S2E5. Tesla nella tempesta monetaria
Con il via libera dei Paesi dell'eurozona, la Croazia può iniziare i preparativi per introdurre l'euro. Ma la Serbia contesta la scelta di imprimere l'immagine del celebre ingegnere sulla moneta
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter dai confini sfumati.
Di solito dove ci sono i soldi, c’è una guerra. O viceversa.
È una storia vecchia come l’essere umano e ogni generazione ha avuto i suoi conflitti causati dal denaro, in qualche sua forma. Terra, petrolio, cocaina, diamanti. Potere.
Quasi mai, invece, è successo che lo scontro tra due Paesi fosse scatenato da cosa si vuole imprimere su una moneta.
Ma se si passa dai Balcani, può succedere anche questo.
I protagonisti sono Belgrado e Zagabria.
Al centro di questa contesa diplomatico-monetaria, la figura dell’inventore serbo-croato Nikola Tesla.
Il tutto sul conio della valuta ufficiale dell’Unione Europea.
L’euro croato
Tutto ha origine nel processo di adozione dell’euro da parte della Croazia, che è pronta a diventare il 20° Paese membro UE a utilizzare la moneta comune come valuta ufficiale.
Il 10 luglio 2020 Zagabria è stata ammessa nel Meccanismo di cambio dell’Unione europea (ERM II), l’anticamera dell’eurozona.
Le regole impongono che il Paese trascorra almeno due anni nel sistema progettato per ridurre la variabilità dei tassi di cambio tra le valute, per raggiungere la stabilità monetaria.
L’ingresso nell’ERM II comporta la riduzione dei tassi di interesse, una maggiore integrazione nel Mercato Unico europeo, l’incremento della fiducia degli investitori e la diminuzione dei costi di conversione.
Come spiegato dal governatore della Banca centrale croata (HNB), Boris Vujčić, il Paese deve portare il deficit pubblico sotto il 3% del PIL e ridurre il debito pubblico.
Si prevede che il passaggio dalla kuna all’euro avvenga a un tasso di cambio pari a 7,53 kune per 1 euro. Fatto che ha suscitato non poche perplessità tra gli economisti croati.
Il premier Andrej Plenković si aspetta di introdurre l’euro nel 2023, ma la data più realistica sembra essere il 1° gennaio 2024.
E fin qui, nulla di strano.
Un anno dopo, il 21 luglio 2021, Zagabria ha annunciato le proposte finali per gli elementi grafici sulle future monete euro croate.
Saranno:
la šahovnica, lo stemma nazionale a scacchi bianco-rossi;
la mappa della Croazia;
la martora, l’animale mammifero che in croato si chiama kuna e dà il nome all’attuale moneta nazionale;
la scrittura glagolitica, il più antico alfabeto slavo conosciuto;
il volto di Nikola Tesla, inventore, fisico e ingegnere elettrico.
«I criteri di selezione di base erano l’accettabilità per tutta la popolazione, indipendentemente dall’appartenenza regionale, l’età, l'affiliazione ideologica o politica, e la sua efficacia come simbolo nazionale, cioè di raggiungere un alto grado di identificazione», ha reso noto il governo.
Circa 50 mila cittadini hanno risposto all’appello della Banca Nazionale Croata, con la possibilità di presentare suggerimenti.
Il volto di Tesla è stato l’elemento grafico più votato. Un cittadino su quattro lo vorrebbe vedere raffigurato sulle monete da 50, 20 o 10 centesimi.
La decisione finale sarà presa dalConsiglio nazionale per l’introduzione dell’euro.
Proprio ieri (10 settembre) è stata posta una pietra miliare durante la riunione dell’Eurogruppo a Brdo (Slovenia).
La Commissione Europea e gli Stati membri dell’eurozona hanno firmato un memorandum d’intesa con la Croazia che delinea i passaggi per la produzione di monete in euro, una volta che arriverà il via libera per entrare nell’eurozona.
Il memorandum permette ora di effettuare tutti i preparativi necessari fino al conio effettivo delle monete in euro.
Tra questi, la selezione ufficiale degli elementi grafici, la produzione degli strumenti di conio e di monete di prova e le disposizioni per il ritiro della kuna croata.
Ma mentre il momento dell’ingresso della Croazia nell’eurozona si avvicina, oltre confine è già scoppiata la polemica.
Un Tesla per due Paesi
Nonostante sia morto da 78 anni, Tesla, uno dei più grandi scienziati del 20° secolo, è al centro di uno scontro culturale e identitario tra Serbia e Croazia.
Nikola Tesla nacque nel 1856 a Smiljan, in una parte dell’Impero austro-ungarico che si trova nell’odierna Croazia. La sua famiglia era di etnia serba.
All’età di 28 anni emigrò negli Stati Uniti, dove vinse la “guerra delle correnti” contro Thomas Edison e sviluppò la corrente alternata su larga scala.
Dopo essere diventato uno dei più importanti ingegneri nel campo dell’energia elettrica, morì nel 1943 a New York.
Gli effetti personali dell’inventore serbo-croato furono spediti da New York a Belgrado, incluse le ceneri custodite in un’urna dorata.
Il tutto si trova ora in un museo a lui dedicato (che abbiamo già visitato virtualmente nella scorsa stagione).
Anche la Croazia ha creato il proprio Nikola Tesla Memorial Center, a Smiljan, nella casa dove l’inventore nacque.
Ma è stato a partire dagli anni Novanta - dopo la dissoluzione della Jugoslavia - che Serbia e Croazia hanno iniziare a combattere per l’eredità di Tesla, intitolando edifici, monumenti e strade all’inventore serbo nato in terra croata.
La contesa, mai risolta ma sempre latente, è scoppiata in tutte la sue complicazioni con il voto del popolo croato sulla moneta comune.
Un voto che potenzialmente metterebbe l’euro croato con l’immagine di Tesla nelle tasche di 350 milioni di europei, promuovendo ulteriormente la rivendicazione del Paese sull’inventore.
Come riportato da The Wall Street Journal, il governatore della Banca Nazionale di Serbia, Jorgovanka Tabaković, ha promesso di «prendere le misure appropriate» con la Commissione Europea.
Per Belgrado la decisione croata costituirebbe una sorta di «appropriazione del patrimonio culturale e scientifico del popolo serbo», dal momento in cui Tesla era di origine etnica serba.
Non è un caso se il volto del celebre ingegnere compare già sulla banconota da 100 dinari serbi, o che Belgrado emetta di frequente monete commemorative legate ai suoi anniversari.
La Banca Nazionale di Serbia ha iniziato una vera e propria battaglia contro quella che è stata definita «croatizzazione forzata postuma di Nikola Tesla».
Per prima cosa, la Serbia basa le sue argomentazioni sull’idea che cultura, etnia e identità personale sono più importanti del luogo di nascita. Il padre, Milutin Tesla, era un prete ortodosso, la cui famiglia aveva una lunga storia nell’esercito serbo.
Inoltre la Croazia non era indipendente all’epoca dell’Impero austro-ungarico, almeno fino all’autonomia del Regno raggiunta nel 1868 (12 anni dopo la nascita di Tesla).
«Non riesco nemmeno a capire perché si lamentano, è irrilevante», ha però commentato la ministra croata della Cultura e dei media, Nina Obuljen-Koržinek.
Per Zagabria la questione non si pone nemmeno. Tesla nacque a Smiljan, un villaggio croato a 50 chilometri da Zara. Lo testimonia anche il suo passaporto, sui cui è impresso lo stemma del Regno di Croazia.
E poi c’è una dichiarazione dello stesso Tesla durante la conferenza sulla corrente alternata e sulla costruzione di una centrale idroelettrica ai Laghi di Plitvice, tenutasi a Zagabria nel 1892:
«Come figlio della mia patria sento che è mio dovere aiutare la città di Zagabria a tutti gli effetti con i miei consigli e il mio lavoro».
Di quale patria parlasse l’ingegnere, Zagabria e Belgrado stanno ancora polemizzando.
Anche se si potrebbero cercare i lati più leggeri di tutta la vicenda. Come per esempio il fatto che un serbo potrebbe finire su una moneta dell’eurozona, in attesa dell’agognata adesione del Paese all’Unione Europea.
O che la Banca Nazionale di Serbia può contare su un effetto a sorpresa. Un attuale dipendente della banca centrale con un nome familiare: Nikola Tesla.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Per tirare le somme, il serbo-croato Nikola Tesla emigrò e fece fortuna negli Stati Uniti. Lì venne naturalizzato e diventò uno dei più grandi ingegneri elettrici della storia.
Qualcosa di simile possiamo ritrovarlo - con le dovute proporzioni - anche sul bancone di BarBalcani.
La Kinsman Rakija ci fa fare un salto fino a San Antonio, Texas.
A quasi 10 mila chilometri dalla penisola balcanica, nel cuore dell’America western, dal 2013 una distilleria produce e vende il più celebre distillato balcanico.
È la Dorćol Distilling + Brewing Company, che prende il nome dal quartiere di Belgrado dove è nato e cresciuto uno dei due fondatori, Bojan Kalusević.
Come tanti nei Balcani, i suoi nonni e zii erano produttori di rakija artigianale. Quando nel 1992, all’età di 10 anni, emigrò con la famiglia a San Antonio, portò con sé negli Stati Uniti questa esperienza.
All’Università del Texas Kalusević incontrò Chris Mobley e i due iniziarono ad appassionarsi di distillazione. Fino a quando nel 2011 svilupparono un progetto che si concretizzò due anni più tardi.
Fino a otto anni fa negli Stati Uniti nessuno occupava questa nicchia di mercato. I due giovani distillatori decisero di conquistarla con ricette, metodi di produzione e attrezzatura tradizionale.
Per esempio, lo strumento più pregiato è un alambicco in rame saldato a mano a Novi Sad da un ramaio (artigiano che lavora il rame) di terza generazione.
O ancora, per la produzione del distillato di frutta non vengono utilizzate né basi alcoliche industriali (più economiche), né zuccheri o aromi (che ne alterano l’essenza).
La sfida più grande è introdurre un nuovo tipo di alcolico nelle abitudini degli statunitensi, dal momento in cui Oltreoceano la rakija non è conosciuta come in Europa.
Ma dopo quasi dieci anni di lavoro, la Kinsman Rakija si sta espandendo e si può già assaggiare nei bar di molte città degli Stati Uniti.
Giorno dopo giorno si sta realizzando il sogno di Kalusević: diventare il Tesla della rakija balcanica.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la sesta tappa.
Un abbraccio e buon cammino!
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