S2E15. Una raffica di note musicali
Con il suo ultimo progetto, l'artista serbo Nikola Macura trasforma le armi in strumenti musicali: "Se si può cambiare il suono degli oggetti, si può rivoluzionare anche il modo di immaginarli"
Ciao,
bentornata o bentornato a BarBalcani, la newsletter dai confini sfumati.
Che suono può fare un’arma?
Il sibilo di un razzo, la raffica di proiettili sparati da un kalašnikov, il fragore di una bomba che scoppia.
Rumori di guerra, che hanno stordito i Balcani negli anni Novanta.
Oppure si può creare una sinfonia, trasformare il rumore in musica.
Basta solo che qualcuno decida di cambiare la destinazione d’uso delle armi, a partire da quelle che hanno causato morti in passato.
Dal rumore della guerra al suono della pace.
In Serbia, ci ha pensato Nikola Macura a mostrare che tutto ciò è possibile.
L’idea
Nikola, puoi spiegarci come ti è venuta l’idea di trasformare delle armi in strumenti musicali?
“Sono uno scultore e lavoro all’Accademia delle Belle Arti di Novi Sad come assistente nel Dipartimento di Scultura.
Mi occupo di scultura, installazioni e intervento nello spazio pubblico e sono impegnato da quasi 20 anni nel campo dell’arte sociale.
A oggi ho realizzato diverse installazioni e il mio ultimo progetto, che è ancora in corso, riguarda il rapporto tra scultura e suono.
L’ho chiamato From noise to sound [dal rumore al suono, ndr]. È un processo di riprogettazione dei residui bellici - come armi, elmetti, pistole, fucili, granate - in oggetti sonori. O meglio, in strumenti musicali.
Ho avuto questa idea sei anni fa, perché volevo fare qualcosa con le vecchie armi che sono ancora intorno a noi nei Balcani Occidentali. Purtroppo, qui abbiamo un sacco di residui bellici, a causa delle guerre degli anni Novanta.
Ho iniziato con un’installazione luminosa, dal titolo Disco helmets. Solo in un secondo momento mi sono concentrato sull’installazione sonora”.
Come è stato iniziare questo nuovo progetto?
“Sei anni fa ero solo quando ho creato le prime percussioni, senza l’aiuto di nessun musicista. A dire il vero, all’inizio non mi aspettavo che con questi oggetti si potesse fare musica, volevo solamente ottenere nuovi suoni.
Sono rimasto sorpreso quando la violoncellista Milica Svilar mi ha rivelato che poteva suonare un violoncello che avevo realizzato da un mortaio. È stato allora che ho iniziato a pensare in modo diverso: come posso creare oggetti che siano in grado di fare musica?
E così mi sono reso conto che le prime percussioni non andavano bene, perché non restituivano il suono che mi aspettavo.
Anche se questi non sono strumenti musicali veri e propri, è molto complesso creare oggetti da cui si possa ottenere musica.
Dal momento in cui non sono un musicista, ho deciso di formare una squadra di persone competenti che mi potessero aiutare: un acustico, diversi musicisti e alcuni compositori”.
Il processo creativo
Quali sono le fasi per la creazione di questi strumenti musicali?
“Si tratta di un processo molto lungo, perché mi piace sperimentare e scoprire quale tipo di suono posso ottenere dall’oggetto che ho tra le mani. In questo caso voglio trasformare il suono delle armi, sia simbolicamente sia fisicamente.
Per prima cosa, mi procuro vecchie armi dalla gente, o le compro in discariche che vendono residui bellici. Non ho bisogno di nessuna licenza speciale per maneggiarli e smontarli, ma scelgo solo oggetti che trovo interessanti.
Poi porto queste vecchie armi nel mio studio e butto giù alcuni schizzi per capire come mettere insieme diversi oggetti e diverse componenti, ma anche come ottenere dei suoni musicali.
Per esempio, se voglio creare un violoncello, ho bisogno di qualcosa che faccia da cassa armonica, come una tanica di benzina. E poi lo assemblo con un mortaio, che dà la forma al manico.
Se voglio che la mia chitarra ‘speciale’ assomigli a una vera chitarra, l’ergonomia è fondamentale. Ecco perché posso usare un elmetto come cassa armonica e un kalašnikov per il manico.
Alla fine, dopo aver assemblato lo strumento, chiedo all’esperto di acustica di provarlo e ai musicisti di suonarlo”.
Quanti strumenti musicali hai già realizzato?
“Ho già creato sei strumenti musicali, che definisco ‘prototipi’. Un violoncello, un violino, una chitarra, uno strumento che può essere suonato dai sassofonisti e delle percussioni.
Ora sto creando una gusla, uno strumento musicale monocorde suonato tradizionalmente nei Balcani.
Per il momento ho deciso di non vendere i prototipi. La mia idea è quella di creare un’unica orchestra con tutti questi strumenti musicali e organizzare un concerto a Novi Sad nel giugno del prossimo anno.
Il mio obiettivo è che i musicisti siano in grado di fare musica attraverso questi oggetti. È essenziale per il mio progetto artistico e di impegno sociale”.
L’impatto sociale
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?
“Di certo non è qualcosa che riguarda solo i suoni e la musica. L’aspetto più importante di questo progetto è riuscire a utilizzare le armi delle guerre balcaniche in un modo diverso, a partire dalla ridefinizione del loro suono.
In altre parole, cerco di cambiare l’ambiente sociale ottendendo musica da oggetti che originariamente sono stati progettati per fare del male e uccidere le persone”.
E come è stato accolto questo messaggio dalle società balcaniche?
“Quando ho iniziato, mi aspettavo opinioni polarizzate e molte critiche. Ma alla fine questo progetto è piaciuto a tutti, al momento ho ricevuto solo commenti positivi. Devo ammettere che sono rimasto un po’ sorpreso.
Forse il motivo è legato al fatto che c’è una nuova consapevolezza nei Balcani Occidentali sui conflitti etnici. Penso che il problema maggiore sia rappresentato dai politici e dalle loro strategie, la gente non vuole altre guerre.
Non sto parlando solo della Serbia. In tutti i Paesi balcanici i cittadini vogliono solo vite normali, per noi e per i nostri figli. Probabilmente è per questo che il mio progetto è stato accolto con tanto entusiasmo”.
Pensi che questo progetto possa essere riprodotto anche in altri contesti che di recente hanno conosciuto la guerra?
“Sì, per me questo non è un progetto esclusivamente balcanico. Uso residui bellici dei conflitti nell’ex-Jugoslavia solo perché io vivo qui.
Ma penso che questa idea di trasformare le armi in strumenti musicali possa essere riprodotta ovunque, proprio per il messaggio che intende veicolare: se si può cambiare il suono degli oggetti, si può anche rivoluzionare il modo di immaginarli.
Ciò che una volta era un’arma può essere usato anche per fare musica, non solo la guerra. Il cambiamento è una responsabilità di ognuno di noi, a prescindere da dove viviamo”.
Fine tappa. Sul bancone di BarBalcani
Siamo arrivati alla fine di questo tratto del nostro viaggio.
Prima di rimetterci in viaggio, a BarBalcani è giunto il momento di chiedere suggerimenti su cosa ordinare al bancone.
Allora sarà bene ascoltare il nostro ospite.
Nikola, cosa ci consigli?
“Una delle innumerevoli birre artigianali che si possono trovare in Serbia.
Anche a Novi Sad, dove vivo, c’è un ambiente vivace, che stimola la nascita di nuovi piccoli birrifici artigianali.
Ma di certo non si può rifiutare una rakija, è un must se si passa da un bar balcanico!”
Riprende il viaggio di BarBalcani. Ci rivediamo fra una settimana, per la sedicesima tappa!
Un abbraccio e buon cammino!
Ti è piaciuta questa tappa? Inoltrala a qualcuno a cui pensi possa interessare!
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Io come sempre ti ringrazio per essere arrivato fino a questo punto del nostro viaggio. Qui puoi trovare tutte le tappe passate.
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