S5E8. C'è una nuova sceriffa in città
La slovena Marta Kos è la prima commissaria europea responsabile per l'Allargamento Ue proveniente da un Paese dell'ex-Jugoslavia. E per lei si prospetta un mandato con molte sfide piuttosto complesse
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bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter dai confini sfumati.
Novembre 2024 è stato un mese altamente politico. A volte capita, tocca portare pazienza e cercare di capire verso cosa ci stiamo dirigendo.
Dopo il terremoto del ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti (lo puoi leggere qui), l’Unione Europea non è stata a guardare.
La nuova Commissione Europea guidata ancora una volta da Ursula von der Leyen è pronta a entrare in carica il prossimo 1° dicembre, dopo il via libera ricevuto il 27 novembre dal Paramento Europeo.
E con essa, c’è una grossa novità per i Balcani e oltre.
La slovena Marta Kos sarà non solo la prima politica donna ma anche la prima rappresentante di un Paese ex-jugoslavo a guidare la politica di Allargamento dell’Unione Europea.
«Ottenere questo portafoglio è forse la cosa più bella che potesse accadere alla Slovenia, possiamo condividere la nostra esperienza recente del processo di adesione», sono state le parole di Kos nella sua audizione di conferma al Parlamento Europeo lo scorso 7 novembre.
Per lei si prospetta uno dei mandati più complicati e cruciali di sempre per l’inclusione di nuovi Paesi membri, a 20 anni dal “grande allargamento” (in cui è entrata anche la sua Slovenia) e a più di 10 anni dall’ultimo ingresso (la Croazia, altro Paese ex-jugoslavo, nel 2013).
Se riuscirà a siglare nuovi Trattati di adesione e avvicinare in maniera decisiva altri Paesi candidati - nonostante le difficoltà e l’incertezza dello scenario internazionale - la slovena Kos potrebbe a tutto diritto entrare nella storia dell’Europa unita.
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Chi è Marta Kos
Nata il 28 giugno 1965 a Prevalje, Marta Kos è stata campionessa di nuoto slovena e jugoslava e si è laureata in Giornalismo e Scienze Politiche all’Università di Lubiana.
Nella sua carriera di giornalista ha lavorato come corrispondente in Germania per Radiotelevisione Slovenia e per Deutsche Welle. Dal giornalismo è passata alla politica, dirigendo prima l’ufficio stampa del governo e poi diventandone portavoce.
Nel 2013 Kos è stata nominata ambasciatrice slovena in Germania. Nel 2016 la rivista Diplomatisches Magazin l’ha selezionata come ambasciatrice dell’anno e il presidente tedesco, Frank-Walter Steinmeier, le ha conferito la più alta onorificenza, la Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale Tedesca.
Nel 2017 è diventata ambasciatrice slovena in Svizzera, carica che ha ricoperto fino al 2020. Da allora ha lavorato in Svizzera come consulente per aziende e organizzazioni internazionali.
Insieme all’attuale presidente slovena, Nataša Pirc Musar, e alla ministra per la Transizione digitale, Emilija Stojmenova, nel 2021 ha fondato l’Associazione ONA VE per sostenere le donne a essere sempre più presenti nel dibattito pubblico.
Vicina alle posizioni del governo di centro-sinistra del premier Robert Golob, nel 2022 Kos è stata membro e vicepresidente del Movimento Libertà, con cui nel giugno dello stesso anno ha annunciato la candidatura (poi ritirata) alla presidenza del Paese.
Nella primavera del 2024, nel pieno della campagna elettorale per le europee di giugno, è stata indicata come possibile leader delle liste del Movimento Libertà. Dopo aver rifiutato l’offerta, quello di Kos è diventato uno dei nomi più quotati alla carica di rappresentante di Lubiana alla Commissione Europea.
La scelta del primo ministro Golob è ricaduta inizialmente su Tomaž Vesel, prima di lasciare posto proprio all’ex-ambasciatrice in Germania e Svizzera per le pressioni sulla parità di genere all’interno del nuovo Collegio dei commissari.
Una delle questioni che ha incendiato il dibattito pubblico in Slovenia ed è stato trascinato a Bruxelles dal Partito Democratico Sloveno (in quota Partito Popolare Europeo) è la presunta collaborazione con i servizi segreti ai tempi della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.
«Non sono mai stata un’informatrice e soprattutto, quando l’UDBA [Direzione per la sicurezza dello Stato, ndr] è stata sciolta nel 1966, io avevo solo un anno», ha contrattaccato in audizione al Parlamento Europeo la commissaria designata Kos, rispondendo alle domande del gruppo di estrema destra Patrioti per l’Europa.
«Casomai state parlando dell’SDV [Servizio di sicurezza dello Stato, ndr], ma allora ero una studentessa e lavoravo in Germania per il servizio radio di Deutsche Welle». Kos ha messo in chiaro di non sapere chi abbia inserito il suo nome in una lista di persone che avrebbero partecipato alle attività dei servizi segreti jugoslavi:
«Ho letto molte cose su di me che nemmeno io sapevo, ma ho preso sul serio le illazioni nonostante mi abbiano ferita. In quella lista compaiono anche tre ex-primi ministri, tre ex-presidenti della Repubblica e tre ex-membri del Parlamento Europeo. Non so come sono stata inclusa in quella lista, ma chiarisco al vostro cospetto che l’integrità nella mia vita è un valore guida e non voglio che venga intaccata dalla disinformazione».
Non è una novità che i partiti di destra nei Paesi ex-jugoslavi usino l’arma dell’accusa di collaborazionismo con i servizi segreti della Federazione disgregatasi con le guerre degli anni Novanta.
A questo proposito vanno fatte due precisazioni. La prima è che né l’UDBA né la successiva agenzia emersa dopo la riforma del 1966 costituissero un caso più opprimente o sanguinario di qualsiasi altro servizio segreto nel mondo. Sicuramente non possono essere paragonate al KBG sovietico o alla Stasi della Germania Est.
La seconda precisazione riguarda invece cosa si intendeva per ‘informatore’ dei servizi segreti jugoslavi. Qualsiasi cittadino di qualche interesse specifico - soprattutto sul piano professionale - convocato per un interrogatorio informale era classificato come tale dal Servizio di sicurezza dello Stato. Per esempio un giornalista, un diplomatico o un professore di ritorno da una missione all’estero e convocato per un aggiornamento su quanto potesse essere di interesse per l’intera Federazione.
A distanza di oltre 30 anni tutto ciò che riguarda la Jugoslavia può diventare facilmente manipolabile a uso e consumo delle battaglie politiche nazionali. Cioè per screditare un politico o un intero partito.
Proprio quello che, non a caso, ha fatto l’ex-premier e leader del Partito Democratico Sloveno, Janez Janša, nei confronti della commissaria indicata dai suoi avversari politici:
È lei la donna giusta?
Diciamocelo subito. La sfera di cristallo non ce l’ha nessuno.
Alla fine del mandato potremmo dirci che Kos è stata la peggiore commissaria europea all’Allargamento (molto improbabile) o la migliore di sempre (non scontato, ma non da escludere).
Il fatto di essere slovena è senza dubbio un punto a suo favore.
La Slovenia ha fatto ingresso nell’Unione Europea nel 2004 ed è ancora fresco il ricordo delle aspettative e delle celebrazioni per il traguardo raggiunto. Ma anche la consapevolezza dei limiti del processo e del senso di frustrazione di chi attende a lungo il momento dell’adesione.
La Slovenia è anche uno dei Paesi che negli ultimi anni ha spinto di più per accelerare il processo di adesione Ue dei Balcani Occidentali, facendo in modo che non crescesse il senso di ingiustizia per essere lasciati indietro mentre i nuovi candidati ricevevano un trattamento speciale a causa dell’espansionismo russo.
Questo è stato un bene per la Bosnia ed Erzegovina - che è facile immaginare godrà ancora di un’attenzione particolare a Bruxelles - ma in generale per tutta la regione, grazie a obiettivi e scadenze finalmente credibili.
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La sua esperienza di diplomatica di alto livello è un’altra caratteristica di rilievo.
Nella delicatissima fase in cui l’allargamento rappresenta una delle priorità per tutte le istituzioni Ue (dopo lo scoppio della guerra in Ucraina), una personalità esperta e competente è più che mai necessaria nel trattare con i governi dentro e fuori l’Unione.
Servirà capacità di mediazione e compromesso tra le legittime aspirazioni di adesione di Ucraina e Moldova e gli attuali limiti che questi Paesi presentano sull’implementazione delle riforme.
Servirà una voce forte nei confronti del governo della Georgia, che sta allontanando il Paese dal suo futuro all’interno dell’Unione. Ma anche della Serbia di Aleksandar Vučić, cliente difficile sul rispetto dello Stato di diritto e il mancato allineamento alle sanzioni Ue contro la Russia.
Servirà infine una personalità imparziale rispetto al suo Paese di origine, dedita al progetto dell’Europa unita, rispettosa dei limiti e compiti affidateli dai Trattati Ue. Insomma, tutto ciò che non è stato il suo predecessore, l’ungherese Olivér Váhrelyi.
Quali sfide affronterà
“Completare ulteriormente la nostra Unione è un imperativo strategico, economico e morale”, recita così la lettera d’incarico della presidente von der Leyen alla nuova responsabile per l’Allargamento.
Da notare che la carica è tornata a essere di commissaria “solo” all’Allargamento, senza la delega alla Politica di vicinato come negli ultimi 14 anni.
Prima di tutto c’è l’obiettivo di accogliere nuovi Paesi. «Finalmente c’è l’opportunità di chiudere i capitoli con il Montenegro entro fine 2026 e con l'Albania entro fine 2027», ha annunciato Kos nella sua audizione di conferma davanti agli eurodeputati.
Altro tema cruciale per la nuova Commissione - in linea con la precedente - è l’integrazione graduale dei Paesi candidati all’adesione. Vale a dire l’inclusione in programmi Ue specifici con i negoziati ancora in corso, per «dimostrare non solo ai governi ma soprattutto ai cittadini che possono trarre vantaggi anche prima dell’ingresso» nell’Unione.
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C’è poi il capitolo Ucraina. Negli sforzi di ricostruzione «siamo già al lavoro, anche sulle riforme interne grazie allo Strumento per l’Ucraina». Per la futura adesione Ue invece «i progressi dipenderanno dalla durata della guerra», ha avvertito Kos, lasciando però la porta aperta: «La speranza è di avviare i negoziati sul Cluster Fondamentali a inizio 2025».
Tra le questioni più delicate va ricordato lo stallo dei negoziati per l’adesione della Macedonia del Nord, causato dall’opposizione di Skopje a emendare la Costituzione sulla questione delle minoranze etniche. «Il governo macedone deve farlo, la controversia con la Bulgaria va ricomposta secondo i valori Ue», ha tagliato corto Kos.
Sul fronte Serbia-Kosovo si potranno ricercare «nuove modalità» per la risoluzione della contesa. Ma «non prenderemo mai in considerazione uno scambio di territori» tra i due Paesi, come invece potrebbero fare gli Stati Uniti di Trump.
Dopo il congelamento del percorso di adesione Ue della Georgia (allo stadio di candidato) a causa della crisi politica scatenata da Sogno Georgiano e aggravata con i brogli delle elezioni di ottobre, Kos ha ribadito che la «precondizione» per riaprire il dialogo è l’abrogazione delle due leggi che «calpestano valori europei»: quella sugli agenti stranieri e quella contro la comunità LGBTQI+.
Infine, per capire la portata del mandato di Kos, c’è un ultimo settore che sarà affrontato anche dalla commissaria all’Allargamento.
«Allargamento e migrazione sono due facce della stessa medaglia, perché anche i futuri membri dovranno essere pronti a gestirla», ha avvertito la commissaria slovena a proposito del lavoro in coordinamento con il collega responsabile per gli Affari interni, l’austriaco Magnus Brunner.
L’attenzione della Commissione è rivolta anche all’intesa Italia-Albania sulla migrazione, «un accordo bilaterale, non un progetto Ue», ha precisato Kos. Perché se è vero che «considereremo il funzionamento di questo sistema», a Bruxelles non viene nascosto che al momento «lascia molto a desiderare».
L’allargamento dell’Unione Europea nei prossimi cinque anni di mandato della Commissione passerà anche da qui. Nel bene e nel male.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Il bancone di BarBalcani oggi prende ispirazione dalla storia della nuova commissaria europea all’Allargamento per presentare una specialità della sua regione di provenienza.
La Carinzia slovena è famosa per il Mošt, il sidro di mele, bevanda tradizionale ottenuta dalla fermentazione alcolica del succo di antiche varietà di mele.
I principali punti di forza del Mošt prodotto in questa regione montana sono l’utilizzo di frutta non trattata e il processo naturale di fermentazione.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra due settimane, per la nona tappa di questa stagione.
Un abbraccio e buon cammino!
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