S2E31. La vie en orange
I vini arancioni si stanno affermando come nuovi prodotti vinicoli attenti all'ambiente, ma affondano le radici in una tradizione millenaria. Il 29 aprile in Slovenia si terrà il Festival dedicato
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter (e sito) dai confini sfumati.
In un periodo di tensioni internazionali in costante crescita e di conflitti disumani, c’è bisogno anche di un po’ di leggerezza, per sgombrare la mente e tentare di non perdere la lucidità.
Un’impresa di dimensioni notevoli, che richiede uno sforzo altrettanto considerevole.
Ecco perché oggi BarBalcani fa una piccola rivoluzione e allarga il suo bancone per ospitarci in tanti e più a lungo.
Al centro troviamo una bottiglia di vetro, dentro la quale si intravede un liquido ambrato. Appena la apriamo, si sprigiona nell’aria un profumo floreale.
È un vino come non se ne vedono molti in giro, ma che sta conquistando sempre più viticoltori, intenditori e consumatori.
Benvenuto, benvenuta, nel mondo dell’orange wine!
Cosa sono gli orange wine
Orange wine, vino arancione.
Sono vini prodotti da uve bianche, ma vinificati come i rossi. Significa che il mosto rimane per un certo periodo a contatto con le bucce, in un processo che si definisce macerazione.
Il processo può durare pochi giorni o anche mesi ed è spontaneo: il vino viene passato in botte senza aggiunte e spesso non viene filtrato prima dell’imbottigliamento.
In questo modo, grazie alla macerazione delle uve bianche, si ottiene un vino che è diverso a livello visivo, olfattivo e tattile sia dai rossi sia dai bianchi.
Vini tannici - tanto più sono invecchiati - gli orange wine si distinguono per una maggiore complessità e struttura rispetto ai bianchi e ai rosati, proprio per il livello di tannini superiore, non perdendo comunque la freschezza tipica delle uve bianche.
Il profumo è fruttato e floreale, il colore - ovviamente - orange, arancione, con sfumature ambrate a seconda della struttura e dell’affinamento in botti di rovere.
A seconda della durata della macerazione e del vitigno, gli orange wine possono essere anche molto diversi tra loro. Gli abbinamenti migliori sono con i piatti tipici delle cucine dall’Adriatico all’Oriente, dalla carne (anche speziata) al pesce.
Questo tipo di vinificazione ha origini antiche, contadine, che ha rischiato di scomparire con l’avvento dei macchinari da cantina che permettono di eliminare le bucce immediatamente.
A detta degli esperti, la madrepatria degli orange wine è la Georgia, dove avrebbero avuto origine migliaia di anni fa grazie alla macerazione nei kwevri, contenitori in terracotta simili alle anfore.
Ma anche nelle campagne del Nord-Est italiano e della regione adriatico-balcanica è forte la tradizione contadina di lasciare il mosto delle uve bianche a macerare con le proprie bucce.
Ed è da questi territori che - nonostante rimangano ancora prodotti di nicchia - da alcuni anni gli orange wine si stanno affermando in nuovi mercati europei.
Questo perché al vino arancione si è innestata la questione dell’ecologismo.
Di frequente la produzione degli orange wine avviene seguendo metodi biologici o principi biodinamici, con l’uso limitato di sostanze chimiche.
Perché tutto ciò che c’è sulla buccia, in un modo o nell’altro, grazie alla macerazione si ritrova nel vino.
Tra le varietà di uva più adatte per questo tipo di produzione ci sono la ribolla gialla italo-slovena, la Malvasia Istriana e i rkatsiteli e mtsvane georgiani.
La patria arancione
Italia, Slovenia, Croazia, Austria, Serbia, Georgia, Grecia. I vini arancioni si stanno diffondendo in diverse regioni vinicole europee.
Ma il Paese che più di tutti si sta affermando come patria degli orange wine è la Slovenia.
Questo metodo di produzione ha una lunga storia nel Paese, ma quasi si estinse nel corso del Novecento, in particolare da quando fu assorbito nella Jugoslavia.
Nel secondo dopoguerra, la Repubblica Socialista di Slovenia (parte della Federazione di Tito) imponeva ai vignaioli la consegna dei raccolti d’uva alle cooperative statali, che preferivano la produzione di massa di vino bianco attraverso nuove tecnologie.
Ecco perché il metodo tradizionale di macerazione cadde nel dimenticatoio. Bisogna arrivare agli anni Ottanta per rintracciare le origini della sua riscoperta.
È nella valle del Vipacco e nella regione vinicola del Primorska che molti vignaioli dell’Istria slovena iniziarono a dedicarsi di nuovo alla macerazione delle uve bianche.
Nel corso dei decenni successivi è continuata questa riscoperta, ma la vera crescita di popolarità degli orange wine è tutta degli ultimi 10 anni.
La domanda cresce di anno in anno e a oggi la produzione si estende in tre regioni vinicole: Primorska (litorale), Posavje (sudorientale) e Podravje (nordorientale).
Da pochi produttori che negli anni Novanta iniziarono a produrre vini arancioni in maniera professionale, si è arrivati agli attuali circa 60.
In occasione della 54ª edizione del Vinitaly, alcuni di loro si sono incontrati con i colleghi di diversi Paesi europei per presentare i loro orange wine.
L’appuntamento veronese è stato l’occasione per anticipare un importante evento in questa nicchia in espansione: l’Orange Wine Festival di Isola, proprio in Slovenia.
Un intero festival dedicato esclusivamente ai vini arancioni, che si terrà il prossimo 29 aprile e che celebra quest’anno i 10 anni dalla sua istituzione.
Non importa se si arriva da una regione vinicola tradizionale o di recente approccio, le porte dell’Orange Wine Festival sono aperte a tutti i viticoltori. A patto di rispettare alcune regole.
Devono essere accertate le tecniche naturali di coltivazione e produzione, la macerazione prolungata, la fermentazione spontanea, il minor intervento possibile in cantina e il basso contenuto di solfiti.
Nuovi volti sono attesi all’edizione 2022, visto che sempre più giovani vignaioli stanno scegliendo di riscoprire le tradizioni dei genitori e dei nonni, associandole a una nuova attenzione per l’ambiente.
La presentazione dei loro vini sarà accompagnata dalla degustazione di prodotti tipici di ristoratori e coltivatori locali, che sposano la stessa filosofia di approccio attento alla natura.
Tutto filtrato dalla lente arancione degli orange wine.
Fine tappa. L’oste di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Oggi abbiamo la fortuna di farci accompagnare in questa tappa da un amico, collega e professionista che per lavoro si è approcciato direttamente al mondo degli orange wine.
Marco Vassallo, giornalista per Corriere - Cook, a inizio aprile ha partecipato alla masterclass del Vinitaly dedicata ai vini arancioni (qui la sua recensione).
E BarBalcani è felice di poterlo accogliere come oste simbolico dietro al nostro bancone, per raccontarci il suo punto di vista e l’esperienza a contatto con questi prodotti.
Marco, a te la parola.
“Il primo Orange Wine Festival si è tenuto nel 2012. E negli ultimi anni questi vini stanno salendo molto perché al di là del gusto– che li porta in un’altra dimensione rispetto ai bianchi canonici– c’è un discorso etico e filosofico dietro la bottiglia.
I produttori cercano di comunicare questo messaggio: avere una terra e curarla vuol dire innanzitutto salvaguardare l’ecosistema e la biodiversità.
Il vino è solo un tassello di un processo armonico che coinvolge tutto il rapporto fra uomo e territorio.
I viticoltori che ho incontrato alla masterclass erano persone che sembravano appena uscite dalla vigna, con ancora le mani sporche di terra. Contadini e vignaioli veraci.
Io credo che questo sia molto apprezzato dalle nuove generazioni”.
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra due settimane, per la trentaduesima tappa.
Non dimenticare sabato prossimo il nuovo approfondimento nel taccuino del Progetto Langer-Sassoli sul sito barbalcani.eu.
Un abbraccio e buon cammino!
Ti è piaciuta questa tappa? Inoltrala a qualcuno a cui pensi possa interessare!
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Io come sempre ti ringrazio per essere arrivato fino a questo punto del nostro viaggio. Qui puoi trovare tutte le tappe passate.