S5E3. Ai nazionalisti macedoni piace davvero tanto l'ellenismo
Il nuovo governo di destra ha annunciato la ripresa del contestato progetto 'Skopje 2014' per la trasformazione urbanistica della capitale. In un contesto di aumento delle tensioni con i Paesi vicini
Caro lettore, cara lettrice,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter dai confini sfumati.
Hai mai fatto caso a qual è o quali sono gli stili architettonici che caratterizzano l’urbanistica della città in cui vivi?
Forse sì, forse no. Ma se da un anno all’altro cambiassero radicalmente, non sarebbe tutto molto evidente, se non proprio scioccante?
È questa una chiara dimostrazione del fatto che la politica non è qualcosa di distante dalla vita dei cittadini. Ogni decisione presa da chi esercita il potere ha conseguenze dirette sulla quotidianità. Dalle leggi da osservare fino alle strade in cui camminiamo.
Se stai pensando che non si tratti altro che di fantasia o speculazioni teoriche, c’è una città europea che l’ha già sperimentato. E ora, sotto le forti spinte nazionaliste del nuovo governo al potere, sta vedendo ritornare il tema dell’urbanistica in cima all’agenda politica nazionale.
Skopje, la capitale della Macedonia del Nord. Assediata da una schiera di monumenti, targhe, ponti ed edifici in stile neoclassico/ellenistico.
Cos’è il progetto ‘Skopje 2014’
Era il 2010 quando il partito nazionalista di destra Vmro-Dpmne (Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone), guidato dall’allora primo ministro Nikola Gruevski, annunciava la volontà di ricostruire parte della capitale andata distrutta con il terremoto del 1963, in stile neoclassico e con accento ellenistico.
Con stile neoclassico in architettura si intende il recupero di forme classiche (come le colonne doriche, ioniche e corinzie), l’uso del marmo e di schemi geometrici. L’ellenizzazione è invece una tendenza di assimilazione culturale a un immaginario storico/mitologico risalente all’epoca che va dalle imprese di Alessandro Magno (IV secolo a.C) fino all’affermazione dell’Impero Romano.
Una vera e propria politica di antichizzazione, che per i nazionalisti macedoni ha uno specifico significato politico e di creazione dell’identità di un Paese indipendente da poco più di 30 anni.
Cioè far risalire le origini della storia nazionale ai tempi del Regno macedone di Filippo e Alessandro Magno, tracciando una linea di continuità ininterrotta fino ai giorni nostri.
Il progetto si chiamava ‘Skopje 2014’ e, nel giro di quattro anni, ha portato alla costruzione (o rifacimento delle sole facciate) di 136 tra monumenti, statue, fontane, ponti, musei, teatri, edifici pubblici e persino vascelli in stile barocco ancorati nel fiume Vardar per ospitare café e ristoranti.
L’emblema di ‘Skopje 2014’ è l’enorme Statua del guerriero a cavallo (14,5 metri di altezza, su una colonna di 10 metri). Una statua equestre che altri non rappresenta se non Alessandro Magno, ai cui piedi si trovano otto soldati e otto leoni di bronzo, e una grande fontana musicale.
Il costo dell’intero progetto è stato pari a 700 milioni di dollari (oltre 200 milioni in più rispetto al budget massimo stanziato) e ha scatenato immediate polemiche per diversi motivi.
Per lo spreco di risorse pubbliche in un Paese in difficoltà a livello industriale e di occupazione.
Per l’utilizzo di materiali di scarsa qualità, come si sarebbe dimostrato nel tempo.
Per lo stile tra il kitsch e il posticcio, come affermato da molti architetti e urbanisti.
Per l’ideologia nazionalistica che ha permeato il progetto, con l’obiettivo di rafforzare il potere di Vmro-Dpmne e lasciare un’impronta netta sull’urbanistica di Skopje.
Per il tentativo di marginalizzare le comunità greche, bulgare e albanesi, affidando a quella macedone il ruolo di protagonista assoluta nella costruzione dell’identità nazionale.
Per il rischio di aumentare le tensioni politiche con la Grecia e la Bulgaria (entrambe Paesi membri dell’Unione Europea) su questioni puramente identitarie.
È così che, con il cambio di guida del governo nel 2017, la coalizione guidata dai socialdemocratici ha bloccato il progetto ‘Skopje 2014’. La costruzione di nuovi edifici è stata annullata, alcuni dei monumenti più controversi sono stati rimossi e la manutenzione è stata pressoché sospesa.
La scommessa del nuovo governo
A 10 anni da quel target ‘Skopje 2014’, nel maggio 2024 al potere in Macedonia del Nord (sia al governo sia alla presidenza della Repubblica) è tornata la destra nazionalista di Vmro-Dpmne. E ha messo subito in chiaro di non aver rinnegato nulla del proprio passato, urbanistica compresa.
Dopo nemmeno due mesi dal suo insediamento a capo dell’esecutivo, a metà agosto il neo-primo ministro Hristijan Mickoski ha reso noto che il suo governo si concentrerà sul completamento di quanto rimasto incompiuto. Sempre con lo stesso pomposo stile neoclassico/ellenistico:
«I gusti non si discutono, a me piace uno stile, ad altri qualche altro. Ma la situazione ora è troppo brutta. Stiamo cercando un modo per finire un gran numero di quegli edifici. Vorrei che venissero completati il più presto possibile, in modo che non deturpino il volto della capitale perché dimenticati».
Il rilancio del progetto non partirà immediatamente, perché, come spiegato dal premier Mickoski, i fondi «saranno forniti nel prossimo bilancio», vale a dire nel 2025. Inoltre va considerato lo status giuridico degli edifici incompiuti, alcuni dei quali sono stati acquisiti da privati.
Molto di più al momento non si sa.
Ma da queste prime promesse del capo del governo emerge la volontà di spingere sulla definizione di un’identità nazionale monolitica, che affonda le radici indietro nel tempo fino ad Alessandro Magno.
Con tutta una serie di problemi per i rapporti con i Paesi vicini nella regione.
Nubi nere all’orizzonte
Quello che potrebbe sembrare un tema di relativa importanza - il completamento di un progetto urbanistico a Skopje - assume tutt’altri contorni se si analizza il clima politico generale nella regione e le implicazioni per il percorso europeo della Macedonia del Nord.
Perché il ricorso all’immaginario ellenistico è una chiara presa di posizione da parte dei nazionalisti macedoni, che va a braccetto con lo stesso nome del Paese: perché ‘Macedonia del Nord’ e non solo ‘Macedonia’?
Si tratta di una questione particolarmente spinosa nei rapporti con la Grecia sin dall’indipendenza dell’ex-Repubblica jugoslava nel 1991. Per Atene l’uso del termine ‘Macedonia’ (senza Nord) non è accettabile per due ragioni fondamentali:
Identitaria. “Macedonia” non è solo uno Stato, ma è anche una macroregione greca, divisa a sua volta in tre: Macedonia Occidentale, Centrale e Orientale.
Culturale. “Macedonia” racchiude l’eredità storica e culturale del Regno macedone di Filippo e Alessandro Magno, rivendicata come esclusiva da entrambi i Paesi.
La storia dei rapporti Skopje-Atene si è caratterizzata per duri embarghi e veti greci fino al 12 giugno 2018, quando l’Accordo di Prespa - firmato dagli allora primi ministri greco Alexis Tsīpras e macedone Zoran Zaev - ha messo fine alla tensione tra i due Paesi.
La ‘Repubblica di Macedonia’ è diventata ‘Repubblica della Macedonia del Nord’ e ha rinunciato a utilizzare il Sole di Verghina – il simbolo della dinastia reale macedone – ricevendo in cambio il riconoscimento della lingua macedone e il via libera all’adesione alla Nato e all’Unione Europea.
Con il ritorno al potere dei nazionalisti di Vmro-Dpmne la musica è cambiata di nuovo. E Atene non ha gradito.
Per prima Gordana Siljanovska-Davkova, nel giorno del giuramento come presidente della Repubblica il 12 maggio, ha intenzionalmente e ripetutamente fatto riferimento al suo Paese come ‘Macedonia’, e non ‘Macedonia del Nord’. Lo stesso ha fatto il neo-primo ministro Mickoski in occasione dell’insediamento del suo governo il 23 giugno.
Il ministero degli Affari Esteri greco ha condannato la nuova postura istituzionale di Skopje, definendola «una flagrante violazione dell’Accordo di Prespa e della Costituzione del nostro Paese vicino». Anche dalle istituzioni dell’Unione Europea è arrivato un ammonimento sul «rispetto degli accordi vincolanti».
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Ma non è tutto.
Al peggioramento dei rapporti con la Grecia si affianca l’atteggiamento intransigente dei nazionalisti macedoni nei confronti della Bulgaria, un altro Paese membro Ue con cui in passato si sono registrate tensioni su questioni puramente identitarie.
Parlando del riconoscimento costituzionale della minoranza bulgara in Macedonia del Nord (previsto dagli accordi di Bruxelles per arrivare all’adesione Ue), il premier Mickoski ha messo in chiaro che «non passerà, e non ci saranno cambiamenti costituzionali finché sarò qui».
È evidente che si tratta di un momento di svolta per un nuovo – temuto – stop dei negoziati di adesione Ue per la Macedonia del Nord, a due anni dalla fine del veto bulgaro che aveva bloccato la strada di Skopje tra il 2020 e il 2022.
Secondo quanto previsto dal quadro negoziale Ue, per aprire il primo Cluster sono necessarie non solo tutta una serie di riforme – dal settore giudiziario alla gestione degli appalti pubblici, fino alla lotta contro la corruzione – ma anche quegli emendamenti alla Costituzione sulle minoranze nel Paese che il governo Mickoski si rifiuta di attuare.
L’ennesimo rischio per la politica intransigente dei nazionalisti macedoni. Nascosta dietro alle facciate ellenistiche degli edifici di Piazza Macedonia ancora da completare.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Considerato il ruolo dell’ellenismo nell’immaginario culturale dei nazionalisti in Macedonia del Nord, al bancone di BarBalcani oggi troviamo una leggenda e una bottiglia di vino.
Secondo alcune interpretazioni storiografiche la causa principale della morte Alessandro Magno a soli 33 anni potrebbe essere stata proprio l’alcolismo, dopo l’adozione dell’uso persiano di bere vino forte e non diluito. Troppo vino e troppo forte, che avrebbe portato alla cirrosi epatica.
Il vino con cui ci intratteniamo è il rinomato vranec - da non confondere con il montenegrino vranac - un rosso corposo e con un forte residuo zuccherino.
Il vranec si ottiene dalle uve nere kratošija, tra le più rinomate in tutta la regione e coltivate sul territorio macedone fin dall’età ellenistica, quando il vino veniva poi conservato in grandi anfore di terracotta.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra due settimane, per la quarta tappa di questa stagione.
Un abbraccio e buon cammino!
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