S5E14. Bisogna ascoltare la voce degli studenti serbi
A tre mesi dall'inizio delle proteste contro il regime di Vučić, le loro richieste sullo stato di diritto rimangono ancora inascoltate. Ma l'enorme supporto popolare permette loro di non arrendersi
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In Serbia è emersa una nuova generazione politica. Sfidando la corruzione del regime del presidente Aleksandar Vučić, da mesi decine di migliaia di studenti stanno protestando senza sosta.
Stato di diritto, democrazia, uguaglianza davanti alla legge, trasparenza e responsabilità penale. Questi sono i principi per cui gli studenti serbi si battono dopo il crollo della tettoia della stazione ferroviaria di Novi Sad il 1° novembre 2024.
Ora è il momento di ascoltare le loro voci, le loro richieste, le loro aspirazioni e le loro delusioni. Perché questa è l’unica cosa che conta.
A Belgrado BarBalcani ha condotto un approfondito confronto con tre rappresentanti degli studenti della Facoltà di Informatica e Ingegneria dell’Università di Belgrado: Lenka Vučković, 19 anni, studentessa di Ingegneria Elettrica; Milica Ivković, 22 anni, studentessa di Elettronica; e Anja Despotović, 25 anni, studentessa di Ingegneria Biomedica.
Lasciamo che siano loro a spiegare perché gli studenti stanno ricevendo un enorme sostegno dalla popolazione e perché la loro lotta è solo agli inizi.
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Una necessità inaspettata
Dopo quasi tre mesi di proteste quali sono le vostre richieste alle autorità?
Lenka: «Siamo fermamente convinti delle nostre richieste iniziali. Pensiamo che la nostra forza risieda nel fatto che sono universali e che chiunque può capirne il significato. Stiamo parlando di diritti fondamentali, che tutti possono e devono sostenere.
Tuttavia, dopo tre mesi, siamo ancora qui perché le nostre richieste non sono ancora state soddisfatte. Non arretriamo, questa è la nostra posizione ferma, e utilizzeremo ogni mezzo che ci permetta di aumentare la pressione e continuare questa lotta».

Avete paura di una nuova ondata di violenza da parte del regime?
Milica: «Speriamo che nessuno usi violenza contro di noi, perché è proprio contro questo che stiamo lottando, e non è questo il modo in cui chiediamo che le nostre richieste siano soddisfatte».
Anja: «Non ci aspettiamo che le nostre richieste vengano soddisfatte rapidamente, l’obiettivo finale è la responsabilità penale. Per questo abbiamo bisogno di un sostegno esterno, formale e informale, per garantire il normale funzionamento delle istituzioni. Fino ad allora continueremo a fare ciò che sappiamo fare meglio: mobilitare la società, diffondere la solidarietà e il movimento sociale. Avremo bisogno sia del sostegno esterno sia del sostegno della società serba».
Lenka: «Attraverso la diaspora abbiamo già ricevuto un incredibile sostegno dall’estero. La maggior parte delle persone che sono partite non volevano farlo e amano ancora questo Paese, come tutti noi. Questa lotta non sarebbe possibile se non amassimo la Serbia. I serbi hanno guidato le proteste nelle principali città d’Europa e degli Stati Uniti. È davvero commovente vedere che le persone che sono andate via principalmente per le implicazioni del sistema di potere hanno fiducia in noi».
Milica: «Gli amici che studiano fuori dalla Serbia hanno tutti intenzione di tornare un giorno. Stanno protestando per sostenerci in tutto il mondo anche per questo motivo».
Quali risultati vi aspettate da questa ondata di proteste? Le elezioni sono un’opzione?
Anja: «Le elezioni in questa fase non sono un’opzione, perché è chiaro che il sistema elettorale è completamente truccato e le elezioni vengono rubate attraverso diversi metodi di frode. Inoltre, la Commissione Elettorale non è imparziale ed è controllata dal governo.
Per ora non abbiamo la capacità o i mezzi, mentre i partiti di opposizione dovrebbero concentrarsi sulla questione, per garantire che siano soddisfatte le condizioni per elezioni libere ed eque. Solo dopo potremo parlare di nuove elezioni. Penso che per questo abbiamo bisogno anche del sostegno dell’Ue, sarebbe significativo per la nostra causa».
Lenka: «Questo non è il nostro campo, siamo studenti. Nessuno di noi voleva pensare così tanto alla politica, ma è diventata una necessità. È importante sottolineare che il movimento studentesco è riuscito a innescare le proteste e a smuovere il Paese, ma non possiamo essere l’unica parte della soluzione. Abbiamo bisogno dell’aiuto della nostra gente e di chiunque sia disposto a cambiare la situazione».
Milica: «Quello a cui stiamo assistendo nelle nostre università è la forma più pura di democrazia, una sorta di ‘pensare globale, agire locale’. Al momento non ci fidiamo dei partiti di opposizione, valuteremo cosa faranno».
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L’“estrema” delusione
Le vostre richieste di trasparenza e rispetto dello stato di diritto sono in linea con i criteri di adesione all’Ue della Serbia. Siete delusi dalla mancanza di un chiaro sostegno da parte di Bruxelles?
Milica: «Tutto ciò per cui stiamo lottando è fondamentalmente il rispetto dei diritti umani. Personalmente non vedo alcun motivo per cui qualcuno non dovrebbe sostenerci».
Anja: «Siamo estremamente delusi dalla mancanza di sostegno da parte di Bruxelles, dei funzionari dell’Ue e degli Stati membri. L’interesse dei media europei è stato minimo fin dall’inizio. Ci sentiamo come se fossimo stati lasciati soli in questa lotta per la giustizia, che non sembra importante e significativa per l’Ue.
Non capiamo esattamente il perché, dato che la Serbia è un Paese candidato all’adesione all’UE e geograficamente si trova in Europa. Inoltre, gli obiettivi che vogliamo raggiungere con le nostre richieste sono i valori europei».
Lenka: «Vediamo che mettono i loro interessi al di sopra dei loro valori fondamentali, soprattutto quando si tratta del nostro territorio, la nostra qualità di vita, la nostra democrazia e il nostro popolo».
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Il futuro della Serbia è all’interno dell’Unione Europea o al di fuori di essa?
Lenka: «Questa è una domanda che non devono porsi gli studenti, ma le istituzioni che ascoltano le voci e i desideri delle persone. Non abbiamo una posizione sulle questioni internazionali, è qualcosa che deve essere deciso attraverso il voto».
Milica: «Prima dobbiamo affrontare la situazione nel nostro Paese, e solo dopo occuparci delle altre questioni internazionali».
Anja: «I nostri valori sono vicini a quelli europei, per noi l’Europa è il posto logico dove stare, ma non possiamo decidere come studenti. Allo stesso tempo, siamo grati per il sostegno del Parlamento Europeo, ne abbiamo bisogno. Questo è un passo nella giusta direzione».
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Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
A Novi Sad, BarBalcani ha finalmente trovato la sua casa: la barba bar. Questa era una delle idee iniziali per il nome di questa newsletter, quando il progetto è iniziato nel 2020!
Dietro il bancone, Pedja ci accoglie con un grande sorriso e ci invita a visitare presto la nostra casa comune:
«Vi aspetto qui a ‘la barba bar’ per una rakija, tutti insieme!»
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra due settimane, per la quindicesima tappa.
Un abbraccio e buon cammino!
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