S2E26. In via di estinzione
In una tappa di novità per BarBalcani, l'allarme sulle specie animali che rischiano di scomparire dalla regione: dalla lince balcanica all'aquila imperiale, fino al lento ritorno degli orsi bruni
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter (e sito) dai confini sfumati.
Prima di iniziare questa tappa, vorrei aggiornarti su una grossa novità per questa newsletter.
Dalla sua nascita, BarBalcani è sempre uscita con cadenza settimanale. Ogni sabato, puntuale alle 8 di mattina, come il cappuccio e brioche a letto.
Da questo momento le cose cambieranno.
BarBalcani diventa una newsletter bisettimanale.
E non perché mi sia stancato, o perché abbia altro da fare. Figuriamoci, i progetti non fanno che accumularsi.
No, BarBalcani diventerà una newsletter bisettimanale perché sta per partire un nuovo percorso parallelo (dopo BarBalcani - Podcast, la macchina del tempo sulle guerre nell’ex-Jugoslavia, ogni secondo mercoledì del mese).
Te lo avevo anticipato qualche settimana fa, in chiusura della tappa-commiato al presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli.
Sono iniziati i preparativi del “Progetto Langer-Sassoli”.
A sabati alterni - solo nella sezione dedicata del sito barbalcani.eu - uscirà un approfondimento su una tematica specifica che ha accumunato il pensiero di due grandi uomini e politici europei legati ai Balcani: Alexander Langer e David Sassoli.
Insomma, un sabato mattina ci vediamo qui, con la solita newsletter. Un sabato ci vediamo di là, con il taccuino del nuovo Progetto da iniziare a riempire. E via così.
Che dici, affare fatto?
Rimettiamoci in cammino, con ancora più forza ed entusiasmo di prima!
Perché oggi c’è già da rimboccarsi le maniche.
Linci (quasi) senza futuro
Si parla di animali in via di estinzione e, purtroppo, nella penisola balcanica sono molte le specie a rischio.
L’ultimo allarme ha riguardato uno degli animali più affascinanti: la lince balcanica.
Il rapporto del Balkan Lynx Recovery Programme ha reso noto che le 151 fototrappole sparse in tutta la penisola nel 2021 hanno ripreso 1 lince in Kosovo, 4 in Albania e 5 in Macedonia del Nord.
In quest’area-chiave per la sopravvivenza della specie, secondo gli esperti sono rimasti in vita tra i 30 e i 50 esemplari della sottospecie di lince eurasiatica protetta da tutte le convenzioni internazionali sulla fauna selvatica.
Bracconaggio, caccia intensiva delle prede e degradazione dell’habitat naturale sono le cause della troppo rapida scomparsa della lince balcanica.
Cent’anni fa si trovavano popolazioni di questo animale anche in Slovenia, ma già allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale era a rischio di estinzione.
Nel 1949 la Jugoslavia di Tito ne vietò la caccia e furono istituite riserve naturali per il popolamento anche in Albania. In una trentina d’anni il numero crebbe fino a 300, la soglia per la sopravvivenza della specie.
Negli anni Novanta, tra la dissoluzione violenta della Jugoslavia e il collasso dello Stato albanese, il bracconaggio tornò in auge. Linci impagliate si possono trovare ancora oggi di frequente nelle case di montagna.
La fase di declino è ancora in atto e il futuro della lince balcanica è ben più che incerto. Rimane poco tempo mettere in salvo questa specie.
La lotta delle aquile
È diventata uno dei rapaci più rari d’Europa e della penisola balcanica, con sole 36/44 specie rilevate nel 2020.
Eppure, con i suoi due metri di apertura alare, l’aquila imperiale orientale è l’animale più iconico dei Balcani.
Tanto da apparire anche al centro dello stemma nazionale della Serbia.
Proprio in Serbia sono rimaste solo due aquile adulte in grado di nidificare, in Vojvodina, nel nord del Paese.
Dal 1994 la specie è stata inserita nella lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (UICN).
Sono diverse le ragioni che hanno portato alla decimazione della popolazione delle aquile imperiali orientali.
In primis gli effetti dei cambiamenti climatici, tra cui gli incendi dell’habitat boschivo e la scomparsa delle grandi querce su cui questo animale nidifica.
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Tra industrializzazione e agricoltura intensiva, con l’uso deregolamentato dei pesticidi, stanno venendo a mancare le prede cacciate delle aquile: piccoli roditori, scoiattoli e volpi.
La questione va oltre i Balcani e riguarda tutta l’Europa, dove ormai sono rimasti tra i 1900 e i 3000 esemplari.
Come il volo delle aquile, l’emergenza climatica e l’ignoranza umana non conoscono confini.
Il lento ritorno degli orsi
In Europa l’orso bruno è sempre stato un vicino di casa dell’essere umano, avendo popolato tutte le aree continentali ad eccezione delle isole.
Il forte calo del numero di esemplari iniziò però nel Settecento, con la colonizzazione delle aree montuose e l’introduzione di allevamento e agricoltura in zone ancora vergini.
Dopo due secoli e mezzo di disboscamenti, caccia e persecuzione causata dalla paura nei confronti di questo predatore, il numero di orsi nella regione balcanica era nell’ordine del centinaio.
La svolta arrivò proprio dai Balcani, in particolare dalla Slovenia.
Nel 1935 l’orso bruno fu dichiarato specie protetta dalle autorità della Jugoslavia, nel 1953 fu regolamentato il periodo di caccia e nel 1962 fu vietato l’uso di esce avvelenate.
Una politica che è proseguita per decenni e che ha portato i primi frutti.
Secondo uno studio commissionato nel 2018 dal Parlamento Europeo, sono circa 4 mila gli esemplari che vivono sulle catene montuose delle Alpi Dinariche (dalla Slovenia al Kosovo) e del Pindo (tra Albania, Macedonia del Nord e Grecia).
Nonostante l’orso bruno sia ancora considerato una specie in via di estinzione, le politiche di protezione nella regione hanno dimostrato che si può mettere un freno a un processo che sembra inarrestabile.
Il ripopolamento delle specie animali a rischio è una questione che richiede molto tempo e sforzi costanti da parte delle autorità pubbliche e dei cittadini.
La collaborazione tra i Paesi balcanici può essere l’unica chiave per risolvere un problema creato dalle stesse mani dell’essere umano.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Oggi sul bancone di BarBalcani c’è una bevanda di origine animale, tanto per stare in tema.
È il dhallë, bevanda tipica dell’Albania, a base di yogurt ovino o vaccino, sale e acqua.
La pratica di aggiungere sale allo yogurt ha radici molto antiche ed è attribuita alla necessità di prolungarne il tempo di conservazione.
Diffuso dall’Asia centrale al Medio Oriente, fino all’Anatolia e alla penisola balcanica, il dhallë (che assume diversi nomi a seconda del luogo dove viene prodotto) è probiotico e dissetante, ma anche un ottimo integratore salino.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra due settimane, per la ventisettesima tappa.
Non dimenticare il primo approfondimento nel taccuino del Progetto Langer-Sassoli sul sito barbalcani.eu sabato prossimo.
Un abbraccio e buon cammino!
Ti è piaciuta questa tappa? Inoltrala a qualcuno a cui pensi possa interessare!
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Io come sempre ti ringrazio per essere arrivato fino a questo punto del nostro viaggio. Qui puoi trovare tutte le tappe passate.