business sportivo si sposi con lo spirito dei Giochi Olimpici e con una competizione radicata nel concetto di Stato-nazione. Perché, in fondo, si sfidano atleti e squadre in rappresentanza di un Paese con cui dovrebbero avere un legame solido, non scuderie che reclutano i migliori sul mercato globale.
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E poi c’è la seconda circostanza, quella di Valiev. L’atleta russo era membro del Team SK Tirana già da tre anni quando ha ottenuto la cittadinanza albanese, ma fino al 2023 ha gareggiato anche nel campionato russo (vincendolo) in qualità di cittadino russo nato in Ossezia del Nord.
Alla motivazione delle maggiori opportunità economiche e professionali si è legata una questione politica e sportiva. La squalifica della Russia (e della Bielorussia) dai Giochi Olimpici a causa della guerra in Ucraina dal 2022 ha impedito a centinaia di atleti di gareggiare, se non qualificandosi come “atleti individuali neutrali”. Cioè senza bandiera, senza divisa e inno nazionale, e solo dimostrando di non avere legami con l’esercito o di non aver sostenuto l’invasione russa.
Senza perdere il passaporto russo, soprattutto i lottatori (ma anche ginnaste, judoka e molti altri, come dimostrato dal sito russo Sport Express) hanno deciso di rivolgersi a Paesi in cui è più semplice ottenere la cittadinanza - o hanno semplicemente accolto gli inviti ricevuti - per evitare l’esclusione dai Giochi di Parigi.
Anche l’Albania ha offerto loro la possibilità di gareggiare, secondo lo stesso principio che ha portato Dudaev e Abakarov nella delegazione nazionale. In fondo si tratta di business, come dicevamo.
L’Albania non è certo l’unico Paese a essere interessato dalla questione degli atleti russi naturalizzati. Ma l’alta percentuale all’interno della sua delegazione a Parigi l’ha reso un tema piuttosto delicato.
Pesa anche il fatto che i tre russi neo-albanesi sono tutti lottatori, una categoria molto speciale quando si parla di Russia e sport.
Tanto per intenderci, ai Giochi Olimpici di Parigi 2024 i lottatori russi naturalizzati da altri Paesi hanno vinto 7 medaglie su 18 in palio (di cui tre d’oro) nelle sei categorie di peso maschile: oltre a Valiev e Dudaev per l’Albania, anche la prima medaglia olimpica per il Bahrein, uno per la Bulgaria, uno per la Grecia, uno per l’Azerbaigian e uno per l’Uzbekistan.
Una dimostrazione del talento dei lottatori nati, cresciuti e formatisi in Russia, che continuano a dominare il panorama della lotta mondiale e che per questioni economiche e di opportunità professionali - anche legate alla squalifica della Russia dai Giochi di Parigi - hanno deciso di acquisire un’altra nazionalità.
Assicurarsi un lottatore russo può essere un’ipoteca su una medaglia internazionale (olimpica e non). Ma non necessariamente significa che il nuovo cittadino si integrerà nel Paese che gli ha concesso la cittadinanza e per cui gareggia con i colori nazionali.
«Non importa quale Paese rappresentino, in fondo sappiamo che questi lottatori sono nostri», ha spiegato il giornalista russo esperto di lotta Vyacheslav Abdusalamov. «Dopo aver vinto una medaglia olimpica, tornano tutti a casa dove ricevono regali e ricompense da grandi imprenditori privati in Daghestan e Mosca».
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Non la pensa allo stesso modo il primo ministro albanese, Edi Rama: «I talenti sportivi nati qui non scappano più dall’Albania, ma talenti nati altrove la scelgono come seconda patria per allenarsi in condizioni ottimali e salire sul tetto del mondo con la bandiera rossonera», ha commentato la prima medaglia olimpica.
Mentre i festeggiamenti a Tirana sono ancora in corso, è più acceso che mai il dibattito sulla politica sportiva che ha portato alle prime due medaglie olimpiche della storia dell’Albania.
Ma, parlando a BarBalcani, il lottatore russo-albanese Valiev sottolinea che «sono molto contento di essere entrato nella storia dello sport albanese, sono grato a questo Paese che mi ha dato questa opportunità».
Gli obiettivi della prima medaglia olimpica della storia albanese per il futuro con la bandiera rossonera sono già chiari: «Voglio portare all’Albania il maggior numero possibile di medaglie» nei tornei internazionali, ma soprattutto «l’oro ai Giochi Olimpici del 2028» a Los Angeles.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Conclusi i Giochi di Parigi 2024, rimane il fatto che l’Albania ora può finalmente vantare nel proprio medagliere due bronzi olimpici.
Per celebrare questo risultato storico, sul bancone di BarBalcani troviamo una bottiglia di Konjak Skënderbeu, il più celebre distillato albanese.
Prodotto dal 1967 dalla cantina Gjergj Kastrioti Skënderbeu - attiva dagli anni Trenta del Novecento e passata sotto il controllo statale durante il periodo comunista - Konjak Skënderbeu prende il suo nome da Giorgio ‘Scanderbeg’ Castriota, condottiero e principe albanese del XV secolo e oggi eroe nazionale.
Viene prodotto a partire dalla distillazione di raki invecchiato, estratto di erbe di montagna, frutta trasformata (uva, limone, prugna nera), sciroppo di zucchero, miele di fiori e caramello. La conservazione in botti e tini di rovere conferisce a Cognac Skënderbeu il suo particolare profumo, aroma e colore.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra due settimane, per la seconda tappa di questa stagione.
Un abbraccio e buon cammino!
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