XLV. Lo spettro dei Balcani passati
È fitto il mistero su un non-paper inviato dalla Slovenia a Bruxelles per completare la dissoluzione della Jugoslavia, ritoccando tutti i confini nazionali. Preoccupano le reazioni, ma anche i silenzi
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani occidentali nel 30° anniversario dalle guerre nell’ex-Jugoslavia.
L’ex-Jugoslavia, appunto. Mai come oggi il tema è così attuale a livello di dibattito politico europeo.
Perché uno spettro si aggira in Europa: lo spettro dei Balcani passati (doveroso omaggio a Charles Dickens, ma anche al Karl Marx, considerata la ricorrenza del 1° maggio).
Lo spettro dei Balcani passati è un documento ufficioso di cui tutti parlano, ma che nessuno sa di cosa si tratti davvero.
Un non paper sul “completamento pacifico” della dissoluzione della Jugoslavia, sulla ridefinizione di tutti i confini nazionali.
Un mistero che da Lubiana è arrivato a Bruxelles, per ritornare come un boomerang nella penisola balcanica.
Scatenando reazioni indignate e silenzi preoccupanti.
Un mistero d’altri tempi.
Il mistero del non-paper
Le origini del mistero vanno rintracciate nei fatti di inizio aprile.
Nella mattina del 12 aprile i media bosniaci squarciano il cielo dell’informazione con una notizia-bomba: il premier sloveno, Janez Janša, starebbe progettando un oscuro disegno sui confini nella regione.
Secondo le indiscrezioni, il governo di Lubiana avrebbe consegnato tra fine febbraio e inizio marzo un non paper al presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, con indicate le priorità del semestre sloveno dell’UE (al via dal 1° luglio).
Un non paper è un documento ufficioso in cui si presentano proposte informali di accordo.
Nel documento in questione, il premier Janša avrebbe spiegato anche la necessità di completare la “dissoluzione pacifica dell’ex-Jugoslavia”, attraverso una serie di modiche a livello di confini statali.
Fatta eccezione per la Slovenia, sarebbero coinvolti tutti i Paesi balcanici.
Dalla Serbia al Kosovo, fino al Montenegro, la Macedonia del Nord e l’Albania. Ma soprattutto la Bosnia ed Erzegovina, in un quadro etnico già molto complesso.
Solo tre giorni più tardi viene sganciata la seconda notizia-bomba. Il sito sloveno necenzurirano.si pubblica gli stralci del documento, rivelando le parti più controverse.
La sezione del non paper si intitolerebbe “Balcani occidentali - La via da seguire” e lascerebbe poco spazio ai dubbi su come porre fine alle «questioni nazionali irrisolte tra serbi, albanesi e croati»:
Smembramento della Bosnia, con la Republika Srpska assimilata alla Serbia e i cantoni croati alla Croazia. Ai bosgnacchi sarebbe garantito uno Stato indipendente, con la possibilità di scegliere l’adesione all’UE;
Unificazione di Albania e Kosovo, con la minoranza serba tutelata da uno status speciale;
Ridefinizione dei confini di Montenegro e Macedonia del Nord, a favore di un’Albania che inglobi tutte le minoranze albanesi della regione.
Un documento che, se fosse autentico, rappresenterebbe una vera e propria bomba a orologeria nella polveriera dei Balcani.
Ma è proprio questo il punto. SE fosse autentico.
Perché, analizzando le carte pubblicate, sorge qualche dubbio sulla loro veridicità.
Si riscontrano imprecisioni a livello di stesura, di impaginazione, di lessico utilizzato. Approssimazioni a livello formale, anche per un documento informale.
Ecco perché sembra difficile che il mistero del non paper di Bruxelles sia stato risolto dal leak del portale sloveno. Quasi nessun giornale internazionale ha ritenuto credibile la fonte al punto da sbilanciarsi con certezza.
Ma che questo possa confutare l’esistenza del documento fantasma, è tutto un altro discorso.
Il vespaio balcanico
Il primo punto che ci interessa sulla questione dell’esistenza del non paper è il fatto che sui Balcani la polemica non sia rientrata, nonostante i diretti interessati - cioè gli sloveni - abbiano negato tutto categoricamente.
O, per quel che ne sappiamo, che nessuno sembra davvero averne presa visione.
Fatta eccezione per il premier albanese, Edi Rama: «Ho visto il documento, dopo aver discusso dell’idea con il primo ministro sloveno», ha dichiarato alla stampa.
Nessuno gli ha dato molta retta.
Al contrario, su Twitter il premier Janša ha smentito con ferocia ogni voce di un piano segreto:
«L’ultima volta che ho incontrato il presidente del Consiglio Europeo è stata l’anno scorso. Sarebbe stato difficile consegnargli di persona il documento a febbraio o marzo di quest’anno, come riportano i media».
Il premier ha anche ribadito che «il governo sloveno sta seriamente cercando soluzioni per lo sviluppo della regione e la prospettiva europea dei Balcani occidentali», rimbalzando l’accusa di «cercare di impedire tale obiettivo».
Fatto sta che i Balcani occidentali sono diventati un vespaio.
In Slovenia, i partiti di opposizione al governo Janša hanno invitato il ministro degli esteri, Anže Logar, a riferire in Parlamento.
Il presidente serbo, Aleksandar Vučić, si è subito detto estraneo alla vicenda e ha ribadito di sostenere «i confini esistenti della Serbia, con il Kosovo incluso» e quelli «della Bosnia ed Erzegovina, con la Republika Srpska inclusi».
Non solo «la pace e la completa stabilità sono essenziali per la Serbia», ha aggiunto Vučić, ma l’unificazione di Kosovo e Albania «è inaccettabile».
Proprio da Pristina, l’ufficio della neo-presidente Vjosa Osmani ha respinto «qualsiasi confronto che colpisce l’integrità territoriale della Repubblica del Kosovo».
La Macedonia del Nord, attraverso le parole del vice-premier Nikola Dimitrov, ha definito il progetto «pericoloso» e ricordato l’importanza di «non creare Stati più grandi, ma rendere forti le nostre democrazie ed economie nella prospettiva UE».
Miodrag Vlahović, ex-capo della diplomazia di Podgorica, ha fatto notare che, secondo il contenuto del presunto non paper, il Montenegro sarebbe la «vittima collaterale dello scontro tra il nazionalismo serbo e quello albanese».
In Bosnia è stato invece innescato un domino molto pericoloso.
L’ambasciatrice slovena a Sarajevo, Zorica Bukinac, è stata subito invitata per un chiarimento dal membro croato della presidenza bosniaca, Željko Komšić.
Nel frattempo, il membro serbo della presidenza, Milorad Dodik, ha dichiarato che la Repubblica Srpska dovrebbe iniziare un processo di separazione pacifica dal resto del Paese.
Fragili equilibri che sarebbe meglio non mettere alla prova.
[Se vuoi saperne di più, ti consiglio di recuperare la 16ª tappa, “Guerre da freezer”]
Silenzi imbarazzanti
Ma quello che lascia più esterrefatti in tutto questo discorso è la posizione di Bruxelles.
O meglio, la non-posizione sul non paper del Consiglio Europeo.
Per un quadro più completo, ti rimando al pezzo che ti ho preparato su Eunews.
Ma è il caso di soffermarsi con attenzione su questo punto, perché tutto il mistero potrebbe sgonfiarsi alla minima presa di posizione del presidente Charles Michel o del suo entourage.
E invece no. Il silenzio più totale.
Nessuna conferma. Nessuna presa di distanze.
Non che la stampa di Bruxelles stia aspettando “la pappa pronta”, come si suol dire.
Pressati da settimane anche dal sottoscritto - ma soprattutto da colleghi meglio radicati nell’ambiente delle istituzioni europee, come quelli di Politico, Euronews ed Euractiv - gli addetti stampa si rifugiano dietro sterili “no comment”.
«Per il momento, nulla da condividere». «Nessun aggiornamento ancora». «Rimaniamo in contatto, a quando ci saranno novità».
Conversazioni che sanno quasi di un gioco del gatto col topo, dove i ruoli non sono ben definiti. Ma che accendono i riflettori su un approccio discutibile del Consiglio.
Così facendo, non fanno che aumentare i sospetti che qualcosa stia davvero ardendo sotto la cenere.
Oppure, ancora peggio, che si stia deliberatamente disinteressando di una situazione già di per sé instabile.
Giusto per capirci, basterebbe poco per svelare il mistero.
La Commissione Europea, per esempio, non appena interpellata, ha risposto con chiarezza. «Non abbiamo visto né siamo a conoscenza del non paper», ha dichiarato Peter Stano, portavoce dell’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell.
In più, Stano ha ribadito che «sulla questione dei confini nei Balcani, non c’è nulla da cambiare» e l’unico interesse è verso la «cooperazione regionale e la riconciliazione».
Per la Commissione Europea è fondamentale una svolta nel processo di allargamento nei Balcani occidentali. Non può permettersi errori.
[Se hai bisogno di approfondire la questione dell’allargamento UE nella penisola, puoi recuperare la 13ª tappa, “E tu, ci hai mai messo piede?”]
Bisogna ricordare che l’esecutivo UE avrebbe molto più diritto del Consiglio UE a non rilasciare commenti a riguardo.
È una pratica consueta quando una polemica coinvolge un Paese membro e un’altra istituzione europea. Stavolta non è successo, è un segnale.
Chi poteva rimanerne fuori, ha preso le distanze. Chi poteva parlare, si sta nascondendo.
Sulla scena europea si aggira ancora e solo lo spettro dei Balcani passati.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Visto che siamo stati tutto il tempo in compagnia di spettri e misteri, cerchiamo almeno sul bancone di BarBalcani di svelarne qualcuno.
Il nostro oste di fiducia ci mostra un’anfora, con un’etichetta suggestiva: Navis Mysterium.
Il mistero della nave.
Arriva direttamente dalla Croazia, dalla prima cantina sottomarina al mondo.
Lungo la penisola di Pelješa, non lontano da Dubrovnik, si incontra il piccolo villaggio di Drače. Qui, nel pieno dei pregiati vigneti della costa dalmata, l’affinamento del vino avviene in anfore di terracotta calate nel Mar Adriatico.
Il viaggio inizia nel 2013, quando la prima bottiglia di vino rosso fu sommersa per circa 2 anni. L’azienda Edivo ha infatti ottenuto la licenza per l’invecchiamento sottomarino e la vendita del prodotto in anfora.
Il vino viene prodotto con uve coltivate localmente. Dopo essere rimasto imbottigliato in botti di rovere per un anno, viene affondato ad una profondità compresa tra i 18 e i 25 metri, dove invecchia per un altro anno o due.
Ogni 14 giorni un team di sub controlla la cantina sottomarina, intervallando le visite per i turisti organizzate dall’azienda.
In questo lasso di tempo, il liquido rimane sigillato in anfora e non vede la luce del giorno finché non viene aperto per la degustazione.
Ma non è solo il vino a essere un prodotto speciale.
L’azienda spiega che «ogni anfora è un prodotto scultoreo unico», una volta che viene riportata a galla e ripulita attraverso un processo certificato che dura due settimane.
«Coralli, conchiglie e alghe diventano parte del design dell’imballaggio», un vero e proprio «souvenir firmato dal Mar Adriatico».
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la quarantaseiesima tappa!
Un abbraccio e buon cammino!
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Io come sempre ti ringrazio per essere arrivato fino a questo punto del nostro viaggio. Se vuoi saperne di più sulla figura del premier sloveno, ti consiglio di leggere queste tappe (qui puoi trovarle tutte):
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