VII. L'ultimo Stato libero d'Europa
Al confine tra Croazia e Serbia c'è una nazione sovrana di 7 chilometri quadrati: è il Liberland. Nella pandemia Covid-19 sta aiutando anche gli Usa, ma ora vuole finalmente costruire una città-Stato
Ciao,
bentornato a BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani occidentali alla vigilia dei 30 anni dall’inizio delle guerre nell’ex-Jugoslavia.
È agosto, fa caldo, le ferie sono vicine. Ci vorrebbe proprio qualcosa di rilassante.
Tipo una foresta, un fiume, una birra ghiacciata. E una nuova città da costruire nel bel mezzo del niente, dopo aver proclamato l’indipendenza di un nuovo Stato.
No, non sono allucinazioni da colpi di caldo e probabilmente né tu né io ci metteremo mai davvero a costruire una nuova città. Ma qualcuno lo sta provando a fare sul serio.
Andiamo a scoprire il Liberland, l’ultimo Stato liber(tari)o d’Europa.
Nella terra di nessuno
Lungo i 217 chilometri di confine tra Croazia e Serbia il Danubio corre lento e maestoso. È un confine malleabile, conteso in diversi tratti (8 in tutto) tra i due Paesi.
Ma c’è uno spicchio di terra grande quanto Gibilterra, 7 chilometri quadrati sulla sponda croata, non rivendicato. Non dalla Serbia. Non dalla Croazia. È quella che comunemente viene chiamata una no man’s land.
Sembra non interessare a nessuno. Ecco, non proprio a nessuno nessuno…
Era il 13 aprile 2015 quando il ceco Vít Jedlička, membro del Partito dei Liberi Cittadini, decise di sfruttare la dottrina della terra nullius per fondare un nuovo Stato: la Free Republic of Liberland.
Jedlička sosteneva che i confini del Liberland fossero definiti proprio partendo dalle (non) rivendicazioni croate e serbe. Quindi non interferiva con la sovranità di nessun Paese.
Il 18 dicembre Jedlička si autoproclamò presidente e altri 6 seguaci furono nominati ministri e vicepresidenti.
Era formalmente nato il governo del Liberland. Con tanto di bandiera, inno, stemma e sito.
Sono passati 5 anni da quel frenetico 2015 per Jedlička e i suoi utopisti-libertari.
Cinque anni che hanno portato in dote diversi “piccoli” amici: il principe del Liechtenstein, il Somaliland (Stato non riconosciuto), partiti libertari di mezzo mondo e una partnership con la Bitnation.
Non solo. Più di 600 mila persone avrebbero già chiesto la cittadinanza, anche se il numero massimo di liberlandesi (o liberlandiani?) è limitato a 120 mila.
Il problema è che nessuno ci può entrare. Per la Serbia il Liberland non viola i trattati, nonostante lo consideri uno scherzo. Ma la Croazia ha impedito ogni accesso dal suo confine di terra.
Fine dello scherzo. Oppure no.
Vivi e lascia vivere
“Vivi e lascia vivere” è il motto del Liberland, anche declinato in “Liberi ed equi” del suo inno:
(Se te lo stessi chiedendo, no, non c’entra niente con il partito Liberi e Uguali… verrebbe una sincope a Pietro Grasso e a tutti quelli che hanno creduto in quel progetto)
Ma su quali basi ideologiche poggia questa micronazione? Eccole riassunte nella sua Costituzione:
Repubblica come forma di governo. È prevista un’Assemblea e un Consiglio (potere legislativo), un Gabinetto (esecutivo) e 3 Corti (giudiziario).
Liberalismo come dottrina politica. Ogni ostacolo politico e sociale alle libertà del cittadino deve essere rimosso. Le azioni personali non possono essere limitate, a meno che non danneggino l’incolumità altrui.
Liberismo come dottrina economica. La proprietà privata e il libero commercio sono i fondamenti.
Indipendenza economica e politica. Non sono concessi indebitamenti con Stati o legami politici con soggetti e organizzazioni straniere.
Pacifismo. È prevista solo la difesa dei confini da attacchi in atto o imminenti. Ma non esiste controllo sulle armi.
(Quasi) zero tasse. I cittadini devono prosperare senza restrizioni o tasse non necessarie. È prevista un’auto-tassazione volontaria.
Criptomoneta. Non è ammesso nessun monopolio legale della moneta. Per questo il Liberland è la “nazione del Bitcoin”.
Diritti fondamentali. Libertà di parola, di movimento, di espressione. Diritto alla proprietà privata, alla privacy, alla difesa personale e della proprietà privata.
Vale tutto, anche il Covid-19
Sono passati 5 anni da quella folle idea. Da quel momento in poi è stato fatto di tutto per ottenere un riconoscimento internazionale.
Per esempio, il 2015 era il periodo in cui si aprì la rotta balcanica [se vuoi, puoi fermarti un attimo alla tappa 3 di Barbalcani: lì parlavamo delle torture subite dai migranti in Croazia]. Il neo-presidente ebbe un’idea geniale.
Propose alle istituzioni europee di accogliere nel Liberland parte dei profughi siriani, offrendo loro cibo e rifugio, in cambio del riconoscimento dall’Unione Europea.
Nel 2020, nel pieno della pandemia Covid-19, il Liberland ha lanciato una campagna di aiuti alle altre nazioni per procurare mascherine e respiratori.
Il presidente Jedlička, durante il discorso del 5° anniversario dalla fondazione della Repubblica, ha annunciato un accordo con aziende cinesi per la fornitura di 600 visiere protettive per la Croazia e 600 mila respiratori per gli Stati Uniti.
Ovviamente il Liberland non è in grado di produrre materiale biomedicale - non esistendo ancora una città - ma può contare su campagne di fundraising attivate dai suoi sostenitori e coordinate dal Liberland Coronavirus Response Centre.
Una città-Stato di alghe
Il Liberland non esiste, dicevamo. Cioè, intendiamoci, esiste nelle intenzioni di 600 mila persone in giro per il mondo.
Il fatto è che nel 2020 quei 7 chilometri quadrati a ridosso del Danubio sono ancora terra vergine.
Qualcosa potrebbe cambiare presto, però.
A maggio è stato lanciato il concorso di progettazione urbana Liberland Design Competition 2020 [se sei un architetto, fino al 16 agosto puoi registrarti qui].
Servono soluzioni innovative e fuori dagli schemi, ma allo stesso tempo realizzabili, per la sopravvivenza della città-Stato.
La micronazione si sta aprendo agli architetti internazionali per progettare la sua struttura futura. Allo stesso tempo offre loro la possibilità di liberare il loro estro creativo inespresso “all’estero”.
Un esempio di questa apertura è stato un altro contest, che ha lanciato la competizione di design urbano: la Liberland Architecture Conference and Competition (online il 16 maggio).
Vincitore di questa prima competizione è stato lo studio Raw-Nyc Architects, guidato da Raya Ani [qui le tavole del progetto].
La soluzione urbana ha diversi punti di forza per le necessità del Liberland, tra cui versatilità demografica, sostenibilità ambientale e autosufficienza:
strati di città sovrapposti verticalmente, che possono essere aggiunti con l’aumentare della popolazione;
strato inferiore adibito all’agricoltura urbana delle alghe, per la produzione di cibo ed energia e il controllo delle emissioni di CO2;
tutti i servizi a massimo 20 minuti a piedi, per minimizzare l’uso delle auto;
focus su risparmio energetico e trattamento dei rifiuti, per mantenere una metropoli autoalimentata e a basso inquinamento.
La strada è tracciata: architetti di tutto il mondo, concorrete!
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
E così siamo arrivati alla fine della settima tappa. Oh, a oggi una città nel Liberland nemmeno esiste… cosa pensavi, di trovarci un bar?
Se ti dovesse capitare di andarci, il massimo che potresti bere sarebbe l’acqua del Danubio. Ma anche no, dai.
Però BarBalcani non avrebbe senso di chiamarsi così se non ti consigliasse qualcosa con cui dissetarti in qualsiasi luogo della penisola. Capisco che ormai ci siano delle aspettative. Non le tradirò.
E allora, se davvero verrà mai costruita una città-Stato piena d’alghe per mille utilizzi, perché non dovremmo aspettarci che un oste liberlandiano (o liberlandese?) ci offra qualcosa a base di alga sul suo bancone?
Magari un gin alle alghe, come già ne esistono in Europa, tra l’Irlanda e il Portogallo.
Un’esperienza di freschezza unita a un’intensità fuori dal comune. Un’aroma persistente di alga che lo rende perfetto al palato con specialità di pesce crudo, non solo di mare, ma anche di fiume.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per l’ottava tappa! Un abbraccio e buon cammino!
Come sempre mi sento di ringraziarti per avermi fatto compagnia durante questo viaggio. Se ti fossi perso qualche tappa, qui puoi recuperarle tutte: dalla seconda ondata di coronavirus, alla parità di genere, fino ai foreign fighters di ritorno e ai migranti torturati in Croazia. E molto altro!
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