S3E6. Una crisi o forse mai più
Centinaia di milioni di euro contro il caro-prezzi dell'energia e supporto per ogni questione cruciale. Il destino intrecciato dei Balcani Occidentali e dell'UE dopo il viaggio di Ursula von der Leyen
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter (e sito) dai confini sfumati.
Unità e solidarietà.
Si potrebbero riassumere così i tre giorni e le cinque tappe del viaggio della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, nei Balcani Occidentali tra il 26 e il 28 ottobre.
È saltato solo il Montenegro (per «maltempo»), che verrà presto recuperato. Ma il messaggio di fondo non sarebbe stato diverso.
L’Unione Europea vuole chiudere ogni spazio rimasto con la regione balcanica, perché di fronte a questa nuova crisi - quella energetica - la distanza potrebbe diventare incolmabile.
Ed è per questo che è servita una riposta decisa, promesse tangibili sull’immediato e una prospettiva di avvicinamento e adesione all’Unione irreversibile.
Con alti e bassi, la numero uno della Commissione l’ha fatto. E quelli che leggerai sono i risultati della più importante visita di von der Leyen nei Balcani Occidentali.
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Un miliardo contro la crisi
Il viaggio di von der Leyen nei Balcani Occidentali è legato da un filo rosso: il sostegno dell’UE per affrontare la crisi energetica.
Contro l’impatto degli alti prezzi dell’energia per famiglie e imprese, la numero uno della Commissione ha annunciato come prima cosa un sostegno diretto al bilancio in ciascuno dei sei Paesi partner.
Complessivamente oltre 470 milioni di euro: 80 per la Macedonia del Nord, altrettanti per l’Albania, 75 per il Kosovo, 70 per la Bosnia ed Erzegovina, 165 per la Serbia (per il Montenegro sarà comunicato al momento della visita da riprogrammare, rendono noto fonti Ue).
Le procedure saranno completate entro la fine dell’anno e i finanziamenti sborsati a partire da gennaio.
Ma sul medio/lungo periodo l’ambizione è più grande. Ecco perché a Bruxelles è stato elaborato anche un piano di sovvenzioni da 500 milioni per tutta la regione.
La seconda parte del sostegno energetico avrà 3 pilastri, secondo le particolarità e i punti di forza di ciascun Paese: infrastrutture, efficienza energetica e fonti rinnovabili.
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Oltre a centrali solari, eoliche, idroelettriche, a biomassa e a teleriscaldamento con energia pulita, rivestiranno un ruolo-chiave le infrastrutture energetiche trans-frontaliere.
Dalla Serbia passeranno sia l’interconnettore del gas con la Bulgaria (171 chilometri tra Niš e Sofia e un flusso di 1,8 miliardi di metri cubi all’anno), sia quello con la Macedonia del Nord (che si innesterà al gasdotto Macedonia del Nord-Bulgaria).
Cruciale sarà anche il Corridoio Elettrico Trans-Balcanico, una rete di trasmissione a 400 kilovolt che legherà l’Italia alla Bulgaria, passando da Montenegro, Bosnia ed Erzegovina e Serbia.
Il progetto risponderà a una delle priorità della politica energetica europea: integrare il mercato dell’elettricità di tutti i Paesi del continente.
E poi c’è il gasdotto Ionico-Adriatico (Iap), infrastruttura bi-direzionale, lunga 516 chilometri e con una capacità di 5 miliardi di metri cubi all’anno.
Si innesterà sul gasdotto Trans-Adriatico (Tap), che trasporta il gas dall’Azerbaigian all’Italia, e si svilupperà in Albania, Montenegro e Bosnia ed Erzegovina, fino ad arrivare a Spalato (Croazia).
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La Bosnia nel cuore
«Nel cuore di Bruxelles c’è un pezzo di Bosnia ed Erzegovina. È un grande edificio dipinto da un giovane artista di Sarajevo, Rikardo Druškić, che manda un messaggio chiaro: siete parte dell’Europa, appartenente all’Unione Europea».
È iniziato così il discorso di von der Leyen a Sarajevo, con una storia che è il simbolo della «fede nell’Europa, così grande nei giovani bosniaci».
Una generazione nata dopo la guerra del 1992-1995, che «rispetta il passato, ma non vuole più essere divisa» e che cerca «prosperità economica, libertà di movimento, un futuro nel Paese».
Obiettivi che passano tutti dall’adesione all’UE e che adesso i politici eletti lo scorso 3 ottobre devono concretizzare con un piano di riforme istituzionali e costituzionali.
Da parte della Commissione c’è un sostegno che non è mai stato così forte, come ha dimostrato la raccomandazione al Consiglio di concedere lo status di Paese candidato al vertice dei leader Ue di dicembre: «Vi difenderò personalmente».
«Sfruttate questa opportunità, per favore, la porta è aperta, è il vostro momento», è l’esortazione della presidente della Commissione.
Di fronte a tutte le difficoltà - dalla crisi energetica alla destabilizzazione russa che sta approfondendo la divisione tra le entità che compongono il Paese - l’unica soluzione è l’unità e la solidarietà, interna e con l’Unione Europea.
Lo dimostra, ancora una volta, l’esempio di una giovane bosniaca:
«Per Lana Pudar, vincitrice dell’oro europeo nei 200 metri farfalla femminili, non è stato facile allenarsi, in una città che non ha una piscina olimpionica. Ma Lana ce l’ha fatta contro ogni previsione e oggi, grazie al suo successo, a Mostar verrà costruita una nuova piscina olimpionica».
La nuotatrice 16enne è diventata così un simbolo in tutto il Paese:
«È stata celebrata in tutte le entità e aldilà dei confini. Questo è il sogno dei vostri giovani, un Paese unito nella diversità e con i suoi vicini, in un’unica famiglia europea. Lavoriamo per farlo insieme».
Leggi su Eunews: La promessa di adesione all’UE della Bosnia ed Erzegovina
Tra targhe, lingua e nuovi appuntamenti
Sia nel corso della tappa a Pristina (Kosovo), sia in quella a Jelašnica (Serbia), la presidente von der Leyen ha voluto rimarcare la sua fiducia nei confronti di «una soluzione attraverso il dialogo».
Il riferimento era alla scadenza del 31 ottobre per la re-immatricolazione dei veicoli in Kosovo, secondo la decisione del governo di imporre la sostituzione delle targhe serbe (molto diffuse tra la minoranza nel nord del Paese) con quelle kosovare.
La questione aveva già scatenato violente reazioni nel nord del Kosovo a fine luglio (per l’approssimarsi dell’originaria scadenza del 1° agosto), costringendo Pristina a una doppia proroga.
Dal 1° settembre è in vigore l’obbligo di apporre un bollo a coprire l’emblema serbo (misura identica a quella applicata da Belgrado sulle auto kosovare). Entro il 30 settembre – con un ulteriore rinvio al 31 ottobre – tutti i cittadini di etnia serba che vivono in Kosovo avrebbero dovuto re-immatricolare i propri veicoli, utilizzando una targa rilasciata dalle autorità di Pristina.
Ma in questi tre mesi Serbia e Kosovo non sono mai riusciti a trovare un’intesa sulle targhe sostenibile, definitiva e reciproca.
Ecco perché il conflitto diplomatico che si è aperto più di un anno fa è ancora irrisolto, con violenze sporadiche ai valichi di frontiera e ripercussioni tangibili sulla popolazione di confine.
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Una sorta di compromesso in extremis è stato trovato proprio nel giorno del saluto di von der Leyen ai Balcani, la sera del 28 ottobre.
Mentre da Bruxelles e Washington arrivavano richieste al Kosovo di rinviare di 10 mesi la scadenza, il premier Albin Kurti ha invece annunciato un nuovo piano graduale per l’applicazione delle regole sulla sostituzione delle targhe serbe.
La scadenza rimane il 1° novembre. A chi non si adeguerà, fino 21 novembre sarà emesso un avvertimento, tra il 21 novembre e il 21 gennaio una multa e tra il 21 gennaio al 21 aprile sarà applicata una targa temporanea.
Dal 21 aprile 2023 in poi l’entrata in vigore sarà definitiva e i veicoli non conformi saranno sottoposti a sequestro.
La concessione non è stata per nulla negoziata con Belgrado, che ha risposto alzando il livello di allarme delle sue forze armate, mentre da Bruxelles è arrivato l’avvertimento di «rispettare le modalità concordate nel dialogo» con la Serbia.
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Parlando di conflitti diplomatici nella regione, sembra - apparentemente - superato quello tra la Bulgaria e la Macedonia del Nord.
«Rispetteremo pienamente la vostra identità e la vostra lingua», ha promesso von der Leyen nella sua visita a Skopje, parlando dei negoziati di adesione all’Unione Europea avviati a luglio dopo 3 anni di stallo.
La dimostrazione tangibile è il primo documento ufficiale firmato nell’ambito dei negoziati di adesione, «senza note, senza asterischi, su un piano di parità con tutte le 24 lingue dell’Unione Europea».
Si tratta dell’accordo di cooperazione operativa nella gestione delle frontiere da parte di Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera), tradotto anche in lingua macedone:
«Dimostra che non ci sono dubbi sul fatto che è la vostra lingua e noi la rispettiamo pienamente. Sono profondamente convinta che non ci vorrà molto tempo prima di avere 25 lingue ufficiali nell’UE».
Per quanto riguarda l’accordo Frontex, non può passare sottotraccia il fatto che gli agenti UE potranno essere dispiegati non solo alle frontiere con l’Unione (Grecia e Bulgaria), ma anche con gli altri Paesi balcanici extra-Ue (Serbia, Kosovo e Albania).
La stessa cosa che la Commissione UE vorrebbe fare anche con Albania, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro e Serbia.
In Macedonia del Nord potranno essere effettuate operazioni congiunte con le autorità di Skopje nell’ambito del contrasto alla migrazione irregolare, con una presenza aumentata rispetto agli attuali 300 membri del corpo permanente.
Leggi su Eunews: La tappa di von der Leyen a Skopje, tra lingua macedone e Frontex
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Tutte queste questioni convergono verso la prospettiva del 6 dicembre, quando a Tirana si svolgerà il nuovo vertice UE-Balcani Occidentali, il terzo in poco più di un anno.
«È quasi incredibile essere riusciti a ospitare un altro evento europeo di così grande importanza, dopo la finale della Conference League», ha esultato il premier albanese, Edi Rama.
«Ci rivedremo a dicembre a Tirana, sarà un incontro molto importante», ha confermato la presidente von der Leyen.
Le premesse sono tutte qui.
Per la messa a terra, bisognerà aspettare ancora un mese.
Leggi su Eunews: L’Albania è pronta per il vertice del 6 dicembre
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
A proposito di prossimi appuntamenti, sul bancone di BarBalcani oggi troviamo un evento a cui anche tu puoi partecipare, tra pochissime settimane.
Sabato 26 novembre a Bruxelles la libreria e vineria italiana PiolaLibri ospiterà il nuovo evento di BarBalcani “Poveri noi. Racconti da Bihać e dalla rotta balcanica”.
I ragazzi e le ragazze di Apriamo i Porti Bruxelles ci parleranno della situazione lungo la rotta balcanica e delle politiche europee di esternalizzazione delle frontiere.
Lorenzo ‘ULULA’ Garofalo e Nicola Veronesi - prima di esibirsi in un live in acustico - ci racconteranno il progetto che ha coinvolto la band ULULA & LaForesta sulla frontiera a Bihać (Bosnia ed Erzegovina) e che ha ispirato l’album “Poveri Noi”.
Clicca qui per saperne di più:
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra due settimane, per la settima tappa.
Un abbraccio e buon cammino!
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Io come sempre ti ringrazio per essere arrivato fino a questo punto del nostro viaggio. Qui puoi trovare tutte le tappe passate.