XXI. Inspire like a girl, ep. 1
L'inizio di una nuova trilogia, sulle storie di donne di Sarajevo che stanno facendo rinascere la Bosnia. Džana Bašić e Rialda Spahić raccontano la loro esperienza nel campo tecnologico/informatico
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani occidentali alla vigilia dei 30 anni dall’inizio delle guerre nell’ex-Jugoslavia.
Siamo nel mese di Sarajevo e per questo, dopo esserci fatti raccontare il suo passato nella trilogia su “Miss Sarajevo” (anniversario: 20 novembre), è ora di scoprire chi sta facendo sì che la capitale della Bosnia diventi il motore del cambiamento del Paese.
E dei Balcani interi.
Lo facciamo con una nuova trilogia interamente dedicata alle donne di Sarajevo che stanno sfondando ogni barriera. Da quella per la parità di genere a quella per la ripresa economica e sociale di una nazione con mille sfide davanti a sé.
Un modello, una fonte di ispirazione per tutte le ragazze (e anche i ragazzi) della Bosnia, dei Balcani e di qualsiasi parte del mondo. Il primo episodio lo aprono due giovani donne che si stanno distinguendo nel mondo dell’IT (information technology).
A BarBalcani sono appena entrate Džana Bašić e Rialda Spahić.
Senza perdere tempo, a loro la parola in un’intervista doppia!
Sogni, sfide e coraggio
Iniziamo dalle origini. Da dove è nata l’ispirazione di intraprendere questo percorso?
Džana: “Molto semplicemente, mi è sempre piaciuta la matematica. Solo che di solito qui si finisce a fare le professoresse alla scuola elementare o alle superiori. Mi piace anche insegnare, ma volevo usare la mia predisposizione alla logica per raggiungere qualcosa di più.
Alla fine delle superiori, un professore mi suggerì allora di provare qualcosa legato all’ambito dei computer. Non ero molto brava a programmare, ma per me questa era una sfida. Speravo che una carriera nell’IT mi avrebbe portato a qualcosa di interessante e stimolante. Devo dire che avevo ragione!”
Rialda: “Decisi di studiare ingegneria e scienze informatiche un anno prima di finire la scuola superiore. Nei fine settimana lavoravo in un circolo di video-giocatori e questo stuzzicò il mio interesse. Sono stata coraggiosa a buttarmici senza esperienza nella programmazione. Ma è stata la migliore decisione che potessi prendere!
Ero anche privilegiata dall’avere una madre che è ingegnera. Perciò una carriera STEM [scienza, tecnologia, ingegneria e matematica] non mi è mai sembrata ‘innaturale’. Ho pensato anche al mio futuro. Sapevo che ci sarebbero state molte opportunità nell’IT: non indifferente, se consideriamo il tasso di disoccupazione in Bosnia ed Erzegovina”.
E dove ti ha portato questa scelta?
Džana: “Tre anni fa sono entrata nel campo della bioinformatica, un ponte tra l’ingegneria dell’informazione e quella dell’industria sanitaria. Sviluppo algoritmi per l’analisi dei bio-dati, traendo conclusioni che portano a miglioramenti nella qualità della vita.
Quest’anno ho anche iniziato un dottorato alla Sarajevo School of Science and Technology, mentre ero incinta [Džana è diventata madre da poche settimane]. Sto lavorando nel campo del machine learning applicato al microbioma umano. Spero di sviluppare strumenti e algoritmi che miglioreranno l’industria sanitaria”.
Rialda: “Dopo la laurea magistrale, ho lasciato Sarajevo e mi sono trasferita in Norvegia per un’opportunità in un colosso dell’energia. Due anni dopo ho preso una licenza per studio e ho iniziato un dottorato in ingegneria cibernetica alla Norwegian University of Science and Technology, con un progetto in robotica sottomarina”.
Il percorso fin qui è stato entusiasmante. Attraverso il lavoro sono stata inclusa in attività di emancipazione femminile anche qui in Norvegia. La mancanza di donne in discipline STEM è una sfida globale che stiamo affrontando”.
Non abbiamo più paura
Ora devo chiedervi come ci si sente a essere donna in un campo così “maschile”.
Džana: “Certo, all’università si sentono spesso commenti maliziosi dei compagni, come: «Come avrai fatto a prendere il massimo dei voti?» Ma è qualcosa a cui non ho mai prestato molta attenzione. Credo che il mio carattere mi abbia permesso di sentirmi bene con me stessa in ogni situazione.
Abbiamo bisogno di più donne nel campo IT, la nostra presenza si ferma al 30 per cento. Tuttavia, devo dire che cambia da azienda ad azienda: se si tratta di hardware, la percentuale è più bassa, ma se si tratta di software, c’è una buona probabilità che più donne siano coinvolte”.
Rialda: “La verità è che ci sono due facce della stessa medaglia. In quella più negativa è chiara la pressione sociale a partire dal sesso. Ho vissuto sulla mia pelle commenti sull’aver ottenuto una buona posizione: perché sono donna, non perché competente. «Le ragazze non hanno ciò che serve per essere ingegneri informatici». Ho sentito continuamente la necessità di dimostrare a me stessa che la mia opinione contava.
Ma in quella più positiva, questo succede sempre meno perché stiamo aumentando la consapevolezza su questo tema: le ragazze sono più incluse che mai. E mentre creiamo programmi disegnati apposta per favorire l’avanzamento delle donne nelle discipline STEM, sono ancora fondamentali le capacità e le conoscenze, non il sesso”.
Quindi la situazione sta migliorando per le giovani donne?
Džana: “Ne sono convinta. Le bambine oggi sono piuttosto sicure su cosa vogliono fare delle proprie vite. Se guardo indietro alla mia esperienza, molte cose sono cambiate in sette anni. Ci sono molto iniziative per l’emancipazione femminile.
Più ragazze hanno l’opportunità di emergere, dopo aver ricevuto incoraggiamento da modelli femminili, che dicono: «Se ce l’ho fatta io, puoi farcela anche tu». Ecco perché così tante ragazze non hanno più paura”.
Rialda: “Sì! Nel mio caso, spesso mi trovo a essere l’unica donna nella stanza, sin da quando ho iniziato a studiare e in tutte le esperienze professionali. Ma se guardo alle scuole di oggi, la situazione sta pian piano migliorando. Parlarne è l’unico modo per incoraggiare le ragazze a credere che sono in grado di fare tutto ciò che vogliono.
In Bosnia molte donne stanno combattendo e sono molto orgogliosa di questo cambiamento. I movimenti IT stanno avendo un grande impatto, finalmente le donne alzano la voce perché trovano supporto. Sta diventando la nuova normalità: spero che presto diventi naturale vedere una donna programmatrice”.
IT Girls
Entrambe siete state coinvolte in una specifica attività di emancipazione femminile. Ce la potete raccontare?
Džana: “IT Girls è un’iniziativa inaugurata nel 2016 a Sarajevo da alcune giovani imprenditrici con l’appoggio delle Nazioni Unite in Bosnia ed Erzegovina. Vogliamo incoraggiare bambine e ragazzine a entrare nel mondo della tecnologia dell’informazione.
L’altro scopo è dare un’opportunità non solo alle ragazze della capitale della Bosnia, ma anche a quelle di tutto il Paese: sperimentare il vero mondo dell’IT in 5 giorni di formazione. Vogliamo mostrare loro che sono intelligenti e condividere con loro le esperienze di grandi professioniste”.
Rialda: “Il progetto IT Girls è stato un vero punto di svolta per me e le mie colleghe. Mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto capire tutte le ragioni per cui una ragazzina potrebbe non sentirsi adatta a una carriera STEM. Puntiamo a rompere queste barriere e stereotipi.
Ragazze provenienti da qualsiasi contesto devono sentirsi a loro agio con il proprio genere. Così tante donne hanno permesso svolte epocali nella storia della scienza e della tecnologia: perché dovremmo pensare che non possiamo più farlo? È importante insegnare anche ai ragazzi lo stesso concetto, aumentare la consapevolezza”.
Un ricordo che porti ancora nel cuore?
Džana: “Spesso riceviamo messaggi dalle ragazze che abbiamo formato, con i link ai siti che hanno creato, o con richieste di suggerimenti. Pochi giorni fa ho visto su Facebook i traguardi raggiunti da una diciassettenne: era una delle partecipanti al primo corso che ho tenuto.
Non potevo credere a quanto fosse cambiata da quel giorno: era timida, non aveva nessuna formazione professionale, pensava di non essere adatta. Dovreste vederla ora, spacca! È ciò che mi rende veramente orgogliosa. Vorrei aver avuto queste opportunità anche io quando ero alla scuola elementare o superiore”.
Rialda: “Con i corsi di IT Girls ho incontrato tante ragazze. Una volta una competizione della “Giornata nazionale delle ragazze nell’IT” chiedeva di scrivere riguardo al proprio esempio da seguire. Mi sono sentita mancare quando ho saputo che due liceali di Sarajevo avevano scritto su di me, come loro punto di riferimento.
Questo dà senso a tutto: sapere che hai influenzato e incoraggiato qualcuno a fare qualcosa per cui tanti altri non hanno il coraggio. Sono stata nei loro panni e so quanto è importante avere una figura di riferimento. Non sono mai stata più orgogliosa di altro in vita mia!”
Cosa diresti a una giovane ragazza che è interessata alle discipline IT e STEM?
Džana: “Le direi di provare qualsiasi cosa, di cogliere ogni opportunità. Di frequentare ogni corso di cui vuole conoscere qualcosa in più, tutti quelli a cui è interessata. Prova e basta, e vedi se ti trovi a tuo agio.
E anche se quel campo non fa per te, va bene lo stesso. Ce ne sono altri mille da scoprire. Prova a cercare il tuo e quando lo trovi, non mollare. Se ti sembra difficile all’inizio, vuol dire che ne vale davvero la pena!”
Rialda: “Non c’è proprio nessun motivo di pensare che le donne abbiano meno predisposizione per la scienza e la tecnologia rispetto ai loro colleghi maschi. I miei punti di riferimento sono sia donne che uomini e da entrambi ho ricevuto supporto.
La fiducia più grande che puoi ricevere è quella che hai in te stessa. Una volta che riconosci quella, non esistono confini imposti dal tuo genere. Quando intraprendi la carriera professionale che desideri, sii orgogliosa di esserci. Nessun uomo o donna potrà portartelo via!”
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine del primo episodio di questa nuova tappa/trilogia.
È tempo di una pausa.
Prima che riprendano il loro cammino, lasciamo che Džana and Rialda ci suggeriscano qualcosa da bere, sedute al loro BarBalcani.
Siamo tutt’orecchie!
Džana: “Non beviamo solo caffè a Sarajevo, anche se nessuno può iniziare la mattinata senza bere il caffè bosniaco. Ma si trovano anche molti tipi di tisane biologiche. In molti vanno sulle montagne a raccogliere fiori dagli alberi: per esempio i fiori di sambuco, che hanno molte proprietà”.
Rialda: “Raccomando il salep, una bevanda non alcolica molto dolce. Si ottiene dalle radici delle orchidee selvatiche e sopra ci si spolvera della cannella. Gli Ottomani ci portarono il salep e diventò presto una delle nostre bevande tradizionali”.
Gambe in spalla, riprende il viaggio di BarBalcani! Ci rivediamo fra una settimana, per il 2° episodio di questa trilogia sulle grandi donne di Sarajevo dei giorni nostri.
Un abbraccio e buon cammino!
Anche oggi ti ringrazio per la fiducia che riservi al nostro viaggio. Se ti fossi perso qualche tappa, qui puoi recuperarle tutte.
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