S5E20. Il primo voto non si scorda mai
Alle elezioni in Albania ha finalmente potuto partecipare anche la diaspora. Un diritto democratico che molte persone, nate o cresciute in altri Paesi europei, non avevano mai esercito nella loro vita
Caro lettore, cara lettrice,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter dai confini sfumati.
Ci sono momenti nella storia di un Paese che diventano mattoni della memoria nazionale. Un evento sportivo, una catastrofe naturale, a volte anche un appuntamento elettorale.
È quello che è accaduto l’11 maggio 2025 in Albania. Quelle che hanno segnato il 35° anniversario dal ritorno della democrazia sono state le prime elezioni parlamentari nella storia in cui la diaspora albanese ha avuto il diritto di votare.
Un evento certamente non di secondaria importanza, se si considera che i cittadini albanesi residenti all’estero rappresentano circa un terzo di tutta la popolazione del Paese.
Ma più dei numeri, ciò che davvero merita attenzione è il significato profondo e complesso che il voto dall’estero può aver assunto per queste persone.
Perché spesso è stato il primo voto nella loro vita. Perché, altrettanto spesso, i Paesi (stranieri) in cui sono nate o cresciute ostacolano la possibilità di diventarne cittadini a pieno titolo. Perché, nonostante dubbi e incertezze, è prevalsa la voglia di esercitare un proprio diritto democratico.
Leggi anche: S4E21. Un voto può cambiare tutto
BarBalcani è una newsletter di The New Union Post. Il tuo sostegno è essenziale per garantire che l’intero progetto editoriale continui a produrre contenuti originali, rimanendo gratuito e accessibile a tutti.
L’importanza della diaspora albanese
Oggi non ci interessa l’esito delle elezioni parlamentari dell’11 maggio (si può approfondire nell’articolo pubblicato sul sito di The New Union Post), ma capire perché il voto della diaspora albanese è così importante e che significato ha e avrà anche in futuro.
Considerato il fatto che la popolazione albanese conta circa 2,7 milioni di persone, la quota di cittadini che vivono fuori dai confini nazionali è notevole: si stima siano attorno a 1,5 milioni.
In altre parole, la diaspora rappresenta circa un terzo delle persone che possiedono la cittadinanza albanese. Una delle più grandi a livello globale rispetto alla popolazione nazionale.
Attualmente, la presenza più diffusa di comunità albanesi fuori dall’Albania si registra nei Paesi europei e nordamericani, consolidatasi dopo anni di emigrazione massiccia, soprattutto tra gli anni Novanta e Duemila.
Secondo i dati a disposizione, la stragrande maggioranza della diaspora albanese vive in Italia e in Grecia (circa 400 mila in ciascuno dei due Paesi), mentre le altre principali destinazioni di emigrazione sono Germania (250 mila), Svizzera e Stati Uniti (200 mila in entrambi). In Canada e Regno Unito la presenza si attesta attorno ai 40 mila cittadini albanesi residenti (in ciascuno dei due Paesi).
Leggi anche: S4E1. Anilda Ibrahimi. I limiti da valicare
Analizzati questi dati, è facile capire il motivo per cui la diaspora rappresenta un elemento di non poco conto per una tornata elettorale in Albania.
Grazie agli emendamenti al Codice elettorale del luglio 2024, alle elezioni parlamentari del 2025 anche i cittadini albanesi residenti all’estero hanno potuto partecipare al voto, via posta. È stata la prima volta dalla caduta del regime comunista nel 1990.
Dei circa 1,5 milioni residenti all’estero, 245.935 si sono registrati per votare, cioè il 16% (sempre ricordando che questa percentuale include anche i cittadini di età inferiore ai 18 anni, che tuttavia non hanno ancora il diritto di voto).
Il paradosso italiano
«Prima di queste elezioni non avevo mai votato in vita mia, ero l’unico nella mia famiglia. I miei genitori avevano già votato in Albania, mia sorella - che è nata qui e ha preso la cittadinanza a 18 anni - in Italia». È Gabriele K., 32 anni della provincia di Pisa, a raccontare un’esperienza comune a decine di migliaia di ragazzi e ragazze.
Perché in Italia il voto delle diaspore straniere si interseca con un tema molto presente nel dibattito pubblico: quello dei criteri per la concessione della cittadinanza a chi è nato o cresciuto nel Paese, ma non da genitori italiani.
Gabriele è arrivato in Italia nel 1999, «a sei anni, all’inizio della prima elementare». Ventisei anni più tardi, «non ho ancora la cittadinanza italiana per questioni legate al lavoro».
Un cittadino straniero può richiedere la cittadinanza italiana dopo 10 anni di residenza regolare e ininterrotta, con una serie di criteri economici variabili da rispettare (il reddito annuale minimo non deve essere inferiore a 8.500 euro lordi). Senza contare i tempi burocratici che possono durare anche tre anni, solo per valutare la richiesta.
Nel caso dei minorenni - se si è nati in Italia e si è mantenuta la residenza regolare e ininterrotta dalla nascita - si può ottenere la cittadinanza a 18 anni, facendo richiesta entro 365 giorni dal compimento della maggiore età (se la scadenza non viene rispettata si perde il diritto automatico e il conteggio dei 10 anni ricomincia da capo).
Ma nel caso di arrivo in Italia dopo la nascita, le cose cambiano. Se il minorenne compie 18 anni prima che i genitori ottengano la cittadinanza, la sua richiesta viene scorporata dalla loro procedura e il processo di 10 anni ricomincia da zero, con tutti i criteri stringenti di residenza e di reddito “sufficiente e stabile”.
Anche se una persona - che magari nemmeno ricorda i primi anni di vita in un altro Paese - cresce, studia, pratica sport, crea legami personali e affettivi, lavora, paga le tasse e i contributi in Italia. Anche se è, a tutti gli effetti, italiano o italiana.
«Devo dire la verità, sono stato combattuto sul votare. Ho pensato a quasi tutti quelli della seconda generazione che, come me, hanno votato per l’Albania senza averci mai davvero vissuto», racconta Gabriele. «Ma ho voluto esercitare un mio diritto democratico, non mi sembra giusto non averlo mai potuto fare».
Leggi anche: S5E4. Eva Murati. Le passioni da non tradire
Come spiega Gabriele, «questo tipo di voto dall’estero - vivendo fuori dall’Albania da sempre, non da pochi anni - è in un certo senso strano, perché pensi a cosa è meglio per qualcun altro, non per te direttamente».
Se dal 2024 burocraticamente è anche un suo diritto eleggere i rappresentanti al Parlamento dell’Albania, è altrettanto vero che per lui e tanti altri albanesi cresciuti in Italia le politiche di quel Paese «mi toccano molto indirettamente e alla lontana».
Perché poi si ritorna sempre lì: «Io ho passato praticamente tutta la mia vita in Italia, in Albania ci torno ogni tanto per le vacanze. In fondo non so come sia il vivere quotidiano lì, a parte per i racconti dei parenti o le brevi esperienze di qualche settimana».
Ma allo stesso tempo in Italia, dove quello che succede nel quotidiano invece lo tocca direttamente, «non posso decidere niente e non ho modo di poterlo fare».
In altre parole, «sarebbe più sensato avere il diritto di voto in Italia, perché è qui che vivo da sempre, è qui che pago le tasse, è qui che conosco le persone, è qui che subisco le conseguenze positive e negative della politica», mette in chiaro Gabriele.
«Dopo un po’ tutto questo ha iniziato a pesarmi, anche da appassionato di politica. Volevo poter dire anche io “ho votato”».
(L’8 e il 9 giugno si può cambiare un pezzo della legge sulla cittadinanza partecipando a un referendum di enorme importanza. Qui trovi tutto ciò che ti serve sapere per una scelta responsabile e informata. Con il tuo voto puoi fare la differenza)
Leggi anche: S4E7. Cosa vuole davvero Edi Rama

Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Oggi al bancone di BarBalcani, dentro o fuori l’Albania, condividiamo una bevanda tradizionale che la diaspora albanese ha portato in tutta Europa.
Il lëng thane è un succo ottenuto dal frutto del corniolo (thana in albanese), un piccolo frutto acido di colore rosso scuro.
Per preparare il lëng thane, i piccoli frutti rossi vengono prima bolliti. Il composto viene poi lasciato raffreddare, pressandolo per estrarne più succo. Il liquido ottenuto viene infine filtrato e conservato in bottiglie di vetro.
Si tratta di un succo noto per il suo sapore rinfrescante, consumato anche per i suoi benefici per la salute.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra due settimane, per la ventunesima tappa.
Un abbraccio e buon cammino!
Dietro un prodotto originale c’è molto lavoro nascosto. Solo con il tuo supporto The New Union Post potrà sviluppare nuove idee, articoli e interviste e collaborazioni, anche all’interno della newsletter BarBalcani.
Ogni secondo mercoledì del mese riceverai un articolo mensile sulle guerre nell’ex-Jugoslavia, per ripercorrere cosa stava accadendo 30 anni fa nei Balcani.
Puoi ascoltare il podcast Le guerre in Jugoslavia ogni mese su Spotify.
Scopri Pomegranates, la newsletter di ‘The New Union Post’ sul percorso europeo di Armenia e Georgia
Se non vuoi più ricevere qualcuna tra le newsletter di BarBalcani, puoi gestire le tue preferenze su Account settings. Non c’è più bisogno di disiscriversi da tutto, scegli i prodotti che preferisci!