S3E14. La Balkan wave del rap italiano
Le seconde generazioni italo-balcaniche stanno rivoluzionando la scena rap per stile, sound e messaggi. Alen Đokić, in arte Doppelgänger, ci guida nell'analisi di un nuovo fenomeno in pieno sviluppo
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter (e sito) dai confini sfumati.
Musica balcanica, dicevamo. Quasi una fissazione, tra trombe, fisarmoniche e ritmi zigani (che se avessi perduto per strada puoi recuperare qui).
C’era un tassello mancante nella nostra analisi sui generi contenuti nello sconfinato quadro che chiamiamo “musica balcanica”.
Ne mancava uno solo, ma decisivo per capire in che direzione si sta andando negli ultimi anni, se non mesi. E non solo nei Balcani, ma soprattutto in Italia.
Mancava perché sta nascendo proprio ora, mentre lo ascoltiamo, ne scriviamo, ne leggiamo. E a BarBalcani siamo sicuri meriti uno spazio tutto suo.
È il rap balcanico. Un’onda, una wave, che sta travolgendo la scena rap italiana grazie alle seconde generazioni figlie di chi dai Balcani è partito negli anni Novanta.
Cos’è il rap italo-balcanico
La Balkan wave è un fenomeno musicale che si sta affermando nella scena rap italiana da pochissimi anni.
Non va più indietro del 2020 e ha avuto la sua esplosione nel biennio 2021-2022, con l’intensificarsi della pubblicazione di singoli e album da parte di giovani artisti.
Non si può parlare di rap italo-balcanico senza considerare l’origine dei suoi esponenti. Ragazze e ragazzi nati negli ultimissimi anni Novanta o primi Duemila da genitori emigrati in Italia dall’Albania e dai Paesi dell’ex-Jugoslavia (o trasferitisi nei primi anni di vita).
Sono le seconde generazioni con un piede in Italia e un piede nei Balcani, che riconoscono un pezzo d’identità da una parte e un pezzo d’identità dall’altra dell’Adriatico.
Il Ghost italo-kosovaro, Daxter e Xhovana italo-albanesi, Doppelgänger italo-bosniaco. Ognuno con una storia personale e un percorso artistico unico.
Musicalmente il loro stile si rifa a quello dei rapper balcanici più affermati, come Noizy, Frenkie, Edo Maajka, Coby e Ghetto Geasy. È spesso un rap crudo, che parla di periferie, armi, droga, esclusione e conflitto sociale.
Ma gli esponenti della Balkan wave hanno anche un’altra caratteristica che li contraddistingue e li differenzia dagli altri rapper balcanici. Il racconto di una vita vissuta in Italia e di un’anima legata ai Balcani, che emerge dai testi e dal sound.
Per capire meglio cosa si nasconde dietro questo fenomeno in ascesa, BarBalcani ha chiesto a uno degli esponenti più interessanti della wave italo-balcanica di raccontarci come nasce e si sviluppa una nuova tendenza nella scena rap.
Alen Đokić, in arte Doppelgänger, è un rapper italo-bosniaco. È nato nel 2000 a Roma da una famiglia originaria di Kotor Varoš, a pochi chilometri da Banja Luka (nell’entità a maggioranza serba della Bosnia ed Erzgovina).
Il tratto più originale di Doppelgänger è quello di riversare nella sua musica il significato profondo di un’identità non facilmente inquadrabile e divisa a metà. Ma soprattutto di voler parlare non solo a bosniaci e italo-bosniaci come lui, e diventare un punto di riferimento per tutti gli italo-balcanici.
Lo fa con sonorità del tutto originali, che si richiamano a un panorama poco conosciuto in Italia. Lo fa con testi che parlano di fratellanza e vita vissuta, in cui ragazzi e ragazze con origini ed esperienze simili possono facilmente identificarsi.
Una wave divisa a metà
Alen, ci racconti come è iniziato tutto questo per te?
«È iniziato poco più di due anni fa, nel novembre 2020, principalmente per noia durante la pandemia. La musica mi è sempre piaciuta, ma non l’avevo mai fatta.
Ho scoperto che apprezzo tutto il processo creativo, dalla ricerca del beat più adatto alla pubblicazione. Alcuni testi li scrivo in una notte, per altri mi servono mesi.
Il processo evolutivo è durato un anno, fino al 30 dicembre 2021, quando ho collaborato con Frenkie, uno dei più grandi esponenti del rap bosniaco, sul singolo Mic Check.
Per arrivare fin lì ho cercato un modo per promuovere la mia musica. E l’ho trovato in TikTok, legandolo ai Balcani, ma non in maniera ridicolizzata.
Nel giugno 2021 c’è stata la vera esplosione e da allora ho macinato canzoni. Blk Bld, Alen, Mai Morto, fino all’ultimo singolo Hooka, che è entrato in Novità Rap Italiano di Spotify».
“Questa è la mia storia frà di me cresciuto a Roma / lontano dalla Bosnia lontano frà da ogni cosa
Per ogni strofa frà una lacrima che sa di verità / per quelli come me che son divisi in due metà”
- Alen -
In quanto bosniaco nato a Roma, dai tuoi testi emerge una divisione in due metà. Ma cosa significa davvero?
«Essere diviso in due metà, una parte bosniaca e una parte italiana, ha un grande pregio e un grande difetto.
Sono davvero orgoglioso di essere allo stesso tempo italiano di Roma e bosniaco musulmano, della parte serba della Bosnia. Solo grazie a queste mie origini potrei raccontare di decenni e secoli di storia, per esserne discendente. Sono fiero di essere un mix di culture.
Ma ha anche un difetto. Non ti senti di appartenere a nulla. Come quando vai a una festa e tutti ti accettano, ma tu percepisci che non riesci a integrarti completamente.
Quando vado in Bosnia ci sono tanti atteggiamenti che non capisco e a volte mi chiedo se sono davvero bosniaco. La stessa cosa succede a Roma: la ammiro, sono romano, ma in un certo senso mi sento estraneo.
È quasi impossibile da spiegare. Nemmeno mia mamma riesce a capirmi fino in fondo. Sei solo tu con te stesso».
Che impatto ha questa consapevolezza sulla tua musica?
«Mi aiuta molto, in realtà, perché riesco a prendere i tratti negativi e trasformarli in qualcosa di positivo.
Perché non sono solo io, ma posso a trasmettere la mia musica ad altri ragazzi e ragazze uguali a me, che siano croati, macedoni, bosniaci, albanesi, o serbi. Abbiamo due identità, ma sommate valgono zero o valgono doppio?
Può finire in tre modi. Odi l’Italia e vuoi tornare nel Balcani. Odi i Balcani e ti stacchi definitivamente. E poi ci siamo noi, con un piede da una parte e uno dall’altra».
“Amici da Skopje, Zagabria, Belgrado / Sofia, Bucarest e Kotor Varos
Giglio sul petto, Roma sulla mano / Balkan wave, colpo di Stato”
- Balkan wave -
Ma parliamoci chiaro. Tu questa Balkan wave nello scena rap italiana la stai vedendo crescere?
«Sì, la Balkan wave sta nascendo proprio ora. Anzi, ti dirò di più: è nata da Balkan wave, nel 2021. Anche Il Ghost in quel periodo si è accorto di dover puntare più sul legame con l’Albania. È come se le nostre menti si fossero fuse.
Per capirci, ci sono due linee che si stanno per incontrare.
Da una parte ci siamo io, Il Ghost, Daxter, che stiamo trasportando la wave ognuno a suo modo. Dall’altra ci sono i fan che si stanno stufando della scia della trap e della drill e cercano novità.
Ci ispiriamo ai Paesi da cui proveniamo e portiamo sonorità quasi mai sentite in Italia. Per esempio Blkn Bld è un rap crudo ma comunque Balkan, mentre Hooka è qualcosa di totalmente nuovo sulla scena italiana.
Queste due rette si stanno incontrando e stanno per portare al massimo la Balkan wave in Italia. Non è una questione di anni, ma di mesi.
È un esperimento che può unire Italia e Balcani, con collaborazioni con artisti di Croazia, Bosnia, Serbia e Albania, che da noi non vengono considerati. Mi piange ogni volta il cuore, perché la scena italiana è chiusa, mentre quella balcanica è conosciuta in tutto il mondo, soprattutto in Germania e negli Stati Uniti.
È ora che rap italiano e rap balcanico si incrocino».
La fratellanza balcanica
Facciamo un passo indietro. Cosa rappresentano per te la Bosnia e i Balcani?
«Per me Bosnia e Balcani sono due cose che vanno insieme, a differenza di altri rapper molto patriottici che elogiano solo la propria nazione.
La Bosnia è l’unico Paese che racchiude tutte le caratteristiche dei Balcani, dalla religione al turismo, fino al cibo. Quando ne parlo posso sembrare patriottico, ma se vado in Croazia, Kosovo o Serbia considero tutti uguali a me: ci salutiamo, mangiamo, fumiamo allo stesso modo.
È un vanto che porto con me, mi piace pensare che in quanto bosniaco posso rappresentare tutti. I serbi li ritengo miei cugini, così come i kosovari.
Lo si è visto anche ai due concerti che ho fatto a Roma e Milano. Metà del pubblico era serbo e metà albanese, ma è andata benissimo, perché chi mi segue è abbastanza intelligente da pensarla come me sul fatto che bisogna vivere pacificamente».
“Noi siamo il resto / frate la via di mezzo
Di scappare dalla Bosnia / frate non l’ho chiesto”
- Blkn Bld -
Percepisci ancora attriti per quello che è stato delle guerre nei Balcani tra le generazioni nate negli anni Duemila?
«Chi è nato negli anni Duemila deve sapere delle guerre, ma anche che non esiste solo il bianco e il nero. Come ci sono stati serbi criminali di guerra, ci sono stati tantissimi serbi buoni. E come ci sono state vittime bosniache e croate, ci sono stati anche criminali di guerra bosniaci e croati.
Dove ci sono stati sbagli e crimini, bisogna ammetterli, chiedere scusa, perdonare. E andare avanti. Le nuove generazioni lo stanno accettando: non è che non ci pensano, ma vedono più fratellanza che odio etnico e religioso.
In Bosnia non esiste più che non si possa uscire insieme a ragazzi di altre etnie. E anche se ci riconosciamo come serbi o musulmani, non cambia nulla… non come se mi dici che sei della Lazio [scherza parlando della rivalità calcistica tra Roma e Lazio, ndr].
Però non è facile lo stesso, perché ci sono ancora famiglie - di qualsiasi etnia - che confondono patriottismo con nazionalismo, tengono i figli ignoranti e insegnano loro a odiare.
Per quello che ho visto anche con altri amici, ci sono delle grandi differenze generazionali.
Gli anziani non guardano alla religione, perché sono cresciuti con il titoismo e il socialismo, e si sono poi ritrovati in mezzo alla guerra. Le generazioni nate negli anni Sessanta e Settanta sono invece un grande problema per i Balcani: hanno avuto tutto, ma si sono odiate tra loro senza motivo, facendosi riempire la testa di parole vuote dei politici. E poi hanno rovinato le generazioni successive.
Quelli della mia età non hanno questo problema. Non chi è nato all’estero, ma generalizzando neanche i giovani che vivono nei Balcani, perché poi finiscono per andarsene tutti. Arrivano a Milano o a Bruxelles e si riconoscono come fratelli».
E secondo te in Italia quanta consapevolezza c’è sui Balcani?
«In Italia fino a cinque anni fa non si sapeva niente dei Balcani, meno di zero. In questi anni invece c’è stata più esposizione. Un po’ per l’arte, un po’ per la musica di Goran Bregović, ma soprattutto per lo sport e per calciatori come Edin Džeko e tanti altri.
Sono felice che se ne parli sempre più per queste ragioni. È sempre meglio per la musica, l’arte e lo sport che non per la guerra. Ma non lo si fa mai per la storia.
Ma ti pare che non si sappia quasi niente della storia dei Balcani? La prima guerra mondiale è scoppiata a Sarajevo e le guerre nell’ex-Jugoslavia sono state solo 30 anni fa! Io a scuola taglierei il programma sui babilonesi e all’ultimo anno di superiori arriverei a studiare la Jugoslavia.
In ogni caso in Italia la mia generazione ne sa di più di quella dei nostri genitori sui Balcani. E bisogna fare in modo che se ne sappia sempre di più».
Lo sapevi che a BarBalcani c’è un podcast che ti porta a scoprire cosa è successo nell’ex-Jugoslavia di 30 anni fa, mese per mese? Scopri qui BarBalcani - Podcast, oppure cercalo su Spotify o su tutte le piattaforme streaming!
Con la tua musica già lo stai facendo. Ma fino a dove ti spingeresti?
«Vorrei partecipare al Festival Sanremo e poter dire: io vengo dai Balcani, sono il primo italo-bosniaco a salire su questo palco. Poi posso anche finire ultimo, ma sarebbe un’esposizione incredibile.
Dirò una cosa forte. Ora Sanremo è bello, anche se ci sono ancora molte cose da correggere. Se io partecipassi, porterei una canzone super triste e poi alla serata delle cover farei un duetto con Goran Bregović!»
“Per tutti i bosniaci di qua / tutta l’Italia saprà
Šta je bosanska armija / Bosna i Hercegovina”
- BiH -
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
A portarci al bancone di BarBalcani oggi è proprio Doppelgänger. Con uno dei suoi video sui Balcani che, insieme ai testi e agli arrangiamenti, lo hanno reso popolare su TikTok.
Sul bancone c’è un bicchierino di rakija e questa è la reazione del suo amico italiano.
Ora non ci resta che provarla, cantando a squarciagola l’ultima hit di uno dei più promettenti esponenti della nuova Balkan wave del rap italiano.
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Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra due settimane, per la quindicesima tappa.
Un abbraccio e buon cammino!
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