Sfortunate, ma insieme
Albania, Croazia, Serbia e Slovenia sono le 4 nazionali balcaniche impegnate agli Europei di calcio 2024. Sono capitate nei gironi più difficili, ma in coppie. E questo può facilitare il loro cammino
Mal comune, mezzo gaudio. Chissà come si traduce sull’altra sponda dell’Adriatico: è questo il destino delle quattro nazionali balcaniche agli Europei di calcio in programma in Germania dal 14 giugno fino al 14 luglio. Le squadre che si sono qualificate, Albania, Croazia, Serbia e Slovenia, sono tra i gironi più difficili dei sei totali. Fin qui, il mal comune. Il mezzo gaudio sta nel fatto che Albania e Croazia saranno avversarie nel gruppo B con Italia e Spagna, Serbia e Slovenia invece nel C con Inghilterra e Danimarca.
Con l’ormai collaudata formula a 24 squadre (giunta alla terza edizione), che prevede la qualificazione agli ottavi di finale delle prime due di ogni raggruppamento con le quattro migliori terze, essere capitate assieme offre a qualcuna di loro più possibilità di avanzare alla fase a eliminazione diretta. Proviamo a capire a chi.
Girone B
Albania
L’allargamento dell’Europeo a 24 squadre è funzionale per concedere un’opportunità a nazionali di minor prestigio, ma in crescita. L’Albania ne ha approfittato qualificandosi nel 2016 per la prima volta e riuscendoci anche nel 2024, in maniera ancor più sorprendente.
La squadra di Sylvinho, allenatore dalla carriera interlocutoria con incarichi da vice nell’Inter e nel Brasile (con Mancini e Tite) ed esperienze fallimentari al Lione e al Corinthians, ha addirittura vinto il suo gruppo di qualificazione. Un risultato ottenuto contro nazionali più quotate, Polonia e Repubblica Ceca, che aveva permesso all’Albania di inserirsi in seconda fascia al momento del sorteggio. La sorte però ha condannato le Aquile a pescare le peggior avversarie possibili in terza e quarta fascia, la Croazia e l’Italia. Affrontare le potenze evitate fin qui sarà un problema per la squadra di Sylvinho, che dovrà abituarsi ad avere meno il pallone e a lunghe fasi di difesa a oltranza. Non il massimo per una formazione ambiziosa, schierata in genere con il 4-3-3, con due esterni puri e due mezzali creative come l’interista Asllani e il giocatore del Sassuolo Bajrami.
Una rosa ricca di giocatori della Serie A (i due Berisha, Hysaj, Djimsiti, Ismajli, Ramadani, Kumbulla), costruita usando la persuasione e la tecnologia. Dei 26 convocati, solo 7 sono nati in Albania, una normalità per uno Stato che da anni vive una vera e propria diaspora. Ciò presuppone un lungo lavoro di ricerca della federazione e dello staff tecnico di tutti i giocatori con origini albanesi in Europa e nel mondo, molti dei quali devono poi essere convinti a scegliere il Paese di origine invece di quello in cui sono nati o stati accolti.
Da anni il reclutamento viene facilitato dall’uso di un algoritmo, predisposto già dal 2017 dal match-analyst italiano Alarico Rossi, che lo ha raccontato a Sky Sport. Questo sistema permette di monitorare circa 800 giocatori nel mondo, sparsi in più di 40 campionati e convocabili dall’under 15 alla nazionale maggiore. I parametri si basano anche su fattori tecnici. Sylvinho ha incentivato la ricerca di esterni offensivi, trovati nei vari Asani, Seferi, Muçi. A loro si aggiungono gli attaccanti Manaj e Broja, quest’ultimo di proprietà del Chelsea e su cui poggiano molte aspettative.
Croazia
È la certezza di questa parte di mondo, almeno fin quando Luka Modrić giocherà. Il centrocampista del Real Madrid è il simbolo dell’acquisito status di potenza di questa squadra, seconda e terza negli ultimi due Mondiali, ma diventa anche una chiave di lettura per interpretarne il futuro. Finora è stato il perfetto traghettatore tra le varie generazioni, dalla sua, di Perišić e Vida fino a quella di Brozović e Kovačić prima e di Gvardiol e Stanišić ora. Ottanta, Novanta e Duemila ancora insieme, ma per quanto?
I segni di usura esistono: le qualificazioni sono state complicate dalle sconfitte contro Galles e Turchia, lo stesso Modrić è reduce dalla prima stagione da comprimario al Real, la rottura del crociato al Tottenham ha indotto Perišić a ritrovare minutaggio a fine stagione all’Hajduk Spalato, Brozović si porta dietro i dubbi di chi ha affrontato i ritmi meno probanti del campionato saudita. A ciò si aggiunge la mancanza cronica di attaccanti di alta caratura. I centravanti a disposizione sono Budimir e Petković, tra gli esterni del 4-3-3 si può scegliere tra Perišić, Pašalić, Vlašić, Pjaca: nomi che evocano sorrisi in tutti gli appassionati di Fantacalcio, ma anche qualche dubbio.
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Se l’età media alta può essere un limite, il rovescio della medaglia è l’esperienza di chi gioca insieme da tanto ad alti livelli e con uno stile di gioco consolidato. Baricentro basso senza paura di difendersi, ma anche una straordinaria capacità di gestire il possesso palla grazie alla qualità del trio di centrocampo Modrić-Kovačić-Brozović e a un’altra serie di giocatori, come quelli sopracitati e i vari Kramarić e Majer, magari sprovvisti di colpi risolutivi, ma da anni inseriti bene in questo contesto tattico di ritmi di gioco lenti, difesa posizionale e ripartenze. Un insieme di mezzali, trequartisti, falsi esterni e mezze-punte, di ottima o discreta tecnica, che da anni rende la Croazia una squadra difficile da affrontare.
Sarà interessante notare l’apporto dei più giovani: Gvardiol è stato la rivelazione del Mondiale e si è confermato al City, Stanišić è stato protagonista del Bayer Leverkusen campione di Germania. I due hanno dato nuovo spessore alla difesa. Quello che ci si augura da Martin Baturina (2003, Dinamo Zagabria) e Luka Sučić (2002, Salisburgo) a centrocampo, per far sì che la Croazia resti ai vertici anche quando Modrić deciderà di fare altro.
Dove potranno arrivare
L’Albania nei pronostici è destinata a essere la vittima sacrificale. Italia e Croazia non sono al massimo del loro splendore, ma hanno più esperienza e qualità, la Spagna è la favorita del gruppo. Sylvinho può approfittare di due eventuali stati d’animo delle avversarie: la scarsa concentrazione con la quale potrebbero affrontare la sua squadra, oppure il rischio di nervosismo che avrebbero in quella che per tutte è la sfida da non sbagliare. È una formula scontata, ma molto pertinente: l’Albania può approfittare del vantaggio di non avere pressioni.
La Croazia ha sempre fatto le cose migliori ai Mondiali e non agli Europei. I suoi cammini negli ultimi anni non sono mai stati manifesti di superiorità: qualificazioni sofferte agli ottavi e poi tutte partite risolte ai supplementari o ai rigori. Significa che è una squadra che sa maneggiare la tensione della sfida a eliminazione diretta. L’esordio con la Spagna rischia di essere già decisivo: perderlo vorrebbe dire ritrovarsi subito in una situazione di affanno, viceversa siamo pronti a giurare che la squadra di Dalić (ct in carica dal 2017) possa diventare la mina vagante anche di questo torneo.
Girone C
Serbia
Tutto ciò che è stato scritto per la Croazia è ribaltabile per la Serbia. Una nazionale da anni ricca di talento, soprattutto offensivo, ma che non è mai stata in grado di canalizzarlo in un’identità tecnico-tattica che la trasformasse in una squadra competitiva. Non qualificata agli Europei del 2021, eliminata al primo turno negli ultimi due Mondiali nonostante due gironi non così complicati e i cui unici ricordi non sono calcistici, ma dettati dalle tensioni nate nelle due partite contro la Svizzera e le esultanze politiche dei suoi giocatori di origine kosovara e albanese. Nonostante ciò è rimasto il ct dell’ultimo Mondiale, Dragan Stojković.
Insisterà sulla difesa a tre e dovrà prendere delle decisioni in attacco. Finora non si sono mai visti assieme Tadić, Milinković-Savić, Vlahović e Mitrović, i giocatori che assicurano qualità, giocate e gol. Su tutti loro pende un interrogativo: Milinković e Mitrović, pur brillando con il vittorioso Al Hilal, sono da rodare dopo l’anno in Arabia Saudita. L’attaccante della Juventus non è mai riuscito a convivere bene con Mitrović, vero goleador della squadra, ed è sempre preda della sua altalena emotiva. Tadić va per i 36 anni e anche lui ha trascorso l’ultima stagione in un campionato meno competitivo come quello turco, chiudendo comunque con 16 gol e 17 assist al Fenerbahçe. Non saranno mai schierati tutti titolari salvo situazioni disperate, con Milinković sulla trequarti e mai mezzala come nei suoi anni alla Lazio.
La colonia della Serie A è ben rappresentata dai vari Ilić, Samardžić, Kostić, Milenković, l’altro Milinković-Savić, senza dimenticare Pavlović, Lukić, Gudelj, giocatori di comprovata qualità, ma che non sono mai riusciti a trasformare il potenziale della Serbia in qualcosa che la elevasse dal limbo di mediocrità in cui si è infilata. Che questa possa essere la volta buona?
Slovenia
In Italia è molto famoso il detto del dirigente del Lecce Pantaleo Corvino, straordinario uomo mercato specializzato in Balcani (Jovetić, Vučinić, Vlahović, in ultimo Ramadani), per cui «si può anche sbagliare moglie, ma mai il portiere e il centravanti». In Slovenia sono tranquilli. Jan Oblak, portiere fenomenale dell’Atletico Madrid, e Benjamin Šeško, centravanti del 2003 che ha iniziato a spaccare le porte in Germania con il Lipsia, sono le due certezze del ct Matjaž Kek.
Tra di loro, centraloni difensivi a loro agio nel difendere in area (c’è Bijol dell’Udinese), terzini adattati anche a esterni di centrocampo nel 4-4-2 (come Stojanović della Sampdoria), un mix di giocatori iper-atletici (Lovrić dell’Udinese, Kurtić del Südtirol, Čerin del Panathinaikos) e creative ali o seconde punte (Mlakar del Pisa, Zajc ex-Empoli ora al Fenerbahçe, Šporar del Panathinaikos) deputate al sacrificio e ad azionare Šeško, la grande speranza del presente e del futuro. Un attaccante grosso (195 cm), ma dalla tecnica pulita, dall’ottima coordinazione al tiro e soprattuto a suo agio in spazi aperti. Lo stile della Slovenia, destinata a presentarsi con un baricentro basso in virtù anche delle avversarie da affrontare, è adeguato alle sue caratteristiche.
La nota romantica è però la presenza di Josip Iličić, rigeneratosi in patria al Maribor dopo guai fisici e soprattutto problemi depressivi che avevano caratterizzato i suoi anni all’Atalanta dallo scoppio della pandemia di Covid-19. Gli sloveni confidano negli ultimi sprazzi di talento del 36enne e nelle parate di Oblak, fenomeno generazionale che meritava di raggiungere una vetrina simile con la sua nazionale. Se dovesse andar bene, tanto di cappello. Se dovesse andar male, ci si può consolare con il ciclismo e il basket.
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Dove potranno arrivare
L’Inghilterra sulla carta è ingiocabile per le altre squadre del gruppo. La Serbia soprattutto può fare la corsa sulla Danimarca, squadra di egual talento, ma più organizzata e abituata a certi appuntamenti (semifinalista nel 2021). L’esordio contro Bellingham e compagni può essere complicato da gestire: in caso di probabile sconfitta, subentrerebbe subito la tensione della vittoria obbligata nelle altre partite, dinamica sempre disattesa negli ultimi appuntamenti.
La Slovenia, come l’Albania nel girone B, rischia gli zero punti. L’esordio con la Danimarca è un bel test per verificare le ambizioni della squadra, seguito dalla partita con la Serbia in cui si potrebbe far leva sulle agitazioni degli avversari. Nel 2000, ultimo Europeo della Slovenia, arrivò un pareggio in rimonta per 3-3 contro l’allora Jugoslavia. Una vita fa.
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