S2E1. Ricomincio da Tokyo 2020
Il viaggio di BarBalcani riprende con una nuova stagione, un nuovo logo e una nuova mission. E con un'immersione nella spedizione degli atleti balcanici agli ultimi Giochi Olimpici
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter dai confini sfumati.
Eccoci, finalmente! Siamo di nuovo in cammino.
Prima di tutto, come anticipato in un sabato di mezza estate, da oggi BarBalcani ha un nuovo logo!
Un ringraziamento speciale va a Letizia Ortolani, communication designer e grande amica, che ha dato una rinfrescata al progetto con idee inedite e genuine.
Nel nuovo logo le parentesi si aprono e si chiudono, si intrecciano, si confondono e si comprendono.
Le parentesi sono metafore di confini sfumati.
Come quelli tra le parole che stanno caratterizzando il nostro viaggio: bar, barba, Balcani.
Come quelli tra gli Stati e i popoli della regione che stiamo imparando a conoscere.
Che vivono sia di contrasti e conflitti, sia di condivisione di storie e tradizioni comuni.
I confini definiscono le identità. Ma allo stesso tempo favoriscono lo scambio di esperienze, mostrando che i limiti fisici possono essere superati dai rapporti umani.
All’interno di un confine si può rimanere ingabbiati. Oppure può essere il punto di partenza di un viaggio alla scoperta di cosa c’è oltre.
È un logo da guardare e riguardare, per scoprire la realtà multiforme celata in un’unità “così splendida e vera da potervi ingannare”.
E ora possiamo ripartire.
Da dove?
Dal Giappone. Dalla spedizione degli atleti balcanici ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020, che si è conclusa domenica scorsa (8 agosto).
Il bilancio complessivo
11 ori, 6 argenti, 8 bronzi.
È il bilancio di questa edizione olimpica sui generis per i Balcani Occidentali.
Un bottino (25 medaglie) pari a quasi la metà rispetto a quello della nazione ospitante (58), ma con meno della metà degli atleti a competere per un gradino sul podio.
267 per l’esattezza.
145 uomini, 122 donne.
Con tante luci e qualche ombra (singolarmente e complessivamente) per una regione che sta iniziando a dimostrare tutto il potenziale ancora inespresso a livello sportivo.
Lo vedremo in questa newsletter, tra top - che tornano a casa con una medaglia al collo o una prestazione eccezionale a referto - e flop - che cercheranno il riscatto a Parigi fra tre anni.
Ma prima ragioniamo su qualche numero.
Sono stati 267 gli atleti balcanici che hanno partecipato ai Giochi della XXXII Olimpiade.
La delegazione più numerosa è stata quella serba (87 membri), seguita da quella croata (59), slovena (54) e montenegrina (33). Staccate quella kosovara (11), albanese (9), macedone (8) e bosniaca (7).
Da sottolineare la quasi raggiunta parità di genere, con tre delegazioni a maggioranza femminile (Serbia, Kosovo e Montenegro) e altre tre con uno scarto minimo (Bosnia, Macedonia e Slovenia). Croazia e Albania a trazione maschile (due ogni tre).
E il medagliere?
Sul gradino più alto del podio la Croazia, a pari merito con Serbia e Slovenia per numero di ori (3), ma con più argenti (3, più 2 bronzi).
Il Comitato Olimpico Internazionale stila la classifica generale sulle medaglie d’oro conquistate. A parità di ori, si considerano gli argenti e poi i bronzi. Faremo così anche noi.
Nonostante il bottino di 9 medaglie (contro le 8 croate), la Serbia - appunto - si piazza al secondo posto, con 3 ori, 1 argento e 5 bronzi.
La Slovenia al terzo posto, con 5 medaglie totali. Stesso il numero di argenti rispetto alla Serbia (1), ma solo 1 bronzo.
Segue il Kosovo, con 2 medaglie d’oro (quante il bottino complessivo), e ultimo posto per la Macedonia del Nord, con 1 argento.
A zero Albania, Montenegro e Bosnia ed Erzegovina.
E se le medaglie fossero distribuite per regioni e per popolazione anziché per Stati?
European Data Journalism ci offre una panoramica interattiva, con una sorpresa dai Balcani.
Tra le regioni che hanno sfornato più talenti a Tokyo 2020, la seconda in termini assoluti è stata quella di Belgrado, in Serbia.
Top
Cominciamo dalle storie di successo.
Prima tra tutte, il doppio oro nel judo conquistato dal Kosovo.
Come spiegato in un ottimo pezzo de Il Post, il merito va dato alla scuola di Driton Toni Kuka, fondata alla fine della guerra nel 1999 in un quartiere povero di Peja.
Sono storie di riscatto sociale, che quest’anno hanno avuto come protagoniste Distria Krasniqi, nella categoria -48kg, e Nora Gjakova, nella categoria -57kg.
È il miglior risultato di sempre per il Paese, alla sua seconda apparizione in assoluto ai Giochi Olimpici.
Riconosciuto dal Comitato Olimpico Internazionale nel 2014, il Kosovo ha fatto il suo debutto ai Giochi di Rio 2016 e ha subito conquistato una medaglia d’oro.
Ovviamente nel judo, grazie alla judoka Majlinda Kelmendi.
Rimanendo sulla scia dei risultati storici, segue a ruota l’argento della Macedonia del Nord.
Nel taekwondo +80kg, il lottatore Dejan Georgievski ha assicurato a Skopje il primo secondo posto olimpico nella storia del Paese.
Un’avventura iniziata ad Atlanta 1996, che aveva portato solo quattro anni più tardi alla prima medaglia in assoluto.
In quel caso un bronzo - di Mogamed Ibragimov nella lotta libera - ai Giochi di Sydney 2000.
Se c’è un filo conduttore in questi Giochi Olimpici, sicuramente è la forza degli atleti balcanici nelle discipline di contatto.
Tra judo, taekwondo, lotta greco-romana e karate, tutte le nazioni andate a medaglia si sono distinte sia nelle selezioni femminili sia in quelle maschili.
Per conoscere tutti i loro nomi, ti basterà aprire la storia in evidenza sulla pagina Instagram di BarBalcani dedicata a Tokyo 2020.
Cambiando tipologia di sport, va ricordata la “via blu” che lega Croazia e Slovenia.
Dalla canoa al canottaggio, passando per la vela, le due delegazioni hanno conquistato complessivamente 2 ori, 1 argento e 1 bronzo.
Rimanendo nella stessa zona dei Balcani, grande exploit per la Croazia nel tennis e nella ginnastica artistica e della Slovenia nel ciclismo e nell’arrampicata.
A Zagabria sono arrivati oro e argento dal doppio di tennis maschile, in una finale tutta a scacchi bianco-rossi. Tin Srbić si è invece classificato secondo alla sbarra.
Per Lubiana, due attese medaglie dal ciclismo su strada: un bronzo da Tadej Pogačar e un oro da Primož Roglič nella crono maschile.
Il marchio sloveno è stato poi impresso sul debutto di una nuova disciplina ai Giochi Olimpici.
Janja Garnbret ha conquistato la prima medaglia d’oro (femminile) mai assegnata nell’arrampicata sportiva.
E infine la prestazione di quel fenomeno quasi indescrivibile che porta il nome di Luka Dončić.
La squadra slovena maschile di basket è andata a un passo dall’accesso alla finale prima (sconfitta dalla Francia in semifinale per un solo punto) e alla medaglia di bronzo poi (domata dall’Australia).
Nonostante questo, il talento 22enne di Lubiana ha guidato i suoi compagni con un atteggiamento da vero leader.
Non solo con statistiche impressionanti (nella TOP3 del torneo per punti, assist e rimbalzi), ma anche per gesti da uomo-squadra.
Come durante la partita d’esordio, il suo debutto olimpico. Dopo aver segnato 48 punti all’Argentina vice-campione del mondo, a una manciata di minuti dalla fine della partita era a soli 7 punti dalla miglior prestazione di tutti i tempi ai Giochi.
Invece di inseguire un record personale, ha chiesto al coach di farlo sedere in panchina per mettere in ritmo i suoi compagni in vista delle partite successive.
C’è l’amaro in bocca per un podio mancato. Ma con un Dončić così, le ambizioni della Slovenia sono già grandissime in vista di Parigi 2024.
Flop
Il capitolo delle delusioni sembra ingeneroso per atleti che sono arrivati a questi livelli sportivi. Ma non si possono nemmeno ignorare le aspettative della vigilia.
Il caso del serbo Novak Đoković è emblematico.
Arrivato a Tokyo da assoluto dominatore della stagione tennistica, tutti si aspettavano da lui la finale olimpica per puntare al cosiddetto Golden Slam: Australian Open, Roland Garros e Wimbledon (già vinti), US Open e oro ai Giochi Olimpici.
Invece per Đoković è arrivata una cocente sconfitta in semifinale contro Alexander Zverev, prima di abdicare definitivamente nella finale per il terzo posto contro Pablo Carreño Busta.
Zero medaglie - fuori anche dalla finale nel doppio misto - per un tennista che in realtà ha solo mancato un appuntamento quasi irripetibile con la storia.
Non è stata una grande estate olimpica nemmeno per i portabandiera balcanici.
È il caso del croato Josip Glasnović, escluso con il 22° risultato su 29 dal secondo giorno di qualificazioni nella trap (tiro a volo). O anche dello sloveno Bojan Tokić, eliminato ai sedicesimi di finale nel ping pong singolare.
Il discorso però vale in particolare per il Montenegro, che puntava tutto sulla pallanuoto maschile e la pallamano femminile (ai cui capitani aveva affidato la bandiera).
Né la squadra di Draško Brguljan, né quella di Jovanka Radičević sono riuscite ad andare oltre i quarti di finale, facendo sfumare entrambi i sogni di medaglia.
Di qui, il filo rosso di un altro flop. Quello degli sport di squadra.
Oltre al Montenegro, anche per Serbia e Croazia c’era la possibilità di rimpolpare il medagliere con ori e argenti.
Ce l’ha fatta solo la formazione maschile serba di pallanuoto, salita sul gradino più alto del podio nell’ultima giornata di Giochi (sconfitta la Grecia nella finalissima).
Niente da fare per i croati, che hanno chiuso il torneo al 5° posto.
Per le squadre femminili serbe l’obiettivo dichiarato alla vigilia era giocare le rispettive finali.
Se dalla pallavolo è arrivata comunque la medaglia di bronzo, il basket ha riservato una grande delusione. Netta la sconfitta nella finale per il terzo posto contro la Francia, dopo l’eliminazione nella semifinale per mano delle statunitensi.
Da contestualizzare invece le zero medaglie albanesi e bosniache.
Parlare di fallimento per le due delegazioni sarebbe davvero ingeneroso, dal momento in cui nessun atleta era davvero nelle condizioni di poter finire sul podio.
Ma è pur vero che un’edizione olimpica a secco non è un risultato da poter inserire sotto la voce “successo sportivo”.
Ancora di più se già prima che iniziasse l’edizione Tokyo 2020 il Comitato Olimpico Albanese aveva annunciato la necessità di sedersi attorno a un tavolo per capire come far crescere il movimento sportivo nel Paese, a partire dalle scuole.
La scelta dei tempi di questa dichiarazione ha fatto capire che non ci aspettava nulla di significativo dai 9 atleti partiti per il Giappone.
Anche il Comitato Olimpico della Bosnia ed Erzegovina dovrà fare una riflessione sistematica, visto che la pressione era tutta sulle spalle di una nuotatrice quindicenne, Lana Pudar.
Considerata l’età, la sua esclusione per 24 centesimi dalla semifinale nei 100 metri farfalla dà comunque speranze per la sua crescita.
Ma attorno a lei dovrà crescere un ambiente competitivo e di ampio respiro in vista dei prossimi Giochi Olimpici. E non solo nel nuoto.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Per rimanere in tema Olimpiadi, sul bancone di BarBalcani facciamo un tuffo nel passato.
Più precisamente nei Giochi Olimpici invernali di Sarajevo ‘84, all’epoca della Jugoslavia unita.
Ce lo riporta alla mente la birra ‘84 Olympics APA, del micro-birrificio ‘84 Olympics Craft Brewery, con sede nella capitale bosniaca.
Sorseggiando questa American Pale Ale, ci mettiamo a ricordare il passato, a riflettere sul presente e ad immaginare insieme il futuro dello sport sui Balcani.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la seconda tappa di questo secondo anno insieme.
Un abbraccio e buon cammino!
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Io ti ringrazio per aver rinnovato il tuo interesse nel nostro viaggio. Se vuoi fare un’immersione nello scorso anno, qui puoi trovare tutte le tappe della prima stagione.