S2E32. Viaggio negli Stati scomparsi
Intervista a Giovanni Vale, ideatore del progetto 'Extinguished Countries' e autore della guida sulla Repubblica di Venezia. Un modo inaspettato per riscoprire l'eredità di un passato comune
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter (e sito) dai confini sfumati.
Oggi partiamo da una libreria.
Scegliamo un libro, o meglio, una guida di viaggio. La sfogliamo e troviamo tutte le indicazioni utili: posti da visitare, cibo da assaggiare, curiosità da scoprire.
È una guida particolare, che copre i Paesi che si affacciano sul Mar Adriatico, Ionio ed Egeo. Il fatto più curioso è che non segue i loro confini, ma ne traccia uno più ampio. Una linea rossa.
Facendo più attenzione, il confine è quello della Repubblica di Venezia. Uno Stato che non esiste più da oltre 200 anni.
Benvenuto, benvenuta, nel mondo degli Extinguished Countries del giornalista italiano Giovanni Vale e della traduttrice croata Ivana Pogačić.
Extinguished countries
Giovanni, perché fare una guida su uno Stato che non esiste più?
«L’idea è quella di realizzare una serie di guide di viaggio sugli Stati scomparsi, proprio come il nome della collana e della casa editrice, Extinguished Countries.
Penso che la società sia matura per un viaggio di questo tipo, diverso da quello presentato finora dalle guide mainstream, che seguono i confini di oggi.
Sappiamo che gli Stati scomparsi hanno lasciato un’eredità importante sul presente.
Una guida di questo tipo può essere anche il pretesto per far capire al viaggiatore che la nostra identità è frutto di tanti strati diversi e che il nazionalismo non poggia su nessun fondamento».
Come è nato questo progetto?
«Nasce da una chiacchierata con mia moglie Ivana nell’inverno di cinque anni fa a Dubrovnik. Lì ci siamo resi conto di quanto fosse presente Il Trono di Spade nell’offerta culturale e turistica della città, uno dei set della serie. Parte dei tour proposti e pubblicizzati seguivano i luoghi dove erano state girate le scene più celebri.
La cosa ci ha sorpreso e lasciato anche un po’ con l’amaro in bocca, perché la Repubblica di Ragusa - un altro Stato scomparso - ha una storia eccezionale, in linea con la serie televisiva statunitense, piena di intrighi e colpi di scena.
Così è iniziata una riflessione su come si scriverebbero e come si potrebbero usare per viaggiare delle guide di Stati del passato».
E come si è concretizzata l’idea?
«Abbiamo deciso di iniziare dalla Repubblica di Venezia, sia perché non era un territorio eccessivamente esteso da trattare, sia perché mi era più vicina come storia, essendo io friulano e vivendo a Zagabria.
Lo scoglio principale è stato come raccontare uno Stato scomparso che si è diviso in diversi Paesi, ognuno dei quali ha un suo punto di vista, o addirittura più di uno. Non volevo nemmeno cadere nella trappola di scrivere un libro nostalgico della Repubblica di Venezia.
Così ho realizzato centinaia di interviste, con persone dai profili più diversi - storici, direttori di musei, storici dell’arte, scrittori, giornalisti, cuochi - in sette Paesi: Italia, Slovenia, Croazia, Montenegro, Albania, Grecia e Cipro.
E poi il secondo grande passo. Nel marzo del 2020 abbiamo lanciato la campagna di crowdfunding, per valutare la ricezione del pubblico. In tre settimane siamo riusciti a raccogliere più di 25 mila euro e abbiamo pre-venduto tante guide anche negli Stati Uniti, non ce lo aspettavamo.
Soprattutto, è emersa molta curiosità. Tante persone hanno trovato interessante questo modo diverso di viaggiare per scoprire l’Europa.
Con i fondi della campagna abbiamo aperto una casa editrice e abbiamo messo insieme una piccola squadra di designer, traduttori e fotografi. E infine abbiamo realizzato il primo libro, in italiano e inglese, che è stato stampato nell’estate del 2021».
Quali sono state la difficoltà e la soddisfazione più grandi nel realizzare la guida?
«La difficoltà maggiore è stato aver fatto tutto da soli, senza prestiti. Quello che abbiamo raccolto con il crowdfunding può sembrare tanto, ma in realtà non lo era per fare tutto: per stampare un libro, pagare i professionisti, le tasse. Per esempio, io non mi sono pagato per il lavoro di interviste e scrittura.
La soddisfazione più grande invece è proprio l’altro lato della medaglia: nonostante non avessimo editori, anzi, avessimo aperto noi una casa editrice, il progetto che sta andando avanti continua a essere bene accolto.
È stata riconosciuta la bontà del progetto, il senso è stato capito e apprezzato. Insomma, è stata un’intuizione giusta, in linea con la traiettoria dell’Europa. Si può discutere del passato in un modo non rancoroso e nostalgico, ma aperto ad ascoltare il punto di vista dell’altro e con l’obiettivo di ragionare sull’identità comune».
Confini, eredità, identità
La guida segue la linea rossa del confine della Repubblica di Venezia. Che scelta è stata fatta su questo aspetto?
«Quella del confine è una delle questioni più complesse, già a partire da quale presentare per la Repubblica di Venezia. È un discorso che vale per tutti gli Stati scomparsi: la loro geografia è cambiata nel corso del tempo.
Semplificando, la Repubblica di Venezia è esistita per oltre un millennio - dalla leggendaria fondazione nel 421 al Trattato di Campoformio nel 1797 - e la sua forma ha subito notevoli cambiamenti nel corso dei secoli.
Si è posto quindi il problema di quale mappa realizzare. Abbiamo scelto la Repubblica al suo apogeo, ma anche una mappa diacronica, cioè che considera territori che ne hanno fatto parte in periodi diversi.
L’importante è che questi territori siano stati controllati in modo duraturo, che abbiano giocato un ruolo significativo e che mostrino un’eredità presente, mentre abbiamo escluso le conquiste temporanee, come Trieste.
La linea rossa è il confine di allora, che oggi è svanito. Ma rappresenta anche il filo rosso dell’eredità che lo Stato scomparso ha lasciato là dove è esistito».
Allo stesso tempo la guida è divisa in sette capitoli, a partire dai sette Stati attuali su cui la Repubblica di Venezia si è sviluppata. Come mai?
«Mettere i confini di oggi era comunque importante, perché l’idea è quella di avere una vera guida di viaggio, non un saggio storico. Se avessimo diviso la Repubblica di Venezia in base alle unità territoriali di allora, il viaggiatore sarebbe stato disorientato.
Nell’introduzione del libro vengono spiegati lo Stato da terra e lo Stato da mar, insieme alla storia, agli itinerari, ai rapporti con gli altri Stati, alle parole-chiave. Ma rimangono i confini di oggi.
Si prosegue poi Stato per Stato come se fosse un reportage, con una foto, una mappa e la descrizione dei territori e delle città, e con delle pagine in blu sugli approfondimenti specifici: ricette, luoghi particolari, mestieri, personaggi, curiosità, interviste…
In questo modo il viaggiatore sa che attraversa un confine che oggi esiste e può anche riconoscere il diverso approccio che ogni Stato attuale ha sulla retorica dell’identità nazionale e in rapporto al passato veneziano.
L’obiettivo delle guide non è mettere in discussione i confini attuali o sostenere che quelli di allora fossero più corretti. Ma mostrare che in un certo senso entrambi esistono».
La Repubblica di Venezia ha lasciato un’eredità conflittuale o condivisa?
«La linea di tendenza generale che ho potuto riscontrare è che si sta passando da un’eredità che creava molto attrito a una che si può condividere.
Per esempio, se un tempo i leoni di San Marco venivano scalpellati in Grecia e in Dalmazia per cancellare quel passato, oggi le città greche e croate usano fondi europei o della Regione Veneto per ristrutturare fortezze e torri veneziane.
Anche se la motivazione è economica e turistica, allo stesso tempo gli storici sono consapevoli del fatto che l’approccio è cambiato. La storica croata Lovorka Čoralić dice che “oggi non c’è più il peso ideologico del passato”.
Si può allora lavorare sugli archivi, ricostruendo la vita ai tempi della Serenissima e sfatando falsi miti. Come quello che in Croazia dipingeva Venezia come una potenza che per secoli ha solo rubato e oppresso, quando invece molti nobili e commercianti della Dalmazia hanno fatto i soldi in quel periodo.
C’è una trasformazione positiva, che motiva tutta la collana. I tempi sono maturi per una riflessione di questo tipo, al netto dei rigurgiti nazionalisti che ancora vediamo».
Per superare i confini servono ponti culturali. Ne hai incontrati nel tuo viaggio?
«Un caso importante è quello delle opere difesa veneziane ‘alla moderna’, che sono state iscritte come patrimonio dell’UNESCO da Italia, Croazia e Montenegro. Anche se il sito è incompleto, mostra che assieme si può difendere e promuovere un patrimonio comune.
La gastronomia è un altro buon esempio. Durante la presentazione della guida a Treviso è stata organizzata una serata in cui una cuoca di Corfù è stata invitata a preparare le sarde in saor e il bourdeto insieme a un collega trevigiano, reinventando le ricette comuni.
Lo spazio culturale che permette questo approccio è l’Unione Europea, prima ancora delle istituzioni comunitarie che lo finanziano. Ci si riscopre ereditari di uno stesso patrimonio culturale e si hanno gli strumenti per difenderlo e promuoverlo assieme».
Che ne sarà della Jugoslavia
‘Extinguished Countries’ nasce e si sviluppa come una collana di guide. Cosa c’è in cantiere?
«Abbiamo deciso di iniziare a lavorare sull’Impero asburgico. È uno Stato scomparso più grande della Repubblica di Venezia, anche per numero di Stati contemporanei interessati, che sono 12.
Lo abbiamo scelto per radicarci nel territorio, ma iniziando a uscire dall’area già coperta e coinvolgendo altri giornalisti e professionisti.
Piano piano, se continueremo a crescere, in futuro potremmo considerare anche la Lega Anseatica, l’Impero ottomano e altri Stati extra-europei. Perché la questione dei confini, dell’eredità del passato e dell’identità condivisa è universale».
Anche la Jugoslavia è uno Stato che non esiste più. Hai già pensato se inserirla nella collana?
«Assolutamente sì, ne abbiamo già parlato internamente. La Jugoslavia era uno degli Stati scomparsi che avevamo valutato sin dall’inizio, ancora prima di scegliere la Repubblica di Venezia.
Abbiamo deciso di non esordire con la Jugoslavia perché sarebbe stata una sfida enorme e delicata: è scomparsa da poco e non volevamo che il progetto Extinguished Countries fosse ricevuto nel modo sbagliato, soprattutto in questa regione.
Prima di toccare un nervo scoperto, volevamo far capire che la collana non è nostalgica, ma che è costituita di sguardi incrociati.
Qualche mese fa ero al Red History Museum, il museo della storia jugoslava a Dubrovnik, e i due ragazzi che lo gestiscono mi raccontavano che molti turisti chiedono una guida della Jugoslavia.
Questo suggerisce che può esserci lo spazio per un testo snello, di viaggio, che superi i nazionalismi».
Quanto sarebbe difficile gestirne la redazione, considerate la vicinanza dalla scomparsa della Jugoslavia, le divisioni sulla sua eredità e le ferite lasciate aperte dalle guerre?
«Sicuramente ci sarebbero molti disclaimer da fare, presentando i tanti punti di vista diversi. Probabilmente la criticità maggiore sulla fine della Jugoslavia riguarda il fatto che non si è ancora arrivati a un giudizio storico e ci sono processi in corso.
Sarebbe molto difficile scriverne o richiederebbe un grande lavoro di diplomazia culturale. In ogni caso, l’obiettivo di questi testi non è risolvere il dibattito, né chiudere una volta per tutte le domande ancora aperte.
E questo vale anche per la Repubblica di Venezia. Nella prefazione si parla dello Stato da mar: fu una forma di Commonwealth o di colonialismo ante litteram? La guida non cerca di dare una risposta, ma presenta i diversi punti di vista.
Tornando alla Jugoslavia, ce ne sarebbero molti da mettere in luce. È chiaro che ci sono anche verità storiche e falsità tra cui destreggiarsi, forse è l’aspetto più complesso per la redazione di una guida di viaggio».
Ma se dovessi scrivere ora la guida della Jugoslavia, da dove partiresti?
«Ci sono diversi posti che mi intrigano.
La città a cui sono più affezionato è Belgrado, ma sarebbe fin troppo facile: la capitale, con gli edifici bombardati dalla NATO e lasciati a monito.
Uno più sfizioso è Petrova Gora, dove c’è uno dei monumenti antifascisti della Jugoslavia: prendere un edificio e usarlo come punto di partenza, come potrebbe essere anche con una delle ville di Tito abbandonate.
Il terzo è Korčula. Qui vivono i discendenti di Fitzroy Maclean, punto di contatto tra i servizi segreti britannici e i partigiani jugoslavi durante la Seconda Guerra Mondiale e l’unico straniero a cui Tito permise di comprare casa. E a Korčula c’era anche la scuola estiva del partito. Insomma, dietro la patina turistica dell’isola si nasconde la storia della resistenza e della nascita della Jugoslavia».
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
La guida di viaggio sullo Stato scomparso della Repubblica di Venezia lascia in eredità diversi suggerimenti anche per il bancone di BarBalcani.
Giovanni, cosa puoi consigliarci?
«Per qualcosa da bere, consiglio la bevanda, fatta con vino bianco e acqua non gassata.
Sul dove andare, al café Azimut, a Šibenik, che si trova dentro una vecchia cisterna veneziana. Completata nel 1453 e utilizzata fino a fine Ottocento, era una delle più grandi dell’area adriatica e forniva acqua potabile a una città senza risorse idriche.
Nel 2013 è stato realizzato al suo interno un centro culturale indipendente, dove si può bere un caffè sotto il livello del mare, assistendo a un concerto, una mostra o una serata letteraria.
Oppure, uno dei miei luoghi preferiti è un bar sull’isola di Lastovo, che fece parte della Repubblica di Ragusa. Il bar Indigo ha una terrazza all’aperto e di mattina in estate non c’è niente di meglio che prendere qui caffè e brioche, guardando il mare dall’alto».
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra due settimane, per la trentatreesima tappa.
Non dimenticare sabato prossimo il nuovo approfondimento nel taccuino del Progetto Langer-Sassoli sul sito barbalcani.eu.
Un abbraccio e buon cammino!
Ti è piaciuta questa tappa? Inoltrala a qualcuno a cui pensi possa interessare!
BarBalcani è una newsletter gratuita. Dietro però si nasconde molto lavoro.
Se vuoi permettere a questo progetto di esistere, ti chiedo di valutare la possibilità di fare una donazione. Ogni secondo mercoledì del mese riceverai un omaggio sulla storia della dissoluzione della Jugoslavia.
Un’anteprima di BarBalcani - Podcast puoi ascoltarla ogni mese su Spreaker e Spotify.
Attenzione! Potresti trovare la newsletter nella cartella “Spam” o, se usi Gmail, in “Promozioni”. Se vuoi riceverla in automatico nella cartella “Principale”, spostala lì. In alto, in un box giallo, apparirà l’opzione per far arrivare le successive in “Principale”.
Io come sempre ti ringrazio per essere arrivato fino a questo punto del nostro viaggio. Qui puoi trovare tutte le tappe passate.