XLVIII. Minatori di Bitcoin
Il Kosovo è diventato un paradiso per l'estrazione di criptovalute, grazie al basso costo dell'energia elettrica. In particolare nel nord del Paese, dove da 20 anni non si pagano le bollette
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani occidentali nel 30° anniversario dalle guerre nell’ex-Jugoslavia.
Sono giorni frenetici per le criptovalute, dopo che la Banca Centrale Cinese ha dichiarato che non possono essere usate come forma di pagamento.
È così iniziato il collasso, con il Bitcoin crollato del 25% (sotto quota 40 mila dollari per la prima volta da inizio febbraio) ed ethereum in caduta libera.
Ma quante ne sappiamo sulle criptovalute? Chi le crea, chi le gestisce? Esiste una Zecca digitale o è un Far West informatico?
Ma soprattutto, dove nascono? Possibile mai che anche stavolta ci siano di mezzo i Balcani?
Bene, di carne al fuoco ne abbiamo parecchia. Si può cominciare.
Miniere e minatori
Ma prima di ogni altro discorso, fermiamoci un momento per fare il punto sul lessico della criptovaluta, grazie alla guida del settimanale britannico The Economist.
Il Bitcoin è una criptovaluta creata nel 2008 da Satoshi Nakamoto (pseudonimo di una persona o di un gruppo di persone, non si sa).
I Bitcoin sono generati da computer collegati in rete, che eseguono complesse operazioni matematiche: questa procedura è nota con il nome di mining.
Di qui, le persone che lavorano per generare Bitcoin si chiamano miners, minatori.
Il numero totale di Bitcoin che possono essere generati è limitato a circa 21 milioni.
I Bitcoin, o loro frazioni, possono essere comprati o venduti in cambio di valute tradizionali e possono essere trasferiti attraverso Internet da un utente all’altro.
Tutte le transazioni sono registrate in un libro-mastro digitale amministrato collettivamente, con un sistema chiamato blockchain. Serve ad annotare e convalidare i passaggi di moneta virtuale tra gli utenti.
Nella pratica, i computer dei miners eseguono calcoli complessi per convalidare le transazioni in criptovaluta.
In cambio ricevono una commissione sulle transazioni inserite nel blocco che hanno convalidato.
Inoltre, ricevono una ricompensa per la produzione di singoli blocchi della blockchain.
Ma c’è un problema. I super-computer che vengono utilizzati per l’estrazione di criptovalute consumano una quantità vertiginosa di energia elettrica.
A livello mondiale si stima che sia pari al consumo annuale dell’Austria (circa 65 milioni di megawattora).
Ecco perché, come novelli cercatori d’oro, i miners setacciano i Paesi dove l’energia elettrica costa il meno possibile. Meno spendono, più l’attività è redditizia.
Uno dei luoghi più ambiti è il Paraguay, dove il costo della corrente elettrica è di 4 centesimi di dollaro per chilowattora (0,33 centesimi di euro). A riguardo, ha scritto uno splendido reportage Alexander Busch per il Neue Zürcher Zeitung
Giusto per fare qualche confronto, in Italia il costo medio è di 30 centesimi di dollaro per chilowattora (25 centesimi di euro).
Ma ci sono anche alcuni Paesi europei che si stanno ritagliando un posto nel paradiso dei minatori di Bitcoin.
Uno su tutti, il Kosovo.
In particolare, il nord del Kosovo.
Cyber paradiso
Come è facile immaginare, ciò che fa del Kosovo un paradiso per i miners di Bitcoin è il fatto che l’elettricità costi poco o niente, circa 7 centesimi di dollaro per chilowattora (5 centesimi di euro).
Una volta fatto l’investimento per l’acquisto delle unità di elaborazione grafica (GPU) collegate in un rig (computer che le utilizza come acceleratori di mining), si possono calcolare i profitti.
Secondo alcune stime, un rig di 100 GPU può garantire guadagni per 2.700 euro al mese, in base al valore di scambio attuale del Bitcoin.
Considerando una bolletta elettrica mensile che si aggira verosimilmente sui 900 euro, il margine di profitto è di 1.800 euro. Netti, ogni mese.
Dove lo stipendio medio è di 400 euro al mese. Quasi cinque volte in meno.
Ecco perché, in uno dei Paesi europei più poveri, il mining è visto da sempre più cittadini come una fonte di reddito su cui provare a puntare.
La metà degli 1,8 milioni di abitanti del Kosovo ha meno di 25 anni. Di questi, mezzo milione è disoccupato.
Mancano soprattutto le prospettive per il futuro. Quasi la metà della popolazione adulta afferma di volersi trasferire all’estero, per sfuggire a corruzione e clientelismo.
In una diffusa economia sommersa, investire nel mining è uno degli strumenti per riciclare denaro sporco.
Perché in Kosovo anche gli appartamenti possono essere acquistati in criptovaluta.
C’è un mix di condizioni economiche difficili, capitali criminali da ripulire e costi bassi per l’energia elettrica.
Bassi, se non addirittura nulli.
Evasione milionaria
Il ronzio dei computer è diventato ormai una costante nel Kosovo settentrionale, là dove la popolazione di etnia serba è rimasta impermeabile all’integrazione con il resto del Paese (a prevalenza albanese).
Qui le fonti sotto copertura di Balkan Investigative Reporting Network riportano che una casa ogni due/tre ospita calcolatori per l’estrazione di Bitcoin.
I miners non tengono tutti i computer in un unico luogo, ma hanno messo in moto uno pseudo-modello economico.
I residenti affittano le proprie case per permettere ai minatori di Bitcoin di lavorare in maniera nascosta. In base al numero di macchinari custoditi, il prezzo oscilla tra 500 e 1.000 euro al mese (cadauno, tra 30 e 50 euro al mese).
Suhodoll, Gushavc, Zubin Potok, Zvecan, Vinarc, Mitrovica e Leposavic. Non solo i centri urbani, ma anche i più remoti villaggi sono diventati veri e propri hub per l’estrazione di Bitcoin.
Il motivo è molto semplice. Qui l’energia elettrica è gratis.
E questo significa che tutte le entrate sono nette (tolto, appunto, l’affitto dei locali).
Approfittando del limbo post-guerra in Kosovo (e “legittimati” dalla dichiarazione d’indipendenza unilaterale dalla Serbia nel 2008), i cittadini del Nord non pagano le bollette da più di vent’anni.
Anche a causa dell’esplosione di attività dei minatori di Bitcoin, si stima che questi comuni consumino energia per un valore di circa 12 milioni di euro ogni anno.
Alle casse di Pristina mancherebbero 40 milioni di euro, solo negli ultimi 3 anni.
Le autorità hanno sempre chiuso un occhio e fino al 2017 erano i cittadini del resto del Paese a coprire il deficit, con un 3,5% di rincaro della bolletta.
Da quando la pratica è stata definita illegale dal sistema giudiziario, si sono cercate nuove soluzioni.
Il nuovo governo del premier Albin Kurti si è preso 6 mesi di tempo per trovare una soluzione duratura, mentre la società che gestisce la rete di trasmissione dovrà coprire le bollette non pagate.
[Se vuoi saperne di più sul neo-premier e sul rapporto Serbia-Kosovo, qui c’è la 35ª tappa, “Se ti lascio, ti cancello”]
Ma, nonostante le ultime notizie allarmanti per i minatori dell’era digitale, in Kosovo il Bitcoin sembra non conoscere crisi.
Tra chi paga poco e chi non paga affatto per l’energia elettrica, gli affari vanno ancora a gonfie vele.
Il rischio è che la bolla scoppi anche nel nuovo paradiso dei miners, con conseguenze socio-economiche imprevedibili. Per non dire inquietanti.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
In questo clima quasi surreale, tra super-computer e criptovalute, anche la nostra pausa al bancone di BarBalcani ha un sapore più digitale.
Trovandoci in Kosovo, non possiamo non fermarci in un bar di Pristina dal nome particolare, che già abbiamo incontrato lungo la via.
Al Satoshi. Come l’inventore del Bitcoin.
Ad aprire il bar e intitolarlo in onore del suo guru è stato il miner Milot Mehmeti, già fondatore di Cryptex, società kosovara di estrazione e scambio di criptovalute.
Il Satoshi è la prima attività fisica del Paese ad accettare i Bitcoin.
Dalla sua apertura a maggio 2019, qui i clienti possono pagare un caffè o una birra con la moneta virtuale.
Oppure depositare i contanti e scambiarli con i Bitcoin, attraverso un bancomat appositamente adibito.
Il Satoshi bar è un locale raccolto e con un piccolo patio. In due anni, è già diventato il punto di ritrovo per la comunità di miners kosovari, cresciuta in modo esponenziale e che non smette più di fare nuovi adepti.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la quarantanovesima tappa!
Un abbraccio e buon cammino!
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Io come sempre ti ringrazio per essere arrivato fino a questo punto del nostro viaggio. Se vuoi saperne di più sull’estrazione in ambito digitale, ti consiglio di leggere questa tappa (qui puoi trovarle tutte):
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