XXIX. Trema la terra
Il terremoto a Petrinja (Croazia) è l'ultimo di una serie di sismi che ha colpito le coste balcaniche. La causa? La micro-placca adriatica, una zolla che dalla Pianura Padana arriva fino allo Ionio
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani occidentali.
Ricominciamo il viaggio che, dopo la tappa speciale della settimana scorsa (da qui parte il percorso parallelo), si era fermato al Capodanno da Tito.
Nutriamo tutti grandi speranze che questo 2021 metta alle spalle un anno a dir poco disastroso. Tra le mille cose andate storte, gli ultimi giorni di dicembre hanno portato (di nuovo) un forte terremoto in Croazia, con la morte di almeno 7 persone.
Non è stato un episodio isolato e sarà meglio capire perché si sia aggiunta questa notizia a un 2020 da cancellare.
Fosse anche solo per cercare di prevenire fenomeni che in questa zona, come vedremo, sono del tutto inevitabili.
Angoscia di fine anno
Petrinja, Croazia. Martedì 29 dicembre.
Alle ore 12:19 la terra trema. È una scossa di magnitudo 4.2 sulla scala Richter.
Ma il peggio deve ancora arrivare.
Nemmeno il tempo di realizzare cosa stia succedendo (ma abbastanza per uscire dagli edifici), che alle 12:20 un nuovo terremoto si abbatte sulla città.
Questa volta la magnitudo è 6.4. Per fare un confronto, è poco meno del terremoto registrato nel 2016 nelle Marche (6.5).
Case, scuole e fabbriche cadono come birilli.
L’epicentro del terremoto è a 60 chilometri a sud di Zagabria, in una città - Petrinja - che conta circa 25 mila abitanti.
Già il giorno precedente la città è stata colpita da una scossa sismica di magnitudo 5, che ha fatto cadere i primi calcinacci e tegole dai tetti.
Ventiquattro ore dopo il sindaco di Petrinja, Darinko Dumbović, deve riferire alle telecamere che «metà della città è stata distrutta».
Saranno almeno 7 le vittime accertate nei giorni seguenti, quando i sismografi registreranno altre tre scosse di assestamento - tra magnitudo 3.7 e 4.8 - nelle prime ore del mattino di mercoledì 30 dicembre.
Il 2 gennaio viene proclamato il lutto nazionale.
Ma ancora pochi giorni fa, il 6 gennaio, una scossa di magnitudo 5.3 ha fatto tremare di nuovo una città già distrutta.
Il premier croato, Andrej Plenković, accorso sul posto per valutare la situazione con la protezione civile e l’esercito, ha dichiarato che 120 milioni di kune (circa un milione e mezzo di euro) saranno stanziati per dare supporto ai terremotati.
Anche dall’Unione Europea e dalla Serbia sono già stati avviati programmi di soccorso finanziario e umanitario.
La Croazia deve riprendersi da uno dei peggiori eventi sismici della sua storia. Per trovarne uno più potente bisogna andare indietro al 1667, quando la città di Dubrovnik fu poi travolta da uno tsunami.
Ma guai a pensare che i terremoti siano episodi sporadici in questa zona dei Balcani. L’ultimo anno e mezzo l’ha dimostrato chiaramente.
Anni infausti
Il 29 dicembre i cittadini di Zagabria - abbastanza vicini per avvertire distintamente il terremoto di Petrinja - hanno vissuto momenti di angoscia già conosciuti solo pochi mesi prima.
Erano le ore 6:24 del 22 marzo - in pieno lockdown da pandemia di Coronavirus - quando la capitale croata fu svegliata da una violenta scossa.
Il primo avviso.
Poi un’altra scossa, mezz’ora più tardi. E ancora altre 7, nei quattro giorni successivi (le maggiori di uno sciame sismico di 127 scosse). Tutte comprese tra 3 e 5.5 sulla scala Richter.
Migliaia gli edifici danneggiati, tra cui anche la cattedrale di Zagabria: una delle due guglie è crollata e si è abbattuta sulla sede arcivescovile, provocando un principio di incendio.
Diverse dozzine i feriti e centinaia gli evacuati. Nove mesi dopo, molti di loro non sanno quando le proprie case saranno ricostruite: ancora adesso sono costretti a vivere in appartamenti in affitto, ostelli e container.
Lo stesso terrore e incertezza che il popolo albanese ha dovuto sperimentare di recente.
Le lancette del tempo vanno portate indietro di quattro mesi, al 26 novembre 2019. Poco più di un anno dall’ultimo terremoto registrato nella penisola.
A essere colpita da una scossa di magnitudo 6.5 fu la costa albanese, tra Durazzo, Tirana e Alessio. Anche quella volta successe di notte, alle 3:54, con 16 scosse di assestamento tra i 4 e i 5 gradi sulla scala Richter.
Un terremoto che portò alla morte di 51 persone, con altre 3 mila che rimasero ferite, e causò enormi danni agli edifici delle tre città e dei paesi limitrofi, oltre che al patrimonio storico-culturale.
Una delle più grandi ferite della storia recente dell’Albania. Di cui la responsabile non fu solo la natura.
Due mesi prima c’erano già stati segnali di avvertimento del pericolo: piccole scosse che misero in allarme la comunità scientifica.
Nessun piano di evacuazione per emergenze fu messo in atto. Anzi. Inchieste giornalistiche hanno rivelato che i fondi statali negli ultimi anni sono stati reindirizzati o saccheggiati da una corruzione dilagante nel sistema amministrativo.
Soldi e potere, come sempre nella storia dell’uomo, possono tutto.
Anche far dimenticare nelle politiche edilizie e nei piani urbanistici che i terremoti, sulla costa adriatica, sono un fenomeno quasi scontato.
Tutto collegato
Sì, i terremoti sulla costa adriatica e nell’entroterra sono un fenomeno pressoché scontato. Non prevedibile, perché nessun terremoto lo è, ma sul medio periodo quasi inevitabile.
Basta guardare la cartina delle placche litosferiche tra l’Europa, l’Africa e il Mediterraneo per capirlo.
Senza ripercorrere tutta la teoria della genesi di un evento sismico, ci basterà ricordare che un terremoto è provocato dai movimenti delle placche (o zolle) della litosfera che possono entrare in convergenza tra loro.
In questo modo le masse di roccia sono sottoposte a enormi sforzi, fino al punto di frattura. Queste fratture sprigionano onde che raggiungono la superficie e si propagano.
Nel Mar Mediterraneo entrano in collisione la placca eurasiatica e la placca africana: così sono nate le Alpi e gli Appennini in Italia e le catene montuose della penisola balcanica, durante l’orogenesi alpina.
Ma nel Mediterraneo esistono anche diverse micro-placche interposte tra le due maggiori, che si muovono in modo parzialmente indipendente.
Tra queste c’è proprio la micro-placca adriatica: dal Mar Ionio si allunga su tutta l’estensione del Mar Adriatico, fino alla Pianura Padana.
Con un movimento sud-ovest/nord-est, questa micro-zolla spinge contro l’arco alpino italiano e balcanico, mentre la parte meridionale ruota in senso antiorario, scivolando sotto l’arco appenninico.
Diversi movimenti responsabili, ciascuno a proprio modo, del terremoto in Emilia-Romagna nel 2012 e di quello delle Marche nel 2016, così come dei terremoti sulla costa adriatica dei Balcani nell’ultimo anno e mezzo.
Come ha rilevato lo U.S. Geological Survey (agenzia governativa statunitense che si occupa di geologia e terremoti), non è un caso se le aree dove si sono concentrate le scosse più violente dal 1900 a oggi (magnitudo superiore a 6) sono il Mar Egeo, la penisola anatolica, i Balcani, la penisola italiana e la costa nord-ovest dell’Africa.
I Balcani, appunto.
Non possiamo sorprenderci ogni volta che la terra torna a tremare.
È ora di tornare a fare prevenzione. Con piani di emergenza, da attuare con celerità in caso di bisogno, e piani edilizi che tengano in considerazione la sismicità della regione.
Ogni altro discorso è superfluo.
E sarà soltanto una nuova conta dei danni e delle vittime.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questa tappa. C’è bisogno di un po’ di leggerezza per ripartire con fiducia.
Cosa di meglio che sedersi al bancone di BarBalcani e farci raccontare una nuova curiosità dal nostro oste di fiducia?
Siamo a Zagabria e tra gli edifici che sono rimasti intatti ce n’è uno alquanto… singolare.
È il Museo delle Sbronze. Il primo museo dedicato alle serate alcoliche più memorabili di persone provenienti da tutto il mondo.
Segnali stradali, vasi di piante, strumenti musicali. Una collezione di cimeli ormai storici, gli oggetti più strani ritrovati la mattina dopo una sonora bevuta.
Racconti condivisi, percorsi a zig-zag “dal bar a casa”, “occhiali da birra” che testano i propri riflessi. Esperienze interattive che introducono e accompagnano storie di vita vissuta.
L’idea è venuta nel 2019 a Rino Duboković, uno studente universitario di Zagabria, dopo una serata al bar con gli amici a raccontarsi le proprie esperienze più assurde.
Da lì, l’inizio della storia del Museo delle Sbronze.
Lo scopo? «Farsi una risata, certo, ma allo stesso tempo rendere le persone più consapevoli delle conseguenze negative dell’alcol», ha dichiarato Duboković alla CNN.
La prevenzione prima di tutto. Anche in questo caso.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la trentesima tappa!
Un abbraccio e buon cammino!
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