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The Yugoslav Wars // Le guerre in Jugoslavia
Gennaio '92. È finito il tempo del caffè
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Gennaio '92. È finito il tempo del caffè

Gennaio 1992.

Il 1991 nell’ormai ex-Jugoslavia si è chiuso con la promessa di riconoscimento internazionale della Slovenia e della Croazia [puoi recuperare qui l’ultimo episodio di BarBalcani - Podcast].

Ma anche con le minacce per l’esistenza della Bosnia ed Erzegovina come Stato sovrano, sia per le tensioni interne sia per le mire egemoni dei vicini serbi e croati.

Il nuovo anno si apre con le stesse questioni.

Non più solo sul tavolo, ma sul campo.


Il riconoscimento di Slovenia e Croazia

Il riconoscimento delle nuove Repubbliche indipendenti da parte dell’Europa è un tema che si protrae dal giugno del 1991, ma da qualche settimana ha assunto una rilevanza nel dibattito pubblico.

Anzi, è diventato il cuore della politica estera nei Balcani.

Non è un caso se il 13 gennaio il Vaticano riconosce l’indipendenza di Slovenia e Croazia, discostandosi dalla propria prudenza secolare per mandare un messaggio alla comunità internazionale.

Il tacito appoggio alla Serbia di Slobodan Milošević è immorale.

Che sia merito o meno della Santa Sede, solo due giorni dopo la Comunità Europea segue l’esempio.

La Slovenia ha adempiuto a tutti gli obblighi internazionali. Alla Croazia viene solo chiesto di emendare la Costituzione con una più precisa tutela delle minoranze.

A Zagabria si canta Danke Deutschland.

Diverso è il discorso per la Macedonia.

Secondo il responso della Commissione Badinter sulle richieste di riconoscimento presentate a dicembre, anche quella di Skopje ha tutti i requisiti per essere accettata.

Ma la Grecia pone il veto sull’indipendenza macedone.

Atene non accetta quello che considera uno «Stato irredentista», come dimostrerebbe il nome (uguale a quello della regione egea della Grecia) e la bandiera (la stella a otto punte di Alessandro Magno).

Il risentimento cresce al punto che Milošević si sente in diritto di proporre al primo ministro Konstantinos Mitsotakis una spartizione della Macedonia e la creazione di legami confederali tra Serbia e Grecia.

Mitsotakis rifiuta, ma le simpatie reciproche rimangono forti.

La bandiera della Repubblica di Macedonia

I rapporti sui Balcani si vivono sul filo del rasoio. Spesso succede che su quel filo si scivoli e scorra il sangue.

Mentre i Dodici della CEE cercano di trovare una soluzione pacifica, il 7 gennaio nei cieli di Varaždin succede l’impensabile.

Un missile aria-aria lanciato da un MIG federale colpisce l’elicottero AB-205 con le insegne della missione europea. L’Armata Popolare Jugoslava (JNA) ammette che è stato «un tragico errore».

Muoiono un militare francese e quattro italiani: Jean-Luc Ejchenne, Silvano Natale, Fiorenzo Ramacci, Enzo Venturini e Marco Matta. Quest’ultimo, il 7 gennaio 1992, compiva 28 anni.

I soldati occidentali cadono in Croazia. Ma non vengono mobilitati in Bosnia ed Erzegovina.

L’8 gennaio il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approva l’invio di una forza di pace da 10 mila uomini nel quadro del Piano Vance tra la Croazia e la Serbia.

Nessuno però pensa di dispiegarne una parte lungo i confini della Bosnia a scopo preventivo.

Lì dove più servirebbero.

Resti dell’elicottero abbattuto della missione di pace europea (7 gennaio 1992)

La Bosnia tra indipendenza e dissoluzione

Ormai da qualche mese la situazione in Bosnia è particolarmente tesa. Ma è all’inizio del 1992 che i presupposti per la guerra prendono un ritmo sempre più veloce.

Sulla scorta delle decisioni dei due mesi precedenti, il 9 gennaio i serbo-bosniaci guidati da Radovan Karadžić tratteggiano i confini della Repubblica serba della Bosnia ed Erzegovina (Republika Srpska).

Ne fanno parte sei province autonome serbe (SAO), ovvero la SAO Erzegovina, la SAO Krajina bosniaca, la SAO Romanija, la SAO Šemberija, la SAO Bosnia Nord-Orientale e la SAO Ozren e Posavina.

«La Bosnia ed Erzegovina unita non esiste più».

È questo il commento sprezzante del nuovo presidente della Republika Srpska.

Ma nell’ombra anche i croato-bosniaci stanno facendo i loro piani per gravitare attorno alla “madrepatria” nel caso di un conflitto nella Repubblica.

Le modalità adottate accelerano ancora di più il cammino verso la guerra in Bosnia.

A fine gennaio il presidente della Croazia, Franjo Tuđman, decide di sostituire forzatamente il capo dell’Unione Democratica Croata di Bosnia (HDZ).

Il mercante d’armi ed estremista Mate Boban prende il posto del moderato Stjepan Kljuć, fautore della collaborazione con i bosgnacchi.

Le sei SAO in Bosnia ed Erzegovina (1992)

A trovarsi con il cerino in mano sono proprio i bosgnacchi (la componente etnica musulmana) del presidente della Bosnia, Alija Izetbegović.

È l’unico che ancora vuole una «Repubblica di cittadini», dove tutti godano degli stessi diritti, a prescindere dalla fede religiosa. I suoi detrattori - Karadžić in primis - lo accusano invece di voler creare «uno Stato islamico nel cuore dei Balcani».

Ma il colpo fatale arriva dall’Occidente.

Non solo rimangono inascoltate le sue ripetute richieste (già da luglio del 1991) per un contingente di caschi blu dell’ONU in Bosnia. A metà gennaio la CEE prende una decisione che assomiglia al detonatore di una bomba.

Per accettare la richiesta di riconoscimento internazionale della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina viene chiesto a Sarajevo di organizzare un referendum a cui deve partecipare almeno il 50 per cento degli aventi diritto al voto.

Per la vittoria del sì all’indipendenza servirà una maggioranza dei due terzi dei voti validi.

Di base i bosniaci non vorrebbero la dissoluzione della Jugoslavia, ma solo più autonomia. Inoltre, sono state le Repubbliche maggiori a scatenarla.

Ultimo, ma non per importanza, da Belgrado arriva un secco rifiuto a «qualsiasi indebolimento della Federazione». Così viene vista la proposta di una confederazione tra Bosnia, Serbia e Macedonia.

È in questo clima che viene indetto il referendum per l’indipendenza della Bosnia.

Il presidente della Bosnia ed Erzegovina, Alija Izetbegović

Il 25 gennaio il Parlamento bosniaco convoca gli elettori alle urne per il 29 febbraio e il 1° marzo.

I serbo-bosniaci reagiscono con una violenta campagna di stampa contro i musulmani di Bosnia e i più estremisti cercano di far saltare in aria la moschea Ferhadija, monumento cinquecentesco a Banja Luka.

Le tensioni non sono più conciliabili ed è ormai realtà il presagio del politico Ejup Ganić:

«Questa è pur sempre la Bosnia. Tre opinioni sulla stessa cosa, sulle quali non è possibile andare d’accordo e che, tuttavia, sei costretto ad ascoltare sorseggiando il caffè. Il buon caffè bosniaco, questa bevanda nera e calda che, insieme alle manovre dei politici, assicura la salvezza di questa repubblica e non permette che vi scorrano fiumi di sangue. Quando non sarà più possibile prendere insieme il caffè… non voglio nemmeno pensarci».

Il tempo del caffè in Bosnia è finito. È quasi giunto il tempo delle armi.

Seguendo il Piano Ram per la creazione della Grande Serbia, il grosso delle truppe della JNA disimpegnate dal territorio croato a partire dal 2 gennaio passa in Bosnia ed Erzegovina.

Dall’inizio della storia della Jugoslavia la Bosnia è considerata l’ultimo baluardo di difesa in caso di invasione straniera. Ironia della sorte è proprio qui che si profila lo scenario di una guerra civile atroce.

Le forze federali dislocano sul territorio bosniaco sei corpi d’armata (circa 100 mila soldati), mille mezzi blindati, 800 carri armati, più di 4 mila mortai e pezzi d’artiglieria, 100 aerei e 50 elicotteri.

C’è un esercito in Bosnia, che controlla tutti gli snodi strategici: vie di comunicazione, infrastrutture e dintorni delle città.

Con 16 mila soldati federali e 700 cannoni, Sarajevo è la città più militarizzata d’Europa.

Il senso di sicurezza e la buona collaborazione con le autorità federali da parte dei bosgnacchi, che già a novembre avevano consegnato tutte le armi della Difesa territoriale, rischiano di essere fatali.

Soldati dell’Armata Popolare Jugoslava, 1992

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A questo link puoi trovare il riassunto del 1991 di BarBalcani - Podcast.

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