S3E16. Nel cuore dell'Impero
Grazie a percorsi eno-archeologici e nuove tecnologie immersive stanno riemergendo le radici comuni risalenti all'età imperiale romana nei Balcani Occidentali, centro politico/militare nel I-IV secolo
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter (e sito) dai confini sfumati.
Si dice che tutte le strade portano a Roma. Ma qui a BarBalcani abbiamo scoperto che tante, tantissime altre portano nei Paesi dei Balcani Occidentali.
Se per un istante chiudiamo gli occhi, potremmo addirittura trovarci in mezzo a un’arena con i gladiatori. O in una villa tardo-imperiale. O sulle orme di un’imperatore romano che ha portato la cultura vitivinicola nell’area del Danubio.
Perché la regione balcanica era nel cuore dell’Impero Romano tra il I e il IV secolo. E quasi duemila anni dopo quell’eredità comune sta rivivendo grazie a iniziative culturali e tecnologiche dirompenti.
Tre ospiti hanno raggiunto BarBalcani per spiegare come tutto questo sia stato reso possibile. Tre ospiti per due iniziative che meglio rappresentano la riscoperta delle radici in cui affonda la storia di tutta la penisola.
Tutte le strade portano - ancora - all’Impero Romano. Nei Balcani Occidentali.
Basta solo riaprire gli occhi.
Percorsi millenari
«Abbiamo capito che c’era un grande potenziale per la creazione di un prodotto turistico che unisse da una parte i siti archeologici romani, e dall’altra la produzione di vino». Così Vladan Krečković spiega a BarBalcani un progetto innovativo che risale al 2009.
Il Danube Competence Center è un’organizzazione internazionale che sostiene il turismo di enti nazionali, locali e privati. In collaborazione con il Ministero del Turismo della Serbia più di 10 anni fa ha dato il via alla ‘Roman Emperors and Danube Wine Route’, «perché ci siamo resi conto di come il patrimonio romano collegasse diversi Paesi balcanici».
Il coordinatore del progetto ‘Roman Emperors and Danube Wine Route’ sottolinea che «tra il I e il IV secolo il centro del potere dell’Impero Romano si spostò verso Est». Furono costruite sempre più ville e palazzi imperiali «e in quello che oggi è territorio serbo nacquero 17 imperatori».
L’idea di sviluppare un percorso turistico legato alla Roma Imperiale è emersa quando «abbiamo notato che c'è un’altra cosa che risale a quel periodo, a parte i resti di ville, teatri e accampamenti militari. Il vino».
All’inizio del progetto sono stati scelti 20 siti archeologici romani e 12 regioni vitivinicole in quattro Paesi: Croazia, Serbia, Bulgaria e Romania.
Sei anni più tardi l’itinerario è stato certificato come European Cultural Route del Consiglio d’Europa: «È stato molto importante, perché si tratta del primo itinerario culturale che parte dall’Europa Sudorientale per raggiungere diverse parti del continente», conferma Krečković.
A partire da quel momento «ci siamo occupati dell’accessibilità del patrimonio romano, organizzando workshop e lavorando sulle tecnologie digitali». L’attenzione è focalizzata sulle aree archeologiche più piccole, «che sono molto importanti dal punto di vista storico, ma a cui manca visibilità turistica».
Tra il 2017 e il 2018 la Route si è estesa oltre i quattro Paesi originari: a Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Albania, Macedonia del Nord, Ungheria e anche Slovenia, nel 2022. «Ora siamo presenti in 10 Paesi europei, con 23 siti archeologici e 12 regioni vitivinicole».
Tutti i nuovi candidati ad aderire all’itinerario devono rispettare alcuni criteri e una narrazione definiti da Michael Werner, presidente del Comitato scientifico della ‘Roman Emperors and Danube Wine Route’. Un archeologo statunitense che ha studiato a Spalato e che «può garantire la rilevanza accademica dei siti archeologici della regione tra il I e il IV secolo».
La più grande novità degli ultimi tre anni è legata al canale YouTube. «Quando è scoppiata la pandemia COVID-19, è iniziata una tendenza a trasferire la cultura sulle piattaforme online», ricorda Krečković, parlando della collaborazione con «un nostro ottimo partner per la produzione di tecnologie di realtà virtuale a Belgrado».
L’obiettivo è quello di presentare l’offerta culturale e turistica di 15 destinazioni lungo la ‘Roman Emperors and Danube Wine Route’ con quattro o cinque video diversi per ogni città: «Il patrimonio romano da visitare, altri punti d’interesse del luogo, raccomandazioni di partner locali, escursioni nei dintorni e festival romani, dove presenti».
Ad esempio, a Ptuj (Slovenia), «Poetovia per l’Impero Romano».
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Ma in che stato si trovano questi siti archeologici romani? «Sono tutti molto ben conservati, soprattutto i siti patrimonio UNESCO», come Felix Romuliana (Zaječar, Serbia).
Krečković ci fornisce un elenco delle destinazioni da non perdere. I resti architettonici di Pola (Croazia), le raffinate sculture di Narona (Vid, Croazia), l’unico mosaico che rappresenta l’antico dio del sonno Ipno a Risinum (Risano, Montenegro), l’affascinante sito di Buthrotum (Butrinto, Albania), l’anfiteatro di Durazzo (Albania), il teatro antico di Ohrid (Macedonia del Nord).
E poi Kladovo (Serbia), dove le truppe dell’Imperatore Traiano costruirono il loro accampamento militare. Oggi rimangono i resti del Ponte di Traiano, «costruito nel II secolo dall’esercito romano e per molti secoli il più lungo ponte sul Danubio».
Inoltre, nella zona delle Porte di Ferro lungo il Danubio «si può vedere come i Romani costruivano strade lunghe 120 chilometri nei canyon». A metà strada c’è la Tabula Traiana, «una grande iscrizione nella roccia che mostra come gli imperatori si presentavano al popolo».
Tra i gladiatori
È in una delle tappe di questo itinerario che si può ancora oggi vivere l’atmosfera di quell’epoca, durante i giochi gladiatorii. All’antico teatro romano di Stobi.
«Ci siamo chiesti come creare esperienze uniche e coinvolgenti per i visitatori nei siti del patrimonio culturale e come trasmettere il loro potenziale narrativo attraverso l’uso della realtà virtuale».
Zorica Velkovska e Milan Tanceski, co-fondatori dell’azienda macedone Center for Social Innovation Blink 42-21, spiegano a BarBalcani la nascita del progetto Gladiators are back in Stobi. Nata nel novembre 2019, «l’applicazione è stata lanciata a fine agosto 2020».
Grazie alla collaborazione con il National Institution Stobi, istituzione responsabile della gestione del più grande sito archeologico romano della Macedonia del Nord, è stato possibile sviluppare questa soluzione innovativa.
«L’idea è stata quella di utilizzare le potenzialità della realtà virtuale per mettere l’utente al centro dell’esperienza turistica», sottolinea Tanceski. Gli fa eco la collega Velkovska: «Il bello della tecnologia è che permette la fruizione della cultura in modo completamente diverso».
Un’immagine vale più di mille parole. «Immagina settemila persone in un teatro alto 35 metri, in tutto il suo splendore, quando oggi ne sono rimaste invece solo sette file».
E com’è possibile tutto questo?
Grazie a un’esperienza di nove minuti con un visore per la realtà virtuale. «Si tratta di un viaggio nel passato, nel III secolo», e anche se è un’esperienza solitaria, «nella realtà virtuale si fa parte di un gruppo di settemila persone, che partecipano a un evento culturale realmente accaduto nel teatro di Stobi», continua Velkovska.
Anche se Stobi non era un centro militare, i gladiatori di tutta la regione vi si recavano per esibirsi, perché una famiglia locale facoltosa pagava per far divertire la gente.
«Quando inizia la storia, sei un ospite di questa famiglia e stai per partecipare a uno spettacolo di gladiatori. Un narratore ti guida nell’ingresso e ti trova il posto a sedere. Non appena iniziano i giochi gladiatorii, sei già parte del pubblico e un cerimoniere fa da guida per tutto l’evento».
I co-fondatori di Blink 42-21 sottolineano che «si tratta di un’esperienza molto educativa, perché si può imparare tutto ciò che riguarda il teatro e i giochi gladiatorii». Per esempio, «il narratore spiega l’ordine dei posti a sedere, dove siede il patrono e la sua famiglia, il tipo di equipaggiamento di ogni tipologia di gladiatore». Alla fine si vota se il perdente vivrà o morirà, «come succedeva allora nella realtà».
Dietro a questa esperienza di nove minuti c’è molto lavoro nascosto. «Abbiamo avuto bisogno di un approccio multidisciplinare, con ogni tipo di competenza: registi, sceneggiatori, animatori, sviluppatori di realtà virtuale, storici, architetti, archeologi», rivela Tanceski.
«Tutto è iniziato dai fatti storici a supporto della narrazione» - l’organizzazione dei giochi gladiatorii a Stobi - «attraverso diversi livelli educativi e di intrattenimento nella sceneggiatura".
Il risultato di questa prima parte del lavoro - la descrizione dell’evento, il periodo storico, i tipi di gladiatori e le armi - è stato «una sceneggiatura di 40 pagine». Velkovska rivela con una risata che «tutto questo è dovuto diventare una narrazione di sole due pagine, cioè quello che si ascolta e si vede attraverso il visore!»
Solo allora è stato possibile realizzare la ricostruzione in 3D dell’intero teatro «nella sua forma e dimensione originale» e i personaggi che, «se si gira la testa a destra e a sinistra, si possono vedere battere le mani o gridare».
Il risultato è un’immersione nella realtà virtuale che riporta nel teatro di Stobi ai tempi della Roma Imperiale. Per un’esperienza (quasi) reale tra i gladiatori.
L’eredità comune
Tutte queste esperienze hanno la stessa radice. «L’eredità romana unisce culture diverse su una stessa base storica», sottolineano i co-fondatori di Blink 42-21. «In una regione spesso divisa su molte questioni, questi reperti sono qualcosa che ci unisce tutti».
Come sottolinea Tanceski, «il progetto di Stobi ha aperto la prospettiva di un impatto più ampio del patrimonio culturale romano su scala regionale, costruendo nuove narrazioni per tutta l’Europa». In altre parole, «dobbiamo usare la cultura e la storia non come motivo di divisione, ma per cooperare e godere dei racconti».
La stessa visione è condivisa dalla sua collega: «Di solito i cittadini dei Paesi dei Balcani Occidentali non sono consapevoli dell’enorme patrimonio romano che condividono. Nessuno può dire “questo è mio”, non solo a Stobi, ma ovunque».
È così che «ci siamo resi conto dell’attrattiva di queste storie in tutta la regione». Perché «se si impara qualcosa in Slovenia, si potrebbe essere interessati a visitare altri siti in Serbia o in Macedonia del Nord», Velkovska spiega l’origine della nuova app Immersium, lanciata nel settembre 2022.
Questo secondo progetto, sostenuto dal programma Europa Creativa, ha richiesto due anni di lavoro. «In una sola applicazione è possibile conoscere molte storie di luoghi e Paesi diversi, collegando le strade dell’Impero Romano nei Balcani Occidentali».
Immersium è disponibile in tre siti archeologici - Stobi in Macedonia del Nord, Viminatium in Serbia ed Emona in Slovenia - con attività simili, «ma ciascuna storia è raccontata in modo diverso, enfatizzando le caratteristiche della specifica destinazione del patrimonio storico».
Si tratta di una app da scaricare sul proprio smartphone. E poi «si può trascorrere tutto il tempo che si vuole imparando eventi e fatti storici, giocando, usando filtri Instagram, osservando la ricostruzione degli edifici attraverso la realtà aumentata».
Velkovska sottolinea che «questo tipo di coinvolgimento non ha limiti geografici e vogliamo continuare a lavorare su questo modello, perché ci basta solo studiare il materiale archeologico, stabilire la storia da raccontare e tradurla a livello tecnologico».
Il collega Tanceski conclude con un invito ad altri siti archeologici della regione: «È una grande opportunità di utilizzare una piattaforma già consolidata, per raccontare anche le loro storie». E collegarli tutti alle comuni radici dell’Impero Romano. Nei Balcani Occidentali.
Ma c’è di più.
Secondo il coordinatore del progetto ‘Roman Emperors and Danube Wine Route’ «una delle eredità più importanti dell’Impero Romano nei Balcani Occidentali è il cristianesimo».
Non c’è da stupirsi, visto che la regione era uno dei maggiori centri politici e militari dell’Impero Romano, quando nel 313 l’Imperatore Costantino abbracciò il cristianesimo e ne fece la religione dominante.
«Ma ci sono anche altri aspetti della vita romana che abbiamo integrato nella nostra quotidianità e di cui non siamo consapevoli», aggiunge Krečković. Per esempio? «L'amministrazione pubblica, le soluzioni architettoniche... e anche il vino come esperienza gastronomica».
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Il vino come esperienza gastronomica è ciò che ci porta oggi qui. Non solo tra i siti archeologici romani dei Balcani Occidentali, ma anche al bancone di BarBalcani.
Come ci spiega Krečković, «la cultura della produzione vinicola nell’area balcanica è legata all’Impero Romano». E a un imperatore specifico: «Le prime tracce di vigneti nell’area del Danubio risalgono all’Imperatore Marco Aurelio Probo".
«Quello che la scienza e la storia ci dicono è che nel III secolo» - più precisamente durante il regno dell’Imperatore Probo tra il 232 e il 282 - «qui furono impiantati i primi vigneti e fu stabilita una lunga tradizione di viticoltura, ancora in corso, soprattutto nei dintorni della città di Smederevo».
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra due settimane, per la diciassettesima tappa.
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