XLIV. And the Oscar goes to...
A 20 anni dall'unico trionfo di un film balcanico a Hollywood, ci riprova "Quo Vadis, Aida?" con la storia del massacro di Srebrenica. Sul sito del Sarajevo Film Festival, la visione online è gratuita
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani occidentali nel 30° anniversario dalle guerre nell’ex-Jugoslavia.
Mancano ormai poche ore a una delle notti più attese di tutto l’anno, in tutto il mondo.
La notte del tappeto rosso, del Dolby Theatre (per i nostalgici, il Kodak Theatre), delle stelle di Hollywood.
La Notte degli Oscar.
In programma domenica 25 aprile (alle 02:00 di lunedì 26 in Italia), quest’edizione sarà particolare per tante ragioni.
Prima di tutto, per l’introduzione del formato a distanza per chi non potrà viaggiare a Los Angeles a causa della pandemia COVID-19
Ma anche per l’Europa.
Perché dopo 20 anni dall’ultimo (e unico) trionfo nella sezione “Miglior film in lingua straniera”, un film bosniaco proverà a portare di nuovo nei Balcani la statuetta d’oro dell’Academy.
And the Oscar goes to…
L’underdog da Sarajevo
A contendersi la palma di miglior film in lingua straniera saranno quest’anno tre film europei, uno asiatico e uno africano:
Another Round (Danimarca)
Collective (Romania)
Quo Vadis, Aida? (Bosnia ed Erzegovina)
Better Days (Hong Kong)
The Man Who Sold His Skin (Tunisia)
Il film danese Another Round è il favoritissimo per la vittoria. Ma da Sarajevo è arrivato a Hollywood un underdog balcanico, uno sfavorito di lusso.
Senza la pressione di chi parte con l’obbligo di dover vincere, Quo Vadis, Aida? può riservare grandi sorprese.
Il film è la drammatica ricostruzione della storia di una giovane donna bosniaca, traduttrice per la missione di pace delle Nazioni Unite nel suo Paese.
Lo scenario è quello del massacro di Srebrenica del luglio 1995.
Bosnia ed Erzegovina, luglio 1995.
Aida è una traduttrice per le Nazioni Unite a Potočari, a cinque chilometri da Srebrenica. Quando l’esercito serbo prende il controllo della città, la sua famiglia è tra le migliaia di cittadini che cercano rifugio nel campo ONU.
In qualità di addetta ai negoziati, Aida ha accesso a informazioni cruciali che deve interpretare. Verrà così a conoscenza del destino all’orizzonte per la sua famiglia e i suoi concittadini.
L’attrice Jasna Ðuričić veste i panni di una donna che lotta per salvare suo marito e i suoi figli. Aida corre incessantemente, alla ricerca di un manager, un ufficiale, un aiuto, un essere umano che le permettano di nascondere gli uomini della sua famiglia.
«Questo film parla di una donna intrappolata in un gioco di guerra maschile. Tratta di coraggio, amore e resilienza, ma anche di ciò che accade se non reagiamo in tempo ai segnali di pericolo. Sono sopravvissuta alla guerra in Bosnia: un giorno hai tutto e quello dopo la maggior parte delle cose che conosci non esistono più. Solo perché riteniamo alcune cose inimmaginabili, non significa che non possano accadere».
Jasmila Žbanić, regista
Quo Vadis, Aida? è il quinto lungometraggio della regista bosniaca Jasmila Žbanić, conosciuta per la conquista dell’Orso d’Oro a Berlino nel 2006, con il film Il segreto di Esma.
Aldilà della storia personale della protagonista, il merito della regista è quello di mostrare l’essenza di un genocidio anche senza una goccia di sangue, né scene di violenza.
Ma c’è tutta la catena di responsabilità della tragedia. La volontà politica, i soprusi dei militari e la codardia generale, che hanno reso possibile il massacro di 8.372 uomini in pochi giorni.
Il film mostra queste dinamiche inestricabili, la sofferenza, le tensioni e l’angoscia che a poco a poco si materializza tra i civili e all’interno della famiglia di Aida.
Una densità di emozioni quasi soffocante. Senza suspense, perché la Storia (anche per chi la stava vivendo) è già stata scritta.
Il finale è scontato, si legge dalle prime battute. Ma non potrebbe essere altrimenti.
Il film è liberamente ispirato alla storia di Hasan Nuhanović, traduttore per il contingente Dutchbat III della Forza di protezione delle Nazioni Unite a Potočari.
L’11 luglio 1995 i genitori e il fratello entrarono nella base ONU, ritenendosi al sicuro. Ne uscirono due giorni dopo, nelle mani di soldati serbi.
Furono consegnati dai soldati olandesi, che non poterono nasconderli o farli passare per dipendenti delle Nazioni Unite.
I resti di Ibro, Nasiha e Muhamed Nuhanović sono sepolti nel cimitero commemorativo di Potočari.
Hasan Nuhanović fu un testimone chiave per stabilire i fatti di Srebrenica, mentre negli ultimi anni ha lavorato a stretto contatto con Jasmila Žbanić per creare la sceneggiatura del film.
È stato Hasan a suggerire che il personaggio a lui ispirato fosse interpretato da una donna.
Quo Vadis, Aida? è un promemoria molto sottile, che serve a ricordarci che nessuno sforzo è sprecato nel tentativo di fermare l’orrore.
Vale la pena rimanere in attesa fino alla fine dei titoli di coda, quando i volti di un gruppo di uomini e donne che ballano un ultimo kolo in un bar della Bosnia orientale ci fissano negli occhi.
E sembrano volerci ricordare la nostra passività, la nostra indifferenza verso la violenza.
Quella di ieri, ma anche - e soprattutto - quella di oggi.
Non perdertelo
In attesa di scoprire se l’underdog da Sarajevo riuscirà nell’impresa a Hollywood, la capitale della Bosnia ed Erzegovina ha deciso di farci un regalo.
Da oggi (24 aprile) a venerdì 30 aprile, il Sarajevo Film Festival mette a disposizione la visione online gratuita di nove lungometraggi e un cortometraggio, tra cui anche Quo Vadis, Aida?.
Le dieci pellicole si inseriscono nell’ambito del programma “Dealing with the Past” della 27ª edizione di uno dei più importanti Festival della penisola.
[Se vuoi saperne di più, ne abbiamo parlato con Nina Dumrukcic nella 23ª tappa, Inspire like a girl, ep. 3]
Il programma è stato lanciato nel 2016. Con l’obiettivo di stimolare il dialogo sul recente passato nei Balcani, a partire da film che trattano temi di conflitto e riconciliazione. Come spiega la direzione:
«È il prerequisito per superare i problemi derivanti dalle recenti guerre nell’ex-Jugoslavia, che hanno segnato irrimediabilmente le nostre società. Negli ultimi cinque anni abbiamo condiviso molte storie da tutto il mondo, estremamente dolorose, ma stimolanti».
Oltre al film candidato agli Oscar, saranno disponibili anche:
The Diary of Diana B. (di Dana Budisavljević), film biografico su Diana Budisavljević e come ha messo in salvo più di 10 mila bambini imprigionati nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale;
Srbenka (di Nebojša Slijepčević), la storia di Aleksandra Zec, ragazza serba uccisa a Zagabria nel 1991;
The Load (di Ognjen Glavonić), film drammatico su un camionista serbo che viene pagato per spostare un carico misterioso dal Kosovo a Belgrado durante i bombardamenti sulla Jugoslavia nel 1999;
The Painted Bird (di Václav Marhoul), film in bianco e nero che descrive la seconda guerra mondiale dal punto di vista di un ragazzo;
Chris the Swiss (di Anja Kofmel), documentario sulla ricerca della verità e il confronto con i fantasmi del passato;
Son of Saul (di László Nemes), racconta la storia di un operaio ebreo che nel campo di concentramento di Auschwitz cerca un rabbino per dare degna sepoltura a un bimbo deceduto;
Men Don’t Cry (di Alen Drljević), segue il confronto tra dieci ex-soldati degli opposti schieramenti, riuniti in un hotel in Bosnia 15 anni dopo la guerra;
Yugoslavia: How Ideology Moved Our Collective Body (di Marta Popivoda), film d’essai basato sulla questione di come l’ideologia modella lo spazio pubblico attraverso spettacoli di massa;
The Pit (di Alban Ukaj), cortometraggio su tre giovani registi indipendenti che scoprono di essere osservati da uno sconosciuto mentre realizzano un film su un crimine di guerra a Sarajevo.
Un sogno lungo vent’anni
Sono passati 20 anni da quel 25 marzo 2001, quando No Man’s Land di Danis Tanović portava sui Balcani per la prima e unica volta la statuetta dell’Academy di Hollywood.
Un film di guerra, ma con tono di commedia. Il ridicolo di una guerra atroce.
Durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina nel 1993, due soldati delle fazioni opposte - il serbo-bosniaco Nino e il bosgnacco Čiki - rimangono intrappolati in una trincea nella terra di nessuno. Un terzo soldato è sdraiato su una mina, che rischia di esplodere a un suo minimo movimento.
Le truppe ONU intervengono, ma creano solo problemi, in una guerra che è percepita come terreno per esercitazioni diplomatiche.
“Qual è la differenza tra un pessimista e un ottimista? Il primo pensa che le cose non possano andare peggio di così. Il secondo è convinto di sì”.
Con questa battuta si riassume un film tragicomico e amaro, che partendo dalla guerra nell’ex-Jugoslavia, diventa il paradigma di tutte le guerre contemporanee.
Nel corso della sua storia, tra il 1958 e il 1985 la Jugoslavia riuscì a presentare 6 candidature agli Oscar, senza mai completare l’impresa di vincere la statuetta di “Miglior film in lingua straniera”.
In 30 anni dalla dissoluzione della Federazione, i sette Paesi (più l’Albania) hanno provato a sottoporre al giudizio della giuria 144 film in totale.
Ma prima di questa 93ª edizione hanno avuto solo 3 opportunità come candidati agli Oscar. Una volta la Bosnia ed Erzegovina (nel famoso 2001) e due volte la Macedonia del Nord (Before the Rain nel 1994, Honeyland nel 2019).
Ora ci proverà Quo Vadis, Aida? a riportare la statuetta nei Balcani.
Un’impresa che, comunque andrà la serata di Hollywood del 25 aprile, ha già il sapore del successo.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Se si parla di premi e ci troviamo in Bosnia ed Erzegovina, non possiamo non fermarci a bere uno dei migliori vini della regione: il rosso Velika Rezerva.
Prodotto dalla cantina del monastero quattrocentesco serbo-ortodosso di Tvrdoš, nei pressi della città di Trebinje, il vino secolare si è aggiudicato nel 2018 la medaglia d’oro al concorso annuale organizzato da Decanter, la prestigiosa rivista enologica.
Il Velika Rezerva si è imposto su altri 16.900 vini da tutto il mondo, mentre il Vranac e il Hum-Cabernet Sauvignon della stessa cantina hanno vinto la medaglia di bronzo.
Il monastero di Tvrdoš dispone di due cantine.
La prima è del XV secolo, con le pareti in pietra e le botti di rovere secolari.
Nei pressi del fiume Trebišnjica si trova invece la seconda, interrata ma con moderne tecnologie di produzione.
Tutto ciò che serve per arrivare al successo globale e dimostrare l’alta qualità dei prodotti locali.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la quarantacinquesima tappa!
Un abbraccio e buon cammino!
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