XXXIV. Non è solo un (video)gioco
Su Internet resuscitano virtualmente operazioni militari e pulizie etniche delle guerre nell'ex-Jugoslavia. La gamification non incoraggia solo il revanscismo serbo, ma anche l'estrema destra europea
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter che dà voce alle storie dai Balcani occidentali nel 30° anniversario dalle guerre nell’ex-Jugoslavia.
Oggi parliamo di videogiochi.
Pensi che siano una cosa da bambini o da nerd? Proverò a farti cambiare idea.
Tanto per cominciare, affronteremo i videogiochi di guerra. Che molto probabilmente a tutti è capitato di provare almeno una volta nella vita.
Ma, soprattutto, quelli che riguardano le guerre nell’ex-Jugoslavia non sono come gli altri. Perché qui la guerra sarà anche combattuta attraverso una console, ma dallo schermo escono revisionismo storico e revanscismo nazionalista.
E dai Balcani tutto questo potrebbe arrivare fino alle porte di casa tua.
Ma stavolta nel mondo reale.
Come resuscitare una guerra
«Coprimi quando corro, sgancia la bomba!»
Rumore di esplosione e raffiche di mitra.
Siamo stati catapultati nel bel mezzo di una chat di gamer immersi nella rivisitazione virtuale dell’Operazione Tempesta dell’agosto 1995. Nel videogioco, devono impedire ai croati di riconquistare il controllo della Repubblica serba di Krajina.
I gamer vestono i panni dei ribelli serbi, impegnati in una controffensiva che non è mai esistita. Quasi 26 anni fa, l’operazione dell’esercito croato si concluse con centinaia di morti tra i civili e circa 200 mila serbi costretti a fuggire. Il più grande esodo di una popolazione serba nel corso delle guerre nei Balcani.
Questo però è uno degli scenari di Arma Srbija, la piattaforma di gioco online più popolare in Serbia. È uno sparatutto in prima persona, un genere di videogiochi incentrato su combattimenti armati con una prospettiva in prima persona.
Mai sentito parlare di Call of Duty? Ecco, uguale. Ma ambientato nel corso dei 10 anni di conflitti nell’ex-Jugoslavia.
Su YouTube i gamer pubblicano le registrazioni dei loro giochi su un canale da più di 2.600 iscritti.
Nella maggior parte dei casi, le missioni di Arma Srbija si svolgono in luoghi in cui sono stati commessi crimini di guerra. E si combatte sempre contro croati, bosniaci o albanesi. Mai contro i serbi.
Un’altra missione, Operazione Jashari, simula l’assedio del villaggio di Donji Prekaz da parte delle forze serbe nel marzo del 1998. Adem Jashari, uno dei comandanti dell’esercito di liberazione del Kosovo (UCK), fu ucciso con altri 50 membri della sua famiglia. È sopravvissuta solo una nipote di 10 anni.
«Il nostro compito è liquidare Adem Jashari», è la descrizione del video su YouTube da 159 mila visualizzazioni.
E poi c’è Operazione Racak, che ha oltre 71 mila views. Si tratta di “resuscitare” il massacro di 45 civili di etnia albanese da parte delle forze di sicurezza a guida serba nel villaggio kosovaro di Racak.
L’episodio è stato uno dei fattori che ha portato alla campagna di bombardamenti della NATO del 1999. Ovviamente nel videogioco il massacro non è descritto come tale.
Cos’è Arma Srbija
Arma Srbija è uno spin-off di Arma, una serie di videogiochi tattici militari del produttore ceco Bohemia Interactive. La piattaforma Arma consente di simulare missioni di eserciti in tutto il mondo, dalla Libia all’Afghanistan.
Per quanto riguarda le operazioni nel territorio dell’ex-Jugoslavia, rispetto alla versione ufficiale di Arma 3, il gioco ha subito una serie di modifiche. In gergo, si chiamano “mod”.
Praticamente i gamer possono apportare modifiche in autonomia - da piccoli dettagli ad aspetti radicalmente nuovi - che vengono incorporate nel gioco originale.
Creare i propri scenari, aggiungere contenuti, vestiti, armi, veicoli e strutture. Anche cambiare componenti-base e dare forma a nuove esperienze di gioco.
Le mod vengono poi condivise sulla piattaforma Steam Workshop: dall’uscita di Arma 3 nel 2013, ne sono state condivise oltre 75 mila. I produttori possono rischiare di non controllare più gli sviluppi del proprio prodotto:
«Non siamo a conoscenza dell’esistenza di mod basate sui conflitti in Kosovo e in Bosnia ed Erzegovina, ma non saremmo neppure sorpresi se esistessero».
Questa dichiarazione di Korneel van’t Land, portavoce di Bohemia Interactive, spiega perfettamente come sia facile perdere le tracce dei responsabili delle modifiche del gioco originale (e anche lavarsene le mani).
Più la popolarità delle mod aumenta, più elementi propagandistici e nazionalisti vengono incorporati nel gioco, in un crescendo di riscrittura della storia.
Il portavoce di Bohemia Interactive aggiunge:
«Le ambientazioni controverse di solito sono create da utenti che sentono il desiderio di saperne di più su determinati eventi storici. Se questa è davvero la motivazione, allora i videogiochi possono rivestire un ruolo importante nel modo in cui guardiamo ai conflitti passati, integrando libri, film e altri media».
Ma allo stesso tempo,
«se qualcuno crea una mod con l’idea di diffondere odio o incitamento alla violenza, allora è una questione molto preoccupante».
Questo è quello che succede normalmente.
La piattaforma Arma Srbija chiama a raccolta “comunità russe, greche e altri fratelli bianchi”, offrendo “un’esperienza unica di guerra virtuale fianco a fianco con i soldati serbi”.
Uno dei maggiori sviluppatori delle mod di Arma 3 sulle guerre nei Balcani è Red Hammer Studios. Sul sito ufficiale si legge che lo scopo di Arma Srbija è dare “una rappresentazione realistica delle forze armate serbe”.
Per diventare membro della piattaforma Arma Srbija, un gamer deve compilare il modulo di adesione. A quel punto può scaricare le mod preferite, iscriversi al forum e seguire la formazione online. Solo a quel punto può entrare a far parte di una squadra, con l’autorizzazione di un amministratore.
Se Arma Srbija è il videogioco sparatutto in prima persona più diffuso sul tema delle guerre nell’ex-Jugoslavia, in Serbia ne esistono anche altri minori che immaginano nuovi scenari - mai esistiti - in cui combattere i non-serbi.
Conflitto 2012: Kosovo Sunrise (del 2009) ambienta le operazioni militari nel futuro (il 2012). La guerriglia albanese in Kosovo ha attaccato le forze internazionali e il giocatore, in quanto comandante delle forze serbe, deve risolvere il conflitto.
Dal videogioco Operation Flashpoint è stata creata la mod Return to Kosovo and Metochia. La partita si svolge in inverno, gli americani hanno capito di aver sbagliato in Kosovo e adesso appoggiano i serbi nella riconquista di città e villaggi.
Il tutto su un tappeto di canti patriottici serbi, riprodotti virtualmente dagli altoparlanti e dalle autoradio dei camion militari.
Radicalizzarsi online
A questo punto potresti chiederti cos’ha a che fare tutto questo con te e la tua vita.
Se parliamo strettamente di Arma Srbija, probabilmente nulla. Ma l’estremismo di alcuni commenti potrebbe farti risuonare qualche campanello d’allarme.
Per esempio, commentando la missione Operazione Jashari, l’utente Magg0t92 scrive: «Se avete bisogno di informazioni, io so tutto, perché l’unità di mio padre ha guidato l’operazione». Fino all’utente Aleksandar Janjić, che commenta la missione Operazione Racak: «Bella mod, ma era meglio nella vita reale nel ‘99».
Il silenzio o la negazione dei crimini di guerra degli anni Novanta è presente in varie forme in Serbia. Non sorprende che questo fenomeno compaia anche nei videogiochi.
Ma c’è un problema. Senza educazione sugli avvenimenti storici, come possono i giovani gamer distinguere nei videogiochi ciò che è realmente accaduto e cosa no?
Il rischio di revisionismo storico e di revanscismo è già reale.
Ora usciamo dai Balcani.
Linda Schlegel, dottoranda e ricercatrice sulla radicalizzazione online alla Goethe University di Francoforte, in un articolo per European Eye On Radicalization scrive che più di 2,5 miliardi di persone in tutto il mondo fanno uso di videogiochi di guerra.
Anche se gli effetti variano da persona a persona, «c’è la possibilità che l’esposizione costante a questi contenuti possa rendere meno suscettibili e normalizzare la percezione delle manifestazioni di violenza», spiega Schlegel.
Ma soprattutto, molte organizzazioni estremiste hanno sviluppato nuovi giochi o modificato e adattato quelli esistenti, piegandoli alle proprie esigenze.
Un esempio? Nel 2015 una delle mod di Arma permetteva di giocare negli scenari di Siria e Iraq nei panni di un combattente dell’Isis, con lo scopo di uccidere quanti più occidentali possibile.
La mod è stata sviluppata dai sostenitori di Daesh ed era utilizzata per radicalizzare soggetti vulnerabili e per reclutare giovani combattenti in tutta Europa.
Ma la gamification riguarda direttamente anche l’avanzata dell’estremismo di matrice bianca, xenofoba e razzista in Europa e le sue connessioni con la propaganda online.
È diventato chiaro dopo l’attacco terroristico alla sinagoga di Halle (Germania) il 9 ottobre 2019.
Stephan Balliet aveva trasmesso l’assalto in diretta streaming con una telecamera sul braccio, nello stile di un gioco sparatutto in prima persona.
La CNN l’ha definita “ludicizzazione del terrore”. Jacob Davey, ricercatore presso l’Institute for Strategic Dialogue, ha fatto notare che «ormai gli attacchi sono gamificati: diverse persone hanno perfino criticato l’attentatore per non aver realizzato un ‘punteggio’ sufficientemente alto».
Questa percezione si riversa di ritorno sui videogiochi. Il network tedesco di estrema destra Ein Prozent (sotto sorveglianza dei servizi tedeschi di Berlino) ha creato il videogioco free-to-play Heimat Defender: Rebellion.
Come riporta un articolo di Vice, i gamer possono scegliere di giocare vestendo i panni di una delle tante figure della scena dell’estrema destra in Germania.
Lo scopo è quello di liberare il Paese, uccidendo gli antifascisti. Fino ad affrontare i nemici supremi: la cancelliera tedesca, Angela Merkel, e il filantropo ungherese-americano, George Soros.
Se l’estremismo che si infiltra nei e coi videogiochi nei Balcani ti sembra lontano da quanto ti circonda, sarà meglio ragionare sul fatto che qualcosa di simile succede anche in Germania.
Un Paese dell’Unione Europea, spesso preso a riferimento come modello sociale virtuoso.
E adesso, pensi ancora che i videogiochi siano solo una cosa da nerd e bambini?
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Il legame tra gamer ed energy drink è ben conosciuto, per varie ragioni che puoi tranquillamente approfondire qui.
È per questo motivo che oggi sul bancone di BarBalcani troviamo un energy drink che arriva proprio dalla Serbia.
Si tratta di Guarana, bevanda energetica prodotta da Knjaz Miloš, con sede nella città di Aranđelovac.
Guarana è composto da estratti della pianta di guaranà, che presenta una delle più alte concentrazioni di caffeina nel mondo vegetale. In rapporto al peso, può contenere dal 3,6 al 5,8% di caffeina. Per fare un paragone, la pianta di caffè non supera il 2%.
Ecco perché Guarana è famoso per avere un contenuto di caffeina superiore a quasi tutti gli altri energy drink in commercio.
Chiudere occhio, adesso, sarà ancora più difficile.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la trentacinquesima tappa!
Un abbraccio e buon cammino!
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